Per la 44° giornata mondiale della pace il Santo Padre, Benedetto XVI, ha reso noto un lungo e articolato messaggio dal titolo : Libertà religiosa, via per la pace. L’antico detto latino, si vis pacem, para bellum ( se vuoi la pace, prepara la guerra), aleggia in qualche modo nell’analisi serrata sulla condizione dei cristiani nel mondo. Ovviamente sono armi ben diverse da quelle proposte dall’espressione latina e destinate a uccidere e a mettere a rischio l’umanità. Quelle a cui pensa il Pontefice, sono esclusivamente le armi morali e della ragione che imprimono forza e prestigio al diritto internazionale che incontra tanta ostilità e fatica nella sua applicazione concreta. Tra queste incalza la libertà religiosa, sulla quale il Papa chiama alla riflessione a partire dagli atroci atti di gratuita violenza e intolleranza in Iraq, fino alle più raffinate misure atte a far tacere fede e credenti. Benedetto XVI guarda alla situazione internazionale nel suo complesso e la conclusione a cui perviene è alquanto amara e preoccupata: in alcune regioni del mondo “non è possibile professare ed esprimere liberamente la propria religione”; in altre l’intolleranza e la violenza si manifestano attraverso “forme più silenziose e sofisticate di pregiudizio e di opposizione verso i credenti e simboli religiosi”. Il Papa esprime il suo fermo disappunto, perché la difesa della libertà religiosa non è una questione confessionale che interessa soltanto i credenti: è “un’acquisizione di civiltà politica e giuridica” che riguarda l’uomo nella sua interezza e che si allarga all’ “intera famiglia dei popoli della terra.” Su questa acquisizione si gioca il futuro della convivenza civile e della credibilità di “un ordine internazionale giusto e pacifico.” Al termine di un anno caratterizzato dalla discriminazione e da gravissimi gesti di intolleranza violenta, il Papa manifesta tutta la sua preoccupazione per le sorti della comunità cristiana, il gruppo religioso che oggi “soffre il maggior numero di persecuzioni a motivo della propria fede.” Il messaggio non è la difesa d’ufficio dei cristiani minacciati, bensì la sottolineatura e la rivendicazione di una prerogativa inalienabile: ogni uomo, a qualunque confessione appartenga, “deve poter esercitare liberamente il diritto di professare e di manifestare, individualmente o comunitariamente, la propria religione o la propria fede, sia in pubblico che in privato”, senza “incontrare ostacoli se volesse, eventualmente, aderire ad un’altra religione o non professarne alcuna.” Si tratta di un diritto “radicato nella stessa dignità della persona umana, la cui natura trascendente non deve essere ignorata o trascurata.” La libertà e la libertà religiosa nell’elenco dei diritti fondamentali della persona hanno uno “statuto speciale”, perché “ una libertà nemica o indifferente verso Dio finisce col negare se stessa e non garantisce il pieno rispetto dell’altro.” Non può esserci né divaricazione, né separazione tra dimensione religiosa e dimensione sociale della persona: ecco perché “non dovrebbe essere mai necessario rinnegare Dio per poter godere dei propri diritti.” Esplicita è la condanna del fanatismo e dell’integralismo, come della strumentalizzazione della libertà religiosa a fini politici o economici. “Tutte le forme di ostilità contro la religione, che limitano il ruolo pubblico dei credenti”, vanno ritenute contrarie ai diritti della persona. Il fondamentalismo e il laicismo sono ritenuti due facce della stessa medaglia, in quanto “speculari ed estreme di rifiuto del legittimo pluralismo e del principio di laicità.” Il messaggio del Pontefice si conclude con l’appello ai leader delle grandi religioni e ai governanti delle Nazioni, affinchè s’impegnino seriamente “per la promozione e la tutela della libertò religiosa, in particolare per la difesa delle minoranze religiose.” La richiesta è rivolta soprattutto ai responsabili dei Paesi dell’Asia e dell’Africa dove la minoranza cristiana soffre in modo pesante discriminazioni e persecuzioni. Anche per le società del mondo occidentale c’è un forte richiamo: Benedetto XVI le incoraggia ad abbandonare atteggiamenti di ostilità e pregiudizio nei confronti di chi ha fede, augurandosi che l’Europa “sappia riconciliarsi con le proprie radici cristiane”. A farlo non c’è nulla di cui vergognarsi, rappresenterebbe solo un modo per ricordarsi della propria storia millenaria che non è tutta da buttare né va buttata. Chi pensava che con Nerone, Commodo, Diocleziano, Giuliano l’apostata la stagione dell’odio e delle persecuzioni fosse finita, è servito. Dopo duemila anni siamo ancora al punto di partenza: credere in Gesù Cristo e nel suo messaggio di pace può essere tuttora oggetto di grande sofferenza. Questa è la cruda realtà che il Santo Padre ha voluto denunciare agli uomini di buona volontà.