H A I
V O G L I A di C E R C A R E la V
E R I T A’ ?
SE TI VA DI PENSARE LEGGIMI -
DAMMI UN ATTIMO DI ATTENZIONE
Nel cartone animato La
Gabbianella e il Gatto, il volatile, uscendo dall’uovo, chiama “mamma” il gatto che lo ha covato e si
sforza, come può, di comportarsi e di pensare da gatto. La favolistica greca ci racconta di due
fratelli topi diventati così estranei e diversi nello stile di vita da non
riconoscersi, solo per aver vissuto uno in città e l’altro in campagna.
Con frequenza si osserva come i figli seguano le orme paterne non solo professionali, ma anche artistiche (
Tognazzi, Gassman, Mezzogiorno, Sandrelli, De Sica … ). Il nonno paterno, ricordo, non fumava,
nessuno dei sette figli ha mai fumato: non mi risulta che qualcuno dei molti
nipoti fumi.
Al contrario, il nonno materno fumava, i suoi tre figli maschi fumavano, i
nipoti fumano. Combinazioni? Casualità? Esempi privi d’importanza o inadeguati a
promuovere qualche considerazione? Se il
nucleo familiare si coagula sul
contingente e la casualità che ti hanno fatto incontrare senza un progetto ben
definito da sviluppare con assoluta determinazione e consapevolezza, se la casa
è il ricovero notturno di stanche membra, anziché il punto d’incontro e di
dialogo, se la cosificazione (
come soleva dire Benedetto XVI ), cioè l’esistenza immiserita ad una serie di
cose e di attività da farsi, assorbe ogni energia psichica, fisica e
intellettiva, se nullo è il tempo da dedicare ai valori assoluti che fanno
dell’essere umano un uomo che vive il suo presente guardando lontano oltre la
fisicità del tempo, se manca la consapevolezza che l’esempio è insegnamento
insostituibile, finalmente, è paranoico sostenere che i figli – come la
gabbianella - ritengano ciò che
osservano fare quotidianamente da chi è loro contiguo, essere la realtà ed il
senso vero della vita? Allora, chi garantirà
e aiuterà loro ad apprendere gl’interrogativi base di ogni essere
pensante: Chi sono? Perché sono ? Da dove vengo? Dove devo e/o voglio andare? Per
il tanto bistrattato, ma incontrovertibile, principio di causa –
effetto, se i segni della presenza della fede e di Gesù nelle nostre case si fanno sempre più labili ed evanescenti nel
pensare come nell’agire, diventa sequenziale ritenere che di generazione in
generazione i problemi e le esigenze dello spirito vengano sostituiti da altro,
da mediocri surrogati, con funzione narcotizzante o di violenza, comunque sprovvisti
di limiti. Senza tanti giri di parole, anche l’ora di Catechismo e la Messa
domenicale appariranno burocratiche
schiavitù di cui l’intera famiglia non aspetta che il momento di liberarsene,
cioè dopo la Cresima dei figli, diventata ormai una liquida tradizione. A
questo punto, per le giovani generazioni sarà
più difficile imparare a cercare chi sei, a trovare la risposta giusta,
a conoscere il dono della vita e il donatore. Si aprirà per loro nella mente e
nel cuore il vuoto assoluto, che verrà occupato da ogni tipo di disvalori. Il lavoro di gruppo (famiglia, scuola,
educazione religiosa e i loro riflessi nella società civile ) funziona, se la
famiglia è consapevole del suo ruolo centrale. E questo vale non solo per le
esigenze dello spirito e della fede. Se si desse il premio di cittadinanza a questo concetto, tante disarmonie e
turbolenze troverebbero immediata soluzione nel nostro io, nelle famiglie e
nella società della quale siamo o
dovremmo essere parti attive e
funzionali. Senza aiutare la traballante istituzione della famiglia, la nostra
evoluta civiltà si è dotata non di
nuove, bensì di insolite forme legali di aggregazione ( perché anomalie del
diritto naturale – non ecclesiastico e
clericale - della conservazione della
specie ) nelle quali si possono umanamente e giuridicamente definire diritti e
doveri, ma sul piano educativo e morale saranno sempre delle dannose
forzature. Se per l’agnostico Foscolo la
speranza è l’ultima dea ad abbandonare l’uomo, per un credente, anche mediocre,
la speranza è la dolce certezza che non
abbandona mai.