Il concetto di virtù è
introdotto dalla filosofia classica greca per indicare gli atteggiamenti di
fondo della persona valutati come positivi dal giudizio etico. Platone nel
Fedro affronta il rapporto dell’anima razionale con le altre due facoltà
dell’anima, quella irascibile e quella concupiscente. Per Platone le virtù sono
: fortezza ( andréia ), sapienza ( sophìa ), temperanza ( sophrosyne ), giustizia (
dikaiosyne ).
I padri della Chiesa hanno
ripreso questa classificazione. Con sant’Ambrogio
( IV sec. ) l’attività morale viene articolata in
quattro grandi virtù: giustizia, fortezza. temperanza, prudenza. Le prime tre
hanno come campo di applicazione le relazioni interpersonali e il controllo
delle proprie spinte vitali-istintive, l’ultima è intesa come “ragionevolezza suprema” in quanto
orientata a stimolare la produzione di un giudizio che richiama le finalità più alte dell’umanità
senza dimenticare la vita individuale.
La “ragionevolezza” a cui le suddette virtù tendono non si
identificano con il calcolo utilitaristico, ma con la consapevolezza dei
valori, dei beni e delle finalità ultime dell’uomo. La virtù prevede l’idea del
bene dell’uomo come scopo della vita umana e il bene-vivere è inteso come
autorealizzazione personale. Infatti la tradizione teologica cristiana
considera le virtù come il mezzo attraverso il quale presentare il messaggio di
salvezza proposto dalla Rivelazione. Ma la realizzazione etica ( ovvero, la perfezione
) di per sé non può essere raggiunta con le forze umane della ragione e della
volontà ( virtù cardinali ), ma solo attraverso il ruolo decisivo della grazia
( virtù teologali ), cioè dell’aiuto divino per il libero operare dell’uomo
verso la salvezza. In parole povere, le virtù cardinali costituiscono i cardini
di una vita dedicata al bene, ovvero i pilastri
che inducono a vivere rettamente, mentre le virtù teologali riguardano
Dio e il suo indispensabile aiuto per regolare la condotta di ciascuno in
conformità della Rivelazione e quindi della fede.
Le
virtù cardinali
Prudenza. La prudenza dispone la ragione a discernere
il vero bene e a individuare gli strumenti adeguati per attuarlo; consiste
nella capacità di distinguere il vero dal falso, il bene dal male. L’uomo prudente non è indeciso, cauto o
titubante, ma sa decidere con sano realismo, non si lascia trascinare da facili
entusiasmi, non tentenna né ha paura di osare o di farsi prendere da iniziative
che portano lontano dalla legge di Dio.
Giustizia.
E’ la più importante delle virtù
cardinali, perché “chi pratica la
giustizia è giusto come Egli ( Cristo ) è giusto” ( 1 Giov. 3,7 ), mentre “chi non pratica la giustizia non è da Dio”
( 1 Giov. 3, 10 ). Essa consiste nella
determinazione di dare a Dio e al prossimo quanto è loro dovuto e quindi di
fare ciò che è bene verso Dio, verso il prossimo e verso se stessi.
Fortezza.
Assicura la fermezza, la costanza e la
capacità nella ricerca del bene anche nelle difficoltà, quindi è la forza di
resistere alle avversità, di non scoraggiarsi e di perseverare nel cammino
verso la perfezione. In questi giorni la
politica ha scoperto un sinonimo “resilienza”
( capacità di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di
difficoltà).
Temperanza.
Modera l’attrazione verso i piaceri
sensibili e l’egoismo sfrenato. Se
l’uomo seguisse liberamente le proprie pulsioni, finirebbe schiavo delle sue
bramosie, delle sue passioni fino all’abuso e alla degenerazione. E allora, in
cosa si differenzierebbe dall’animale che vive di istinti non controllati e
incontrollabili? Il Catechismo della
Chiesa cattolica insegna che “la
temperanza è la virtù morale che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci
di equilibrio nell’uso dei beni creati. Essa assicura il dominio della volontà
sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell’onestà” ( n° 1809
) La temperanza diventa imitazione di
Gesù come modello di equilibrio.
Le
virtù teologali
Sono le virtù che riguardano
Dio e rendono l’uomo in grado di vivere in relazione con il suo Creatore e
Padre e indicano l’agire morale dando valore e significato alle virtù
cardinali. In sostanza, le virtù cardinali servono a dare concretezza realizzativa
alle virtù teologali, che non possono essere ottenute con il solo sforzo
della volontà umana, ma sono infuse nell’uomo dalla grazia divina. Diciamo che dalla
fede in Dio discendono le virtù teologali che
con la volontà di ciascuno trovano attuazione attraverso quelle
cardinali.
Fede.
E’ la virtù per la quale l’uomo crede in
Dio e a tutto ciò che ha rivelato; infatti , secondo la dottrina cattolica, Dio
è la Verità. Con la fede l’uomo si abbandona liberamente e totalmente alla
volontà di Dio. Ricordiamo la risposta di Maria all’angelo Gabriele durante
l’annunciazione: “Ecco la serva del
Signore, avvenga di me secondo la tua parola.”
Speranza.
E’
la virtù per la quale l’uomo desidera ed aspetta da Dio la vita eterna, riponendo piena fiducia nella
promessa di Gesù e accogliendo l’aiuto dello Spirito Santo per meritarsela.
Carità.
“Queste
dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte
la più grande è la carità” ( 1 Corinzi 13, 13 ) perché è la virtù per la quale l’uomo ama Dio
sopra ogni cosa e il prossimo suo come
se stesso. Gesù fa di essa il “comandamento
nuovo”, ossia la pienezza della Legge di Dio.
La carità è il filo conduttore e il vincolo
che lega tutte le altre virtù, che anima e ispira la gratuità vera e il vero amore realizzabili solo nel nome di Gesù. Tutto deve essere consapevolmente e
volontariamente amato e accolto nel suo nome. Ciò che è amato al di fuori di
Gesù è un amore umano, quindi imperfetto. La riscoperta della carità per l’uomo
d’oggi rimane l’unica opportunità per
uscire dalla sua voglia di incosciente autodistruzione che coinvolge anche la
casa donatagli da Dio ( la Terra).