Primo Periodo (1545 – 1547 ). “Il sacrosanto concilio ecumenico e generale” si apre a Trento il 13
dicembre 1545 alla presenza di 25 vescovi e 5 superiori di Ordini religiosi. Il
numero di padri è esiguo e sono quasi tutti italiani, così il controllo sui
lavori da parte dei legati pontifici è totale. A fare gli onori di casa è il
principe-vescovo di Trento, cardinale Cristoforo Madruzzo.
In questa prima fase dei lavori si hanno 8 sessioni solenni a Trento e 2 a
Bologna ( marzo 1547 – set. 1549) dove il concilio si trasferisce per sfuggire
al diffondersi della peste in città, ma anche per sottrarsi alle pressioni
dell’imperatore che voleva con insistenza la riconciliazione con i luterani.
A Bologna, territorio dello Stato pontificio, un gruppo di teologi prepara
diverso materiale da discutere, ma, di fatto, manca il tempo per convocare le
sessioni generali, perché Paolo III nel settembre del 1549 sospende il concilio
davanti all’intransigenza dell’imperatore Carlo V rigido sulle sue posizioni.
Torniamo ai lavori conciliari di questo primo periodo. E’ lasciato ai padri
conciliari darsi il regolamento dei lavori: il voto deliberativo è riservato ai
vescovi ed ai superiori degli Ordini presenti; ai vescovi tedeschi viene data
la possibilità di essere rappresentati da un legato che però ha solo voto
consultivo; gli argomenti sono redatti da specifiche congregazioni composte da
teologi e canonisti; gli schemi sono discussi e valutati dalle congregazioni
generali, mentre l’approvazione finale è riservata alle congregazioni solenni.
Per andare incontro alle richieste imperiali, ogni decreto è composto da una
parte dogmatica ed una disciplinare. Si rivela complicata la nomina del
segretario del concilio, cui spetta il compito di verbalizzare i lavori, per la
indisponibilità di diversi candidati. Ad
interim il card. Cervini, legato papale e presidente del Concilio, chiama a
svolgerne le funzioni il vescovo Angelo Massarelli. Quando si avverte la
necessità di un verbale ufficiale dei lavori delle congregazioni generali e
solenni, su proposta del card. Madruzzo, il 1 aprile 1546, Massarelli riceve
l’incarico formale di segretario del concilio.
Nella IV sessione vengono fissati i decreti dogmatici sulla Sacra Scrittura e
sulla Tradizione apostolica; si riconosce l’autenticità della Vulgata ( la Bibbia tradotta dal greco
da san Girolamo ) che diventa la versione riconosciuta dalla Chiesa cattolica e
viene respinta la dottrina luterana del “libero esame e comprensione delle
Scritture”, ribadendo che la loro interpretazione spetta esclusivamente alla
Chiesa. Nella V sessione viene fissata la dottrina sul peccato originale (decreto
17 giugno 1546). Nella Vi sessione si affronta il tema della giustificazione (decreto
13 gennaio 1547): il Battesimo libera dal peccato originale, ma rimane la
concupiscenza, cioè la tentazione, causa di peccato. Lo “stato di grazia” è un
dono di Dio che, quando ricevuto, diviene proprio dell’uomo; quindi la persona
che riceve la grazia cambia realmente sia in sé, sia in un nuovo comportamento (stile
di vita) con atti meritori che confermano e incrementano lo stato di grazia. Questi
atti meritori sono una conseguenza della grazia ed è necessario che l’uomo li
ponga in essere.
Per Lutero, al contrario, basta solo la fede, mentre le opere non incidono e non hanno valore determinante nel percorso
verso la salvezza. Viene condannata la teoria calvinista della Predestinazione
e si ribadisce la piena libertà dell’uomo nell’accettazione della salvezza. Per
quanto riguarda i decreti disciplinari, si conferma, per l’ennesima volta,
l’obbligo di residenza nelle proprie diocesi ai vescovi come condizione per
godere della rendita dei benefici ecclesiastici. Infatti i benefici
ecclesiastici e i vescovati venivano solitamente assegnati ai nobili, senza
l’obbligo della residenza e dello svolgimento dei compiti legati all’incarico
pastorale. Nella VII sessione viene ribadita la dottrina dei sette sacramenti,
ritenuti istituiti da Gesù Cristo, in contrapposizione alle tesi luterane che
riconoscono solo il Battesimo.
A questo punto i lavori s’interrompono bruscamente per i forti contrasti tra
Paolo III e l’imperatore Carlo V. Quest’ultimo, per le sue esigenze di
stabilità politica, pretende un concilio di riconciliazione e riunificazione, mentre il Papa, che non può
scendere a compromessi sulla dottrina, con i decreti approvati chiude ad ogni
possibile riunificazione: non esistono margini di dialogo teologico e canonico con
la riforma luterana.
Secondo periodo ( 1551 – 1552 ).
A Paolo III succede, dopo tre mesi di conclave, nel 1550 Giulio III ( 22
feb. 1550 – 23 marzo 1555) il quale non prende nemmeno in considerazione il
decreto di riforma della Curia romana approvato nella precedente fase del
concilio, ma ha il merito di riaprire subito il concilio a Trento il 1 maggio
1551.
Questa volta sono presenti i vescovi imperiali tedeschi come gl’influenti
arcivescovi elettori di Magonza, Treviri e Colonia. Mancano i vescovi francesi.
I lavori procedono alacremente approvando una serie di decreti sui Sacramenti
che, invece, la riforma protestante ha soppresso. Nella XIII sessione viene
confermata la presenza reale di Cristo nell’Eucarestia, istituita durante
l’Ultima Cena e la dottrina della transustanziazione
del pane e del vino in corpo e sangue di Gesù Cristo. Si afferma l’assoluta
importanza del sacramento eucaristico e vengono confermate tutte le pratiche di
culto e di adorazione come l’adorazione eucaristica e la festa del Corpus
Domini. Nelle successive sessioni si riconferma la validità dei sacramenti
della penitenza
( confessione o riconciliazione e unzione degli infermi ), perché, per la
Chiesa cattolica, sono istituiti direttamente da Gesù Cristo, mentre sono
rifiutati da Lutero, poiché, dice, sono ininfluenti ai fini della grazia e
della salvezza eterna, doni esclusivi di Dio.
Su richiesta dell’imperatore, da ottobre 1551 al marzo 1552, sono presenti 13
rappresentanti di altissimo rango dei protestanti tra i quali Gioacchino II di
Brandeburgo, principe elettore, il duca Cristoforo di Wurttemberg, il principe
elettore Maurizio di Sassonia. Le trattative con questa delegazione anziché
smussare le divergenze, le acuiscono, perché le condizioni poste da parte dei
protestanti sono inaccettabili: annullamento di tutti i decreti già approvati,
scioglimento dal giuramento di fedeltà al papa, affermazione della superiorità
del concilio sul papa.
La speranza, mai assopita, di un accordo che favorisse la riconciliazione
diventa sempre più una chimera utopica. In realtà, per entrambe le parti è ciò
che vogliono.
I principi della Germania, che hanno aderito alla riforma luterana, per vedere
riconosciuto il loro diritto di scegliere e professare la fede di loro
gradimento, costituiscono una lega militare per opporsi con le armi
all’imperatore cattolico e con un esercito muovono verso il sud dell’impero,
minacciando l’imperatore stesso a Innsbruck.
I padri conciliari, intimoriti, il 21 aprile 1552 decidono di sospendere
i lavori e fuggono precipitosamente da Trento.
( 2 parte.)