Caro
Gesù Bambino,
eccoci di nuovo a ricordare la tua nascita avvenuta nella povera periferia di
Betlemme.
L’arrivo di una nuova vita è un momento
di grande gioia per tutta la famiglia, anche se non mancano, purtroppo,
drammatiche eccezioni.
Nel tuo caso dovrebbe essere l’intera famiglia umana a gioire, ma non è così:
le eccezioni di cui sopra vanno ben oltre la regola. Perché?
La risposta è contenuta in un’altra domanda: quanti sono consapevoli del ruolo
che ha la tua presenza terrena? E quanti ti accolgono con la gioia di chi ha
chiaro il valore salvifico del dono che sei venuto a portare a ciascuno di noi?
Ormai c’è il folcloristico Babbo Natale a metterti in ombra, perché suggerisce la superficialità
e non chiede altro che lasciarsi andare al fatuo e al frivolo del momento.
E si fa festa in modo contagioso, presi nella morsa della voglia di evadere
dallo stress, dalle preoccupazioni o di cogliere tutte le occasioni, senza
percepirne le ragioni, pur di uscire dalla noiosa routine o dal vuoto del
nostro essere.
Mai si fa festa per aver riflettuto sul perché della vita, sul destino finito e
infinito che giustifica e dà senso all’esistenza, sul lievitare dei pochi
risultati positivi, mentre tanti sono i disastri che il nostro operare
quotidiano produce, sull’applicazione reale del naturale principio di fare solo
ciò che si desidera che gli altri facciano a noi ( rispetto reciproco ).
Oggi far festa ha un sinonimo inquietante: lo sballo.
I giovani sballano andando in discoteca per drogarsi, ubriacarsi, litigare sul
niente, stuprare, accoltellare e degradarsi a cosa inconsistente.
I politicanti sballano coscientemente per indecenti tornaconti, e se colti in
fallo, si giustificano, così fan tutti.
Gli imprenditori e i finanzieri sballano per accrescere il loro perverso potere
economico e non solo. Anche qui, così fan tutti.
Tutti abbiamo pronte le nostre “validissime” motivazioni per far festa, ma ci
siamo dimenticati che la vera festa è la gioia profonda e intima che il nostro
“dentro” vuole vivere nel momento in cui Tu arrivi
e che, non potendola trattenere, la esteriorizza per condividerla.
Che senso ha far festa per il tuo Natale, se non interessa conoscerti ed
accoglierti con piena consapevolezza e convinzione, cioè sentirti la guida del nostro
camminare?
Con il mio inadeguato affetto.