E’ convocato dall’imperatore
Costantino IV Pogonato (il barbuto)(668 – 685) per chiudere in modo definitivo,
condannando il monotelismo, 70 - 80 anni di turbative religiose e politiche.
Come sempre, il protagonismo di personaggi più di corte che di Chiesa, pronti a
porsi al servizio del più forte di turno - nel nostro caso gli imperatori che,
preoccupati di difendere il trono da frequentissime imboscate interne e
impegnati a dare stabilità militare e politica all’Impero, pretendono di
gestire anche la Chiesa ritenuta un’organizzazione di supporto estremamente importante - provoca nella vita delle comunità cristiane
un permanente stato di irrequietezza e di aperta conflittualità. L’Imperatore,
che manifesta con sincerità le migliori intenzioni, apre il 7 novembre 680 l’Assemblea conciliare che si conclude il 16
settembre 681. Costantino IV partecipa personalmente ai lavori detenendo la
presidenza durante tutte le discussioni teologiche. I partecipanti oscillano
tra le quarantatre firme poste sui documenti della prima sessione e le 174
della sessione finale, nella quale i padri conciliari acclamano l’Imperatore “protettore e interprete della fede.”
Il documento conclusivo, concordato tra Costantino IV e papa Agatone (678 –
681) porta, dunque, alla condanna del monotelismo in linea con quanto stabilito
dal Concilio di Calcedonia (451) con questa formula: “Predichiamo che in Lui (Cristo) vi sono due volontà naturali e due
operazioni naturali, indivisibilmente, immutabilmente, inseparabilmente e senza
confusione, secondo l’insegnamento dei santi padri. I due voleri naturali non
sono, come dicono gli empi eretici, in contrasto tra loro, tutt’altro. Ma il
volere umano è subordinato, non si oppone né resiste, si sottopone, invece, al
volere divino e onnipotente”. In altre parole, se ci sono due nature,
devono esserci due volontà e la volontà umana non si oppone a quella divina,
perché in Cristo manca il peccato originale.
Le altre decisioni di condanna
riguardano Sergio I, patriarca, e Onorio I, papa: Sergio (610 – 638),
patriarca di Costantinopoli, perché su pressione dell’imperatore Eraclio I (610
– 641), intenzionato a ricomporre la frattura con la Chiesa monofisita
d’Egitto, causa di pesanti turbolenze dal punto di vista dell’ordine pubblico,
si era fatto propugnatore delle teorie eretiche di Severo di Antiochia, che
proponevano un compromesso con l’ortodossia ed aveva sottoscritto l’editto del
638 noto col nome di Ektesis (esposizione
della fede) col quale viene imposta a tutti la fede monotelista; papa Onorio I
(625 – 638) perché nel 634 aveva manifestato verso l’eresia un atteggiamento
incerto, se non conciliante.
Il Concilio è tutto qui, ma cos’è il monotelismo? La disputa sul peso delle due
nature, divina e umana, in Cristo dei primi Concili si sposta sulle due volontà
ad esse collegate. Un bizantinismo molto sofisticato per fare rientrare dalla
finestra (il monofisismo) ciò che era stato messo alla porta. In sostanza è il
tentativo di ricomporre la frattura provocata dal Concilio di Calcedonia (451) che
sosteneva la doppia natura in Cristo. Infatti, i monotelisti, in sintonia con
Calcedonia, sostengono la doppia natura di Cristo, ma anche l’esistenza della
doppia volontà, umana e divina, e quest’ultima assorbe quella umana, limitando
così la vera umanità di Cristo anche nelle sue attività e operazioni
quotidiane. Come si comprende, è una forma più blanda del monofisismo (in
Cristo la natura divina assorbe in toto quella umana, quindi Cristo è solo
Dio), cioè un tentativo maldestro di salvare capra e cavoli che accontenta,
ovviamente, i monofisiti, pronti alla riunificazione su questa posizione, che
affermano con soddisfazione: non noi
siamo andati verso il concilio di Calcedonia, ma il concilio di Calcedonia è
venuto a noi”.
La situazione si fa veramente caotica
tra il succedersi di patriarchi, imperatori, che durano pochi mesi, papi e
scambi di lettere con reciproche proposte e controproposte, se non accuse.
Tanto per dare un’idea della situazione, a san Massimo il Confessore, uno dei
principali oppositori del monotelismo, per impedirgli di parlare e di scrivere contro l’eresia, gli vengono
tagliate la lingua e la mano destra. Il terzo successore, in pochi mesi, di
Eraclio, Costante II (641-668), figlio di Costantino III (641), tenta a sua
volta di chiudere la diatriba proibendo ogni discussione in merito alle volontà e alle operazioni di Cristo con
l’editto Typos perì pìsteos (Sigillo
della fede) del 648. Ormai la questione si è gonfiata a tal punto che papa
Martino I (649 – 655) rompe gl’indugi e indice un Concilio lateranense nel 649
e condanna sia il monotelismo che
dell’editto Typos, facendo
riferimento anche al suo predecessore, papa Giovanni IV (640 – 642), che nell’Apologia in favore di Onorio papa, indirizzata
nel 641 a Costantino III (figlio di Eraclio I), - imperatore per soli 4 mesi (febbraio-maggio),
ucciso avvelenato dalla madre Martina -
sostiene come nella lettera di risposta a Sergio, che gli proponeva di accogliere positivamente le tesi dell’editto
Ektesis, si afferma che “nel nostro
Redentore non esistono due volontà contrapposte, cioè ha negato solo
l’esistenza di una volontà viziata dalla carne, giacché non si danno in Cristo
le conseguenze del peccato originale”. Eraclio, a suo tempo, aveva ordinato
all’esarca di Ravenna di uccidere il papa, mentre in San Pietro gli
somministrava la Comunione, fallendo l’assassinio; il nipote Costante II va
oltre, alla condanna papale attraverso il citato concilio del 649, reagisce in
modo analogo al nonno: fa arrestare nel 653 papa Martino e portare a
Costantinopoli nel 654 e poi in esilio in Crimea, dove muore nel 655, per non
essersi piegato a firmare l’accettazione dell’editto eretico Typos. Con il cambio della guardia sul
trono imperiale, cioè con l’ascesa al trono nel 668 di Costantino IV, figlio di
Costante II e nipote di Eraclio, l’ingarbugliata e penosa questione si avvia
alla conclusione.
L’imperatore, di carattere ben diverso dai parenti che lo hanno preceduto,
scrive a papa Agatone (678 – 681) dichiarandosi pronto alla più ampia e sincera
riconciliazione e chiedendo l’invio di una delegazione per il Concilio che
intende svolgere per dirimere con lo spirito e l’atteggiamento giusti un
conflitto deleterio per la Chiesa e per l’Impero.
La risposta è di pieno assenso alle
intenzioni imperiali. Viene indetto e svolto, così, il Concilio di
Costantinopoli III di cui abbiamo parlato all’inizio.