N° 3 - Marzo 2022
Dal diario di un parrocchiano
di Enzo Mazzini


Lunedì 31 gennaio - Oggi la Chiesa festeggia un grande santo: San Giovanni Bosco, il Santo che ha fondato le congregazioni dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice e che è passato alla storia soprattutto per la sua missione cristiana di "educatore".
Di umili origini, figlio di contadini, rimase orfano di padre a soli due anni e la madre, Margherita, dovette provvedere al sostentamento ed all'educazione di Giovanni e dei suoi due fratelli. La mamma poi resterà sempre a fianco di Don Bosco nella sua straordinaria attività di accoglienza dei ragazzi poveri e senza guida e lo aiuterà nella sua opera educativa, nel sostenerlo e facendo davvero da mamma a tanti ragazzi orfani o abbandonati.
Giovanni a 19 anni voleva farsi religioso francescano, ma poi fu ordinato sacerdote a Torino,  il 5 giugno 1841,nella Chiesa dell'Immacolata Concezione ed abbracciò con fermezza tre propositi: Occupare rigorosamente il tempo; patire, fare ed umiliarsi in tutto e sempre quando si tratta di salvare le anime; amare la carità e la dolcezza di San Francesco di Sales che lo guideranno in ogni cosa.

A nove anni, come risulta dalle sue "Memorie", il piccolo Giovanni Bosco aveva avuto un sogno che egli stesso definì "profetico"e che più volte raccontò ai ragazzi del suo Oratorio. Nel sogno "mi pareva di essere vicino a casa,  in un cortile molto vasto, dove si divertiva una grande quantità di ragazzi. Alcuni ridevano, altri giocavano, non pochi bestemmiavano. Al sentire le bestemmie mi slanciai in mezzo a loro. Cercai di farli tacere usando pugni e parole. In quel momento apparve un uomo maestoso, vestito nobilmente. Un manto bianco gli copriva tutta la persona. La sua faccia era così luminosa che non riuscivo a fissarla. Egli mi chiamò per nome e mi ordinò di mettermi a capo di quei ragazzi. Aggiunse: "Dovrai farteli amici non con le percosse, ma con la mansuetudine e la carità. Su, parla, spiega che il peccato è una cosa cattiva e che l'amicizia con il Signore è un bene prezioso".
Confuso e spaventato risposi che io ero un ragazzo povero e ignorante, che non ero capace di parlare di religiose a quei monelli.

In quel momento i ragazzi cessarono le risse, gli schiamazzi e le bestemmie e si raccolsero tutti intorno a colui che parlava. Quasi senza sapere cosa facessi, gli domandai: "Chi siete voi che mi comandate cose impossibili?". "Proprio perché queste cose ti sembrano impossibili- rispose - dovrai renderle possibili con l'obbedienza e acquistando la scienza". "Come potrò acquistare la scienza?". "Io ti darò la maestra. Sotto la sua guida si diventa sapienti, ma senza di lei anche chi è sapiente diventa un povero ignorante". "Ma chi siete voi?". "Io sono il figlio di Colei che tua madre ti insegnò a salutare tre volte al giorno". "La mamma  mi dice sempre di non stare con quelli che non conosco, senza il suo permesso. Perciò ditemi il vostro nome". "Il mio nome domandalo a mia madre".
In quel momento ho visto vicino a lui una donna maestosa, vestita di un manto che risplendeva da tutte le parti, come se in ogni punto ci fosse una stella luminosa. Vedendomi sempre più confuso, mi fece cenno di andarle vicino, mi prese con bontà per mano e mi disse: "Guarda". Guardai e mi accorsi che quei ragazzi erano tutti scomparsi. Al loro posto c'era una moltitudine di capretti, cani, gatti,  orsi e parecchi altri animali. La donna maestosa mi disse: "Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare. Cresci umile, forte e robusto e ciò che adesso vedrai succederà a questi animali tu lo dovrai fare per i miei figli". Guardai ancora ed ecco che al posto di animali feroci comparvero altrettanti agnelli mansueti che saltellavano, correvano, belavano, facevano festa  attorno a quell'uomo e a quella signora. A quel punto nel sogno mi misi a piangere. Dissi a quella signora che non capivo tutte quelle cose. Allora mi pose una mano sul capo e mi disse: "A suo tempo, tutto comprenderai".

Aveva appena detto queste parole che un rumore mi svegliò. Ogni cosa era scomparsa. Io rimasi sbalordito. Mi sembrava di avere le mani che facevano male per i pugni che avevo dato, che la faccia mi bruciasse per gli schiaffi ricevuti.
Al mattino ho subito raccontato il sogno, prima ai fratelli che si misero a ridere, poi alla mamma e alla nonna. Ognuno diede la sua interpretazione. Giuseppe disse: "Diventerai un pecoraio". Mia madre: "Chissà che non abbia a diventare prete". Antonio malignò: "Sarai un capo dei briganti ". L'ultima parola la disse la nonna, che non sapeva  né leggere né srivere: "Non bisogna credere ai sogni".

Io ero del parere della nonna. Tuttavia quel sogno non riuscii più  a togliermelo dalla mente".
Ma torniamo ad esporre i momenti più significativi del suo straordinario percorso.

Al suo arrivo a Torino, rimase colpito dalle centinaia di ragazzi e giovani allo sbando, senza guida e senza lavoro. Immediatamente decise di consacrare la sua vita per la loro salvezza.
Fin da ragazzo ebbe il dono di attirare a sé le anime dei fanciulli con i suoi giochi di prestigio e con la sua pietà che attiravano l'animo di tutti. Appena ordinato sacerdote, cominciò la sua grande missione: "l'educazione dei giovani". Era stato infatti profondamente colpito dal vedere per le vie di Torino tanti giovani malvestiti, male educati, abbandonati, esposti ad ogni pericolo per l'anima e per i corpo e molti destinati anche alla galera.

La Santa Vergine gli dà una grande ispirazione: l'istituzione degli Oratori. Riuscì finalmente ad acquistare a Valdocco (allora un po' fuori di Torino) un appezzamento di terreno con una casa ed una tettoia a cui aggiunse una cappella. Ebbe così la possibilità di disporre di un luogo dove poter radunare e prendersi cura dei suoi ragazzi. I giovani crescevano di numero e quindi Don Bosco pensò di fondare una nuova congregazione religiosa,  la Pia Società di S.Francesco di Sales, più conosciuta come "Salesiani", composta da sacerdoti e laici che aprirono oratori, collegi per studenti, ospizi per artigiani, scuole diurne e serali ed addirittura missioni fra gli infedeli in tutto il mondo.
Dopo l'incontro con il primo dei ragazzi che lo avrebbero seguito,  Bartolomeo Garelli, diede infatti vita all'opera dell'Oratorio in un primo tempo itinerante e poi, dopo la Pasqua 1846, in una sede stabile a Valdocco che diverrà la Casa Madre di tutte le opere salesiane. I ragazzi diventano sempre più numerosi e studiano ed imparano i vari mestieri nei laboratori ai quali Don Bosco ha dato vita per loro.

Nel 1872 fonda l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice che cureranno la gioventù femminile.
Don Bosco è deceduto a Torino-Valdocco il 31 gennaio 1888 ed è stato beatificato nel 1929 e dichiarato santo da Papa Pio XI il 1° aprile 1934, domenica di Pasqua.

I fedeli di Isola nutrono una profonda devozione per San Giovanni Bosco che è il loro Patrono e quindi oggi la Chiesa è davvero stracolma di fedeli ed anche il coro, diretto da  Nicoletta,  è quasi al gran completo  per solennizzare questa Santa Messa. Partecipano anche Padre Michele  ed il diacono Paolo. Molto toccante l'omelia di Don Carlo, che di seguito riporto: "Oggi è la festa non solo dei bambini e dei ragazzi, ma io penso anche della famiglia perché San Giovanni Bosco, pur non essendo papà,  babbo, nel vero senso della parola, ha fatto davvero tante cose, più  di un papà,  nel senso che ha avuto tanti ragazzi e dove li ha raccolti? In mezzo alla strada. Voi mi direte: "E come? E perché erano in mezzo alla strada?" Sì perché  a quel tempo c'era la guerra e non c'era lavoro. Quindi la gente  incominciò ad abbandonare la campagna ed a rifugiarsi in città, ma la città di Torino è  ancora troppo piccola per dare lavoro a tutti. Non c'erano le industrie, incominciavano appena a nascere e, ciononostante, la gente scappava dalla campagna, ma non trovava lavoro. E chi poteva pagarla? I più indifesi chi erano? Erano i bambini ed i giovani che stavano in mezzo alla strada e voi sapete benissimo cosa vuol dire stare in mezzo alla strada! Ecco, oggi  non è proprio  così, ma molto meno. Ci sono ancora tanti bambini che gironzolano per le strade, ma è tutt'altra cosa quella di oggi. Stare in mezzo alla  strada allora voleva dire non fare le cose belle, le cose utili, ma voleva dire imparare a vivere male. Allora incominciavano a fare dei furti, a rubare e qualcuno insegnava loro ad usare la violenza e poi non diciamo molte altre cose ancora peggiori. Venivano presi ed obbligati a svolgere
lavori gravosi e pericolosi per la loro età, picchiati e sfruttati anche per dodici o tredici ore al giorno. Sembra una cosa quasi impossibile eppure era la verità. Che cosa ha fatto allora San Giovanni Bosco che è il nostro Patrono? È andato in mezzo alla strada ed ha proposto loro una casa. È molto importante questo anche per noi grandi.
San Giovanni è un prete, un Salesiano, però la prima cosa che ha fatto è allevare questi ragazzi. Intanto li ha fatti giocare con lui, specialmente quelli più piccoli. Faceva il giocoliere ed era anche un mago: riusciva a fare delle cose molto belle e questi ragazzini rimanevano stupiti e poi ha proposto loro: "Venite ad abitare con me?" Aveva la sua mamma, Margherita ed ha  incominciato ad accoglierli: la prima cosa che ha fatto, li ha accolti ed ha dato loro un tetto, una casa e, assieme alla casa, che cosa ha dato loro? Da mangiare e forse era la prima volta che questi bambini, ragazzi e giovani mangiavano bene, in una casa e poi, dopo aver dato loro da mangiare, sapete cosa ha detto loro? Ha insegnato loro a pregare e qualche ragazzo più grande qualche volta chiedeva: "Perché fai questo?  Chi te lo fa fare?". La risposta era: "Gesù". "E chi è Gesù? " . Allora ha incominciato a raccontare quella storia vera della Salvezza che noi conosciamo bene: Gesù è Figlio di Dio, venuto nel mondo per amarci, per offrirci il dono della speranza. Non solo ha offerto loro tante cose ma, attraverso la scuola, ha insegnato loro a scrivere e leggere ed ha offerto loro anche la possibilità di avere poi un lavoro.

Vedete quante cose ha fatto questo San Giovanni Bosco?  Migliaia di ragazzi e giovani sono riusciti così a realizzarsi nella vita. "Si sono salvati", come ha detto San Giovanni Bosco.
Uno potrebbe dire: "Ma noi oggi non siamo a questi punti " - e guai se lo fossimo! - però pensiamo: "Cosa manca oggi?" Il lavoro un po' c'è, ma forse per qualcuno manca; la casa c'è per tutti, certo - guai se non  ci fosse! Ma allora cosa mancherebbe? Cosa manca come senso della vita? La fede c'è ancora? Possiamo ancora dire di credere nel Signore? Possiamo ancora mettere in pratica quello che Gesù ci ha detto: "Amatevi come io vi ho amati"? Ma ci vogliamo bene noi? Se un uomo venisse da lontano e guardasse dall'alto e potesse vedere gli uomini, cosa pensate che direbbe: "Come si vogliono bene gli uomini! " o direbbe: "No"? L'uomo si rinchiude in sé stesso. Dice: "Va bene se andiamo bene io e la mia famiglia e poi gli altri non mi interessano". È così!  Se San Giovanni Bosco ritornasse ci porterebbe invece questo modo nuovo di vita, che poi è il modo  della fede: riuscire ad amarci con quell'amore che Gesù ci ha dato. Non debbo amare te solo perché mi sei vicino o quell'altra persona che mi sta simpatica: amare vuol dire essere persone in comunione, pur nella loro diversità. Io sono diverso da te: bene! Siamo diversi, ma siamo ricchi perché la tua diversità mi può arricchire. Anche la mia diversità ti può arricchire perché se la mettiamo insieme,  ognuno di noi ha qualcosa da donare agli altri. Ecco che cosa ci direbbe San Giovanni Bosco.

Come ultimo, direbbe una bellissima frase che va bene per noi più grandi. San Giovanni Bosco  parla ai Salesiani, a delle persone che sono degli educatori, ma questo vale per tutti noi perché l'educazione è la vita. Dice: "Ricordatevi che l'educazione è cosa del cuore...e noi non potremo ricevere cosa alcuna se Dio non ce ne insegna l'arte e non ce ne mette in mano le chiavi". Ecco, vedete? È una frase molto bella e molto importante. Il cuore! Che cos'è il cuore? Il cuore è quell'organo vitale che offre e dona la vita, ma il cuore è sinonimo di amore. Ma come si fa ad amare sempre?  San Giovanni Bosco dice: "Quando ti trovi in una situazione difficile, quando un giovane o un ragazzo prende una brutta piega, prende una strada brutta, non gli urlare addosso", ma questo vale per tutti noi: quando vogliamo far capire una cosa ad una persona, usiamo il cuore!
La parola deve essere calma, deve essere tenera perché  possa entrare nel cuore e riscaldare il cuore. Se io urlo, se noi urliamo, diventa un grosso problema. Ecco perché l'educazione è cosa del cuore.

Chiediamo al Signore di aiutarci ad essere testimoni di questa bontà e speriamo che non manchi più né il lavoro, né una casa e neanche la fede e che possa serenamente tornare a battere il nostro cuore e a darci la forza ed una cosa molto piccola ma molto importante: volerci bene. Ci vogliamo  bene noi? Io dico di sì e continuiamo ad offrire questa testimonianza così bella di amore e di bontà."



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