Lunedì 31 gennaio - Oggi la
Chiesa festeggia un grande santo: San Giovanni Bosco, il Santo che ha fondato
le congregazioni dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice e che è
passato alla storia soprattutto per la sua missione cristiana di
"educatore".
Di umili origini, figlio di
contadini, rimase orfano di padre a soli due anni e la madre, Margherita,
dovette provvedere al sostentamento ed all'educazione di Giovanni e dei suoi
due fratelli. La mamma poi resterà sempre a fianco di Don Bosco nella sua
straordinaria attività di accoglienza dei ragazzi poveri e senza guida e lo
aiuterà nella sua opera educativa, nel sostenerlo e facendo davvero da mamma a
tanti ragazzi orfani o abbandonati.
Giovanni a 19 anni voleva
farsi religioso francescano, ma poi fu ordinato sacerdote a Torino, il 5 giugno 1841,nella Chiesa dell'Immacolata
Concezione ed abbracciò con fermezza tre propositi: Occupare rigorosamente il
tempo; patire, fare ed umiliarsi in tutto e sempre quando si tratta di salvare
le anime; amare la carità e la dolcezza di San Francesco di Sales che lo
guideranno in ogni cosa.
A nove anni, come risulta
dalle sue "Memorie", il piccolo Giovanni Bosco aveva avuto un sogno
che egli stesso definì "profetico"e che più volte raccontò ai ragazzi
del suo Oratorio. Nel sogno "mi pareva di essere vicino a casa, in un cortile molto vasto, dove si divertiva
una grande quantità di ragazzi. Alcuni ridevano, altri giocavano, non pochi
bestemmiavano. Al sentire le bestemmie mi slanciai in mezzo a loro. Cercai di
farli tacere usando pugni e parole. In quel momento apparve un uomo maestoso,
vestito nobilmente. Un manto bianco gli copriva tutta la persona. La sua faccia
era così luminosa che non riuscivo a fissarla. Egli mi chiamò per nome e mi
ordinò di mettermi a capo di quei ragazzi. Aggiunse: "Dovrai farteli amici
non con le percosse, ma con la mansuetudine e la carità. Su, parla, spiega che
il peccato è una cosa cattiva e che l'amicizia con il Signore è un bene
prezioso".
Confuso e spaventato risposi
che io ero un ragazzo povero e ignorante, che non ero capace di parlare di
religiose a quei monelli.
In quel momento i ragazzi
cessarono le risse, gli schiamazzi e le bestemmie e si raccolsero tutti intorno
a colui che parlava. Quasi senza sapere cosa facessi, gli domandai: "Chi
siete voi che mi comandate cose impossibili?". "Proprio perché queste
cose ti sembrano impossibili- rispose - dovrai renderle possibili con
l'obbedienza e acquistando la scienza". "Come potrò acquistare la
scienza?". "Io ti darò la maestra. Sotto la sua guida si diventa
sapienti, ma senza di lei anche chi è sapiente diventa un povero
ignorante". "Ma chi siete voi?". "Io sono il figlio di
Colei che tua madre ti insegnò a salutare tre volte al giorno". "La
mamma mi dice sempre di non stare con
quelli che non conosco, senza il suo permesso. Perciò ditemi il vostro
nome". "Il mio nome domandalo a mia madre".
In quel momento ho visto
vicino a lui una donna maestosa, vestita di un manto che risplendeva da tutte
le parti, come se in ogni punto ci fosse una stella luminosa. Vedendomi sempre
più confuso, mi fece cenno di andarle vicino, mi prese con bontà per mano e mi
disse: "Guarda". Guardai e mi accorsi che quei ragazzi erano tutti
scomparsi. Al loro posto c'era una moltitudine di capretti, cani, gatti, orsi e parecchi altri animali. La donna
maestosa mi disse: "Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare. Cresci
umile, forte e robusto e ciò che adesso vedrai succederà a questi animali tu lo
dovrai fare per i miei figli". Guardai ancora ed ecco che al posto di
animali feroci comparvero altrettanti agnelli mansueti che saltellavano,
correvano, belavano, facevano festa
attorno a quell'uomo e a quella signora. A quel punto nel sogno mi misi
a piangere. Dissi a quella signora che non capivo tutte quelle cose. Allora mi
pose una mano sul capo e mi disse: "A suo tempo, tutto comprenderai".
Aveva appena detto queste
parole che un rumore mi svegliò. Ogni cosa era scomparsa. Io rimasi sbalordito.
Mi sembrava di avere le mani che facevano male per i pugni che avevo dato, che
la faccia mi bruciasse per gli schiaffi ricevuti.
Al mattino ho subito
raccontato il sogno, prima ai fratelli che si misero a ridere, poi alla mamma e
alla nonna. Ognuno diede la sua interpretazione. Giuseppe disse: "Diventerai
un pecoraio". Mia madre: "Chissà che non abbia a diventare
prete". Antonio malignò: "Sarai un capo dei briganti ". L'ultima
parola la disse la nonna, che non sapeva
né leggere né srivere: "Non bisogna credere ai sogni".
Io ero del parere della nonna.
Tuttavia quel sogno non riuscii più a
togliermelo dalla mente".
Ma torniamo ad esporre i
momenti più significativi del suo straordinario percorso.
Al suo arrivo a Torino, rimase
colpito dalle centinaia di ragazzi e giovani allo sbando, senza guida e senza
lavoro. Immediatamente decise di consacrare la sua vita per la loro salvezza.
Fin da ragazzo ebbe il dono di
attirare a sé le anime dei fanciulli con i suoi giochi di prestigio e con la
sua pietà che attiravano l'animo di tutti. Appena ordinato sacerdote, cominciò
la sua grande missione: "l'educazione dei giovani". Era stato infatti
profondamente colpito dal vedere per le vie di Torino tanti giovani malvestiti,
male educati, abbandonati, esposti ad ogni pericolo per l'anima e per i corpo e
molti destinati anche alla galera.
La Santa Vergine gli dà una
grande ispirazione: l'istituzione degli Oratori. Riuscì finalmente ad
acquistare a Valdocco (allora un po' fuori di Torino) un appezzamento di
terreno con una casa ed una tettoia a cui aggiunse una cappella. Ebbe così la
possibilità di disporre di un luogo dove poter radunare e prendersi cura dei
suoi ragazzi. I giovani crescevano di numero e quindi Don Bosco pensò di
fondare una nuova congregazione religiosa,
la Pia Società di S.Francesco di Sales, più conosciuta come
"Salesiani", composta da sacerdoti e laici che aprirono oratori,
collegi per studenti, ospizi per artigiani, scuole diurne e serali ed
addirittura missioni fra gli infedeli in tutto il mondo.
Dopo l'incontro con il primo
dei ragazzi che lo avrebbero seguito,
Bartolomeo Garelli, diede infatti vita all'opera dell'Oratorio in un
primo tempo itinerante e poi, dopo la Pasqua 1846, in una sede stabile a
Valdocco che diverrà la Casa Madre di tutte le opere salesiane. I ragazzi
diventano sempre più numerosi e studiano ed imparano i vari mestieri nei
laboratori ai quali Don Bosco ha dato vita per loro.
Nel 1872 fonda l'Istituto
delle Figlie di Maria Ausiliatrice che cureranno la gioventù femminile.
Don Bosco è deceduto a
Torino-Valdocco il 31 gennaio 1888 ed è stato beatificato nel 1929 e dichiarato
santo da Papa Pio XI il 1° aprile 1934, domenica di Pasqua.
I fedeli di Isola nutrono una
profonda devozione per San Giovanni Bosco che è il loro Patrono e quindi oggi
la Chiesa è davvero stracolma di fedeli ed anche il coro, diretto da Nicoletta,
è quasi al gran completo per
solennizzare questa Santa Messa. Partecipano anche Padre Michele ed il diacono Paolo. Molto toccante l'omelia
di Don Carlo, che di seguito riporto: "Oggi è la festa non solo dei bambini
e dei ragazzi, ma io penso anche della famiglia perché San Giovanni Bosco, pur
non essendo papà, babbo, nel vero senso
della parola, ha fatto davvero tante cose, più
di un papà, nel senso che ha
avuto tanti ragazzi e dove li ha raccolti? In mezzo alla strada. Voi mi direte:
"E come? E perché erano in mezzo alla strada?" Sì perché a quel tempo c'era la guerra e non c'era
lavoro. Quindi la gente incominciò ad
abbandonare la campagna ed a rifugiarsi in città, ma la città di Torino è ancora troppo piccola per dare lavoro
a tutti. Non c'erano le industrie, incominciavano appena a nascere e,
ciononostante, la gente scappava dalla campagna, ma non trovava lavoro. E chi
poteva pagarla? I più indifesi chi erano? Erano i bambini ed i giovani che
stavano in mezzo alla strada e voi sapete benissimo cosa vuol dire stare in
mezzo alla strada! Ecco, oggi non è
proprio così, ma molto meno. Ci sono
ancora tanti bambini che gironzolano per le strade, ma è tutt'altra cosa quella
di oggi. Stare in mezzo alla strada
allora voleva dire non fare le cose belle, le cose utili, ma voleva dire
imparare a vivere male. Allora incominciavano a fare dei furti, a rubare e
qualcuno insegnava loro ad usare la violenza e poi non diciamo molte altre cose
ancora peggiori. Venivano presi ed obbligati a svolgere lavori gravosi e pericolosi
per la loro età, picchiati e sfruttati anche per dodici o tredici ore al
giorno. Sembra una cosa quasi impossibile eppure era la verità. Che cosa ha
fatto allora San Giovanni Bosco che è il nostro Patrono? È andato in mezzo alla
strada ed ha proposto loro una casa. È molto importante questo anche per noi
grandi.
San Giovanni è un prete, un
Salesiano, però la prima cosa che ha fatto è allevare questi ragazzi. Intanto
li ha fatti giocare con lui, specialmente quelli più piccoli. Faceva il
giocoliere ed era anche un mago: riusciva a fare delle cose molto belle e
questi ragazzini rimanevano stupiti e poi ha proposto loro: "Venite ad
abitare con me?" Aveva la sua mamma, Margherita ed ha incominciato ad accoglierli: la prima cosa
che ha fatto, li ha accolti ed ha dato loro un tetto, una casa e, assieme alla
casa, che cosa ha dato loro? Da mangiare e forse era la prima volta che questi
bambini, ragazzi e giovani mangiavano bene, in una casa e poi, dopo aver dato
loro da mangiare, sapete cosa ha detto loro? Ha insegnato loro a pregare e
qualche ragazzo più grande qualche volta chiedeva: "Perché fai
questo? Chi te lo fa fare?". La
risposta era: "Gesù". "E chi è Gesù? " . Allora ha
incominciato a raccontare quella storia vera della Salvezza che noi conosciamo
bene: Gesù è Figlio di Dio, venuto nel mondo per amarci, per offrirci il dono
della speranza. Non solo ha offerto loro tante cose ma, attraverso la scuola,
ha insegnato loro a scrivere e leggere ed ha offerto loro anche la possibilità
di avere poi un lavoro.
Vedete quante cose ha fatto
questo San Giovanni Bosco? Migliaia di
ragazzi e giovani sono riusciti così a realizzarsi nella vita. "Si sono
salvati", come ha detto San Giovanni Bosco.
Uno potrebbe dire: "Ma
noi oggi non siamo a questi punti " - e guai se lo fossimo! - però
pensiamo: "Cosa manca oggi?" Il lavoro un po' c'è, ma forse per
qualcuno manca; la casa c'è per tutti, certo - guai se non ci fosse! Ma allora cosa mancherebbe? Cosa
manca come senso della vita? La fede c'è ancora? Possiamo ancora dire di
credere nel Signore? Possiamo ancora mettere in pratica quello che Gesù ci ha
detto: "Amatevi come io vi ho amati"? Ma ci vogliamo bene noi? Se un
uomo venisse da lontano e guardasse dall'alto e potesse vedere gli uomini, cosa
pensate che direbbe: "Come si vogliono bene gli uomini! " o direbbe:
"No"? L'uomo si rinchiude in sé stesso. Dice: "Va bene se
andiamo bene io e la mia famiglia e poi gli altri non mi interessano". È
così! Se San Giovanni Bosco ritornasse
ci porterebbe invece questo modo nuovo di vita, che poi è il modo della fede: riuscire ad amarci con
quell'amore che Gesù ci ha dato. Non debbo amare te solo perché mi sei vicino o
quell'altra persona che mi sta simpatica: amare vuol dire essere persone in
comunione, pur nella loro diversità. Io sono diverso da te: bene! Siamo
diversi, ma siamo ricchi perché la tua diversità mi può arricchire. Anche la
mia diversità ti può arricchire perché se la mettiamo insieme, ognuno di noi ha qualcosa da donare agli
altri. Ecco che cosa ci direbbe San Giovanni Bosco.
Come ultimo, direbbe una
bellissima frase che va bene per noi più grandi. San Giovanni Bosco parla ai Salesiani, a delle persone che sono
degli educatori, ma questo vale per tutti noi perché l'educazione è la vita.
Dice: "Ricordatevi che l'educazione è cosa del cuore...e noi non potremo
ricevere cosa alcuna se Dio non ce ne insegna l'arte e non ce ne mette in mano
le chiavi". Ecco, vedete? È una frase molto bella e molto importante. Il
cuore! Che cos'è il cuore? Il cuore è quell'organo vitale che offre e dona la
vita, ma il cuore è sinonimo di amore. Ma come si fa ad amare sempre? San Giovanni Bosco dice: "Quando ti
trovi in una situazione difficile, quando un giovane o un ragazzo prende una brutta
piega, prende una strada brutta, non gli urlare addosso", ma questo vale
per tutti noi: quando vogliamo far capire una cosa ad una persona, usiamo il
cuore!
La parola deve essere calma,
deve essere tenera perché possa entrare
nel cuore e riscaldare il cuore. Se io urlo, se noi urliamo, diventa un grosso
problema. Ecco perché l'educazione è cosa del cuore.
Chiediamo al Signore di
aiutarci ad essere testimoni di questa bontà e speriamo che non manchi più né
il lavoro, né una casa e neanche la fede e che possa serenamente tornare a
battere il nostro cuore e a darci la forza ed una cosa molto piccola ma molto importante:
volerci bene. Ci vogliamo bene noi? Io
dico di sì e continuiamo ad offrire questa testimonianza così bella di amore e
di bontà."