N° 2 - Febbraio 2022
Dal diario di un parrocchiano
di Enzo Mazzini

Venerdì 31 dicembre - Il Direttore di Teleliguriasud, Italo Lunghi, ancora una volta mi ha fatto un grosso favore e mi ha gentilmente trasmesso la meravigliosa omelia tenuta nella Cattedrale, in occasione della 55^ Giornata Mondiale della Pace, dal nostro Vescovo, S.E. Rev.ma Mons. Luigi Ernesto Palletti, omelia che di seguito riporto: "Il Santo Padre sviluppa il suo messaggio per la 55^ Giornata Mondiale della Pace, dal titolo "Dialogo fra generazioni, educazione e lavoro: strumenti per edificare una pace duratura" , partendo dalle parole del Profeta Isaia: "Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace" (Is 52,  7) come parole di  consolazione,  sospiro di sollievo del popolo in esilio, spinto dalle violenze e dai soprusi, esposto all'indegnità e alla morte. Egli porta la sua attenzione sul "messaggero di pace", come speranza di una rinascita dalle macerie della storia, l'inizio di un futuro luminoso riallacciandosi all'insegnamento di San Paolo VI, mette in evidenza come, ancora oggi, il cammino della pace, che ha chiamato col nuovo nome di "sviluppo integrale", rimane purtroppo lontano dalla vita reale della famiglia umana. Gli sforzi mirati al dialogo costruttivo tra le nazioni non mancano però - egli fa notare - si amplifica l'assordante rumore di guerre e conflitti, avanzano malattie di proporzioni pandemiche, gli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, si aggrava il dramma della fame e della sete e continua a dominare un modello economico basato sull'individualismo più che sulla condivisione solidale. Anche oggi il grido dei poveri e della terra non cessa di levarsi per implorare giustizia e pace. Papa Francesco ricorda che la pace è insieme dono dall'alto e frutto di un impegno condiviso, che Lui chiama "architettura della pace", "artigianato della pace", a cui tutti possono collaborare. E questo a partire dal proprio cuore e dalle relazioni in famiglia, nella  società e con l'ambiente.
A tal proposito il Papa propone tre vie: il dialogo tra le generazioni; l'educazione; il lavoro. Egli ritiene necessario "dare vita ad un patto sociale", senza il quale ogni progetto di pace si rivela inconsistente. Vediamole in sintesi:
Dialogare fra generazioni per edificare la pace - In un mondo ancora stretto dalla morsa della pandemia, che troppi problemi ha causato, "alcuni provano a fuggire dalla realtà rifugiandosi in mondi privati e altri la affrontano con violenza distruttiva,  ma tra l'indifferenza egoista e la protesta violenta c'è un'opzione sempre possibile: il dialogo. Il dialogo tra le generazioni". Continua dicendo: "Ogni dialogo sincero... esige sempre una fiducia di base; dobbiamo tornare a  riappropriarci di questa dimensione". L'attuale crisi ha amplificato il senso della solitudine e il ripiegarsi su sé  stessi; il senso di impotenza; la mancanza di un'idea condivisa di futuro. Anche se non sono mancate testimonianze generose di compassione,  di condivisione,  di solidarietà. Dialogare significa ascoltarsi, confrontarsi, accordarsi e camminare insieme e tutto questo tra le generazioni. Papa Francesco sottolinea come i giovani hanno bisogno dell'esperienza esistenziale, sapienziale e spirituale degli anziani; dall'altro gli anziani necessitano del sostegno,  dell'affetto, della creatività e del dinamismo dei giovani. Il Santo Padre si sofferma poi sul tema della custodia del Creato: basti pensare al tema della cura della nostra casa comune. L'ambiente stesso,  infatti, "è un prestito che ogni generazione riceve e deve trasmettere alla generazione successiva".
L'istruzione e l'educazione come motori della pace - Papa Francesco mette in rilievo come istruzione ed educazione sono le fondamenta di una società coesa, civile, in grado di generare speranza, ricchezza e progresso. Esse costituiscono i vettori primari di uno sviluppo umano integrale: rendono la persona più libera e responsabile e sono indispensabili per la difesa e la promozione della pace. Egli fa notare come, a fronte di ciò,  le spese militari, invece, sono aumentate,  superando il livello registrato al termine della "guerra fredda" e sembrano destinate a crescere in modo esorbitante.  Richiama pertanto quanti hanno responsabilità di governo perché elaborino politiche economiche, affinché prevedano un'inversione del rapporto tra gli investimenti pubblici nell'educazione e i fondi destinati agli armamenti. Egli auspica anche un più consistente impegno per promuovere la cultura della cura. Dice infatti: Un Paese cresce quando dialogano in modo costruttivo le sue diverse ricchezze culturali: la cultura popolare, la cultura universitaria,  la cultura giovanile, la cultura artistica e la cultura tecnologica,  la cultura economica e la cultura della famiglia e la cultura dei media". Propone quindi un patto che promuova l'educazione all'ecologia integrale, secondo un modello culturale di pace, di sviluppo e di sostenibilità, incentrato sulla fraternità e sull'alleanza tra l'essere umano e l'ambiente.
Promuovere e assicurare il lavoro costruisce la pace  - Il lavoro è un fattore indispensabile per costruire e preservare  la pace. Esso è espressione di sé e dei propri doni, ma anche impegno, fatica,  collaborazione con gli altri, perché si lavora sempre con o per qualcuno. Guardando all'attuale situazione, Papa Francesco afferma: "La pandemia da Covid-19 ha aggravato la situazione del mondo del lavoro,  che stava già affrontando molteplici sfide. Milioni di attività economiche e produttive sono fallite; i lavoratori precari sono sempre più vulnerabili; l'istruzione a distanza ha in molti casi generato una regressione nell'apprendimento e nei percorsi scolastici,  l'impatto della crisi sull'economia informale, che spesso coinvolge i lavoratori migranti, è stato devastante.  Il lavoro infatti è la base su cui costruire la giustizia e la solidarietà in ogni comunità". Il Santo Padre rivolge quindi a tutti l'invito ad unire le idee e gli sforzi per creare le condizioni e inventare soluzioni, affinché ogni essere umano in età lavorativa abbia la possibilità, con il proprio lavoro, di contribuire alla vita della famiglia e della società. Egli continua evidenziando come sia più che mai urgente promuovere in tutto il mondo condizioni lavorative decenti e dignitose, orientate al bene comune e alla salvaguardia del creato. Tutti coloro che operano in questo campo,  a partire dai lavoratori e dagli imprenditori cattolici, possono trovare sicuri orientamenti nella dottrina sociale della Chiesa.
Infine, salutando tutti, auspica che siano sempre più numerosi coloro che, senza far rumore, con umiltà  e tenacia, si fanno giorno per giorno artigiani di pace. E che sempre li preceda e li accompagni la benedizione del Dio  della pace!"
Giovedì 6 gennaio 2022 -  È con grande piacere che posso mettere a disposizione dei lettori del Sentiero un'altra bellissima omelia del nostro Vescovo, quella pronunciata in occasione della festa dell'Epifania di nostro Signore: "La grande luce dell'Epifania si incontra con la luce della Pasqua. Anche se si fa presente attraverso un susseguirsi di eventi che chiamiamo "la storia della salvezza". Ne facciamo poi memoria in modo che  quegli eventi siano in modo misterioso ma reale, presenti in mezzo a noi.
La grande novità dell'Epifania è che la grande luce risplende non solo a quelli che erano lì in quel momento: i pastori, la gente del popolo, ma anche ai pagani, coloro che appartenevano ad altri popoli, avevano altre religioni, facevano cammini diversi. A un certo punto Dio manifesta questa grandezza, questo Bambino nato per tutti. Cristo che è morto ed è risorto per tutti. La salvezza è aperta ad ogni uomo e donna. Questa è la vera grandezza dell'Epifania: questa grandezza che già nel suo nascere si annuncia e poi dovrà crescere, giungere all'evento Pasquale, giungere all'evento apostolico. Sarà con l'apostolo Pietro che si accorgeranno che l'annuncio deve essere fatto a tutti,  ma è già  contenuto in questo piccolo seme dell'adorazione dei Magi: personaggi misteriosi, lo sappiamo. Essi guardano e studiano le stelle e cercano di comprendere, nell'opera di Dio, il mistero di Dio. Fanno una cosa che noi non facciamo più: guardano il cielo. Chi di noi guarda il cielo? Se lo guardiamo è per dire: "È nuvoloso" o "Non è nuvoloso".
Ci invitano a guardare il cielo, non perché contenga chissà quali misteri, ma perché, essendo opera di Dio,  parla del suo Autore. Sono in grado di comprendere anche alcuni segni e dietro a questa stella si muovono, iniziano un percorso, un cammino che non sanno dove li porterà. Non conoscono la mèta,  ma grazie alla stella conoscono la strada che li porterà verso una mèta grande,  visto che è tanto grande il segno apparso nel cielo. E giungono a Gerusalemme,  dove trovano persone che non guardano il cielo e non si erano accorte di nulla e tutti restano meravigliati: non solo Erode, ma tutti sono meravigliati.
I magi vedono la stella due volte: una volta per giungere a Gerusalemme e l'altra volta per giungere a Betlemme. La stella è sempre la stessa, non è cambiata. È cambiato il loro modo di guardare: fino a Gerusalemme la guardano come un evento cosmico, che è certamente misterioso e li sta conducendo ad una mèta sconosciuta,  poi la guarderanno alla luce della Parola: "E tu, Betlemme, non sei la più piccola...da te nascerà..."
Questo modo di guardare le stelle è importante perché ci porta a comprendere che Dio si rivela a noi nella Sua creazione come opera di un Creatore grande e che siamo chiamati a guardare, ad approfondire, a scrutare fino a cogliere come nella Sua parola rivela non solo qualcosa di Sé,  ma rivela Sé stesso. Ecco, nei magi questi due aspetti vengono a toccarsi: da una parte l'esigenza di vedere la Sua Parola e, dall'altra, quella di comprendere. Questa è  l'esigenza della nostra vita. Di fronte a questo avvenimento non ci si può non sentirci interrogati e chi si interroga non può non sentirsi interpellato dalla vita, dalla storia, dalle circostanze, da ciò che gli sta attorno. E se ci si sente interpellati, si cerca di trovare delle risposte e lì sta la bellezza e la grandezza della vita...e anche la pericolosità delle nostre risposte.  Vanno date risposte autentiche che rispettino la dignità dell'uomo e al tempo stesso permettono all'uomo di innalzare lo sguardo verso il cielo, verso quel Dio che ci ha creati e ci conduce a provvedere a noi attraverso la Sua creazione. Ma non è sufficiente!  Siamo chiamati ad entrare in comunione con Lui.  Non possiamo limitarci a dire: "Quell'opera è del tale autore". Abbiamo bisogno della Sua parola, che Lui scenda, parli, si manifesti e ci dia la luce perché gli occhi, senza  la luce, non sono in grado di vedere  e così il nostro spirito,  senza la luce della Parola non è in grado di comprendere fino in fondo. Ma quando questo accade, e i magi ce lo mostrano, siamo portati all'adorazione di Dio. Ci rendiamo conto che Lui è veramente il cuore della nostra esistenza e vale la pena intraprendere un viaggio di cui noi, a differenza dei magi, conosciamo anche la mèta: il Signore Gesù.
Per loro è una sorpresa, trovare un bambino posto in una mangiatoia e conoscerlo è una cosa grande. Per noi è più di una sorpresa: è una certezza di fede.
L'Epifania ci chiama a volgere lo sguardo su Gesù in questo modo, ma non fermandoci lì. Guardando quella luce verso la luce della Pasqua e in quella luce leggere la nostra vita: la nostra vita presente, nell'orizzonte del nostro futuro e nell'eternità, perché siamo fatti per l'eternità. Il Signore è venuto a cancellare il peccato perché potessimo vivere eternamente con Lui, in quella beatitudine,  in quella gioia che Lui ha preparato per noi, se il nostro cuore non si chiude, non si indurisce e non fa come quello di Erode che, con la stella sopra la testa e con la Parola davanti, non è riuscito a capire che quel Salvatore non stava affatto attentando al suo regno, ma avrebbe salvato e reso stabile ciò che di buono poteva esserci in lui.
Ecco, chiediamo di non cadere in quell'errore, ma accogliamo il Signore Gesù per quello che veramente è: Dio divenuto figlio di Maria, nostro Salvatore  e lasciamo che tutto ciò che quotidianamente possiamo vedere e toccare ci porti a Dio, sapendo che arriveremo a Lui se a un certo punto ci sapremo fermare, aprire, ascoltare la parola, riprendere il viaggio, trovare la mèta ".



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