Venerdì 31 dicembre - Il
Direttore di Teleliguriasud, Italo Lunghi, ancora una volta mi ha fatto un
grosso favore e mi ha gentilmente trasmesso la meravigliosa omelia tenuta nella
Cattedrale, in occasione della 55^ Giornata Mondiale della Pace, dal nostro
Vescovo, S.E. Rev.ma Mons. Luigi Ernesto Palletti, omelia che di seguito
riporto: "Il Santo Padre sviluppa il suo messaggio per la 55^ Giornata
Mondiale della Pace, dal titolo "Dialogo fra generazioni, educazione e
lavoro: strumenti per edificare una pace duratura" , partendo dalle parole
del Profeta Isaia: "Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che
annuncia la pace" (Is 52, 7) come
parole di consolazione, sospiro di sollievo del popolo in esilio,
spinto dalle violenze e dai soprusi, esposto all'indegnità e alla morte. Egli
porta la sua attenzione sul "messaggero di pace", come speranza di
una rinascita dalle macerie della storia, l'inizio di un futuro luminoso riallacciandosi
all'insegnamento di San Paolo VI, mette in evidenza come, ancora oggi, il
cammino della pace, che ha chiamato col nuovo nome di "sviluppo
integrale", rimane purtroppo lontano dalla vita reale della famiglia
umana. Gli sforzi mirati al dialogo costruttivo tra le nazioni non mancano però
- egli fa notare - si amplifica l'assordante rumore di guerre e conflitti,
avanzano malattie di proporzioni pandemiche, gli effetti del cambiamento
climatico e del degrado ambientale, si aggrava il dramma della fame e della
sete e continua a dominare un modello economico basato sull'individualismo più
che sulla condivisione solidale. Anche oggi il grido dei poveri e della terra
non cessa di levarsi per implorare giustizia e pace. Papa Francesco ricorda che
la pace è insieme dono dall'alto e frutto di un impegno condiviso, che Lui
chiama "architettura della pace", "artigianato della pace",
a cui tutti possono collaborare. E questo a partire dal proprio cuore e dalle
relazioni in famiglia, nella società e
con l'ambiente.
A tal proposito il Papa propone tre vie: il dialogo tra le generazioni; l'educazione;
il lavoro. Egli ritiene necessario "dare vita ad un patto sociale",
senza il quale ogni progetto di pace si rivela inconsistente. Vediamole in
sintesi:
Dialogare fra generazioni per edificare la pace - In un mondo ancora stretto
dalla morsa della pandemia, che troppi problemi ha causato, "alcuni
provano a fuggire dalla realtà rifugiandosi in mondi privati e altri la
affrontano con violenza distruttiva, ma
tra l'indifferenza egoista e la protesta violenta c'è un'opzione sempre
possibile: il dialogo. Il dialogo tra le generazioni". Continua dicendo:
"Ogni dialogo sincero... esige sempre una fiducia di base; dobbiamo
tornare a riappropriarci di questa
dimensione". L'attuale crisi ha amplificato il senso della solitudine e il
ripiegarsi su sé stessi; il senso di
impotenza; la mancanza di un'idea condivisa di futuro. Anche se non sono
mancate testimonianze generose di compassione,
di condivisione, di solidarietà.
Dialogare significa ascoltarsi, confrontarsi, accordarsi e camminare insieme e
tutto questo tra le generazioni. Papa Francesco sottolinea come i giovani hanno
bisogno dell'esperienza esistenziale, sapienziale e spirituale degli anziani;
dall'altro gli anziani necessitano del sostegno, dell'affetto, della creatività e del
dinamismo dei giovani. Il Santo Padre si sofferma poi sul tema della custodia
del Creato: basti pensare al tema della cura della nostra casa comune.
L'ambiente stesso, infatti, "è un
prestito che ogni generazione riceve e deve trasmettere alla generazione
successiva".
L'istruzione e l'educazione come motori della pace - Papa Francesco mette in
rilievo come istruzione ed educazione sono le fondamenta di una società coesa,
civile, in grado di generare speranza, ricchezza e progresso. Esse
costituiscono i vettori primari di uno sviluppo umano integrale: rendono la
persona più libera e responsabile e sono indispensabili per la difesa e la
promozione della pace. Egli fa notare come, a fronte di ciò, le spese militari, invece, sono aumentate, superando il livello registrato al termine
della "guerra fredda" e sembrano destinate a crescere in modo
esorbitante. Richiama pertanto quanti
hanno responsabilità di governo perché elaborino politiche economiche, affinché
prevedano un'inversione del rapporto tra gli investimenti pubblici
nell'educazione e i fondi destinati agli armamenti. Egli auspica anche un più
consistente impegno per promuovere la cultura della cura. Dice infatti: Un
Paese cresce quando dialogano in modo costruttivo le sue diverse ricchezze
culturali: la cultura popolare, la cultura universitaria, la cultura giovanile, la cultura artistica e
la cultura tecnologica, la cultura
economica e la cultura della famiglia e la cultura dei media". Propone
quindi un patto che promuova l'educazione all'ecologia integrale, secondo un
modello culturale di pace, di sviluppo e di sostenibilità, incentrato sulla
fraternità e sull'alleanza tra l'essere umano e l'ambiente.
Promuovere e assicurare il lavoro costruisce la pace - Il lavoro è un fattore indispensabile per
costruire e preservare la pace. Esso è
espressione di sé e dei propri doni, ma anche impegno, fatica, collaborazione con gli altri, perché si lavora
sempre con o per qualcuno. Guardando all'attuale situazione, Papa Francesco
afferma: "La pandemia da Covid-19 ha aggravato la situazione del mondo del
lavoro, che stava già affrontando
molteplici sfide. Milioni di attività economiche e produttive sono fallite; i
lavoratori precari sono sempre più vulnerabili; l'istruzione a distanza ha in
molti casi generato una regressione nell'apprendimento e nei percorsi
scolastici, l'impatto della crisi
sull'economia informale, che spesso coinvolge i lavoratori migranti, è stato
devastante. Il lavoro infatti è la base
su cui costruire la giustizia e la solidarietà in ogni comunità". Il Santo
Padre rivolge quindi a tutti l'invito ad unire le idee e gli sforzi per creare
le condizioni e inventare soluzioni, affinché ogni essere umano in età
lavorativa abbia la possibilità, con il proprio lavoro, di contribuire alla
vita della famiglia e della società. Egli continua evidenziando come sia più
che mai urgente promuovere in tutto il mondo condizioni lavorative decenti e
dignitose, orientate al bene comune e alla salvaguardia del creato. Tutti
coloro che operano in questo campo, a
partire dai lavoratori e dagli imprenditori cattolici, possono trovare sicuri
orientamenti nella dottrina sociale della Chiesa.
Infine, salutando tutti, auspica che siano sempre più numerosi coloro che,
senza far rumore, con umiltà e tenacia,
si fanno giorno per giorno artigiani di pace. E che sempre li preceda e li
accompagni la benedizione del Dio della
pace!"
Giovedì 6 gennaio 2022 - È con grande
piacere che posso mettere a disposizione dei lettori del Sentiero un'altra
bellissima omelia del nostro Vescovo, quella pronunciata in occasione della
festa dell'Epifania di nostro Signore: "La grande luce dell'Epifania si
incontra con la luce della Pasqua. Anche se si fa presente attraverso un
susseguirsi di eventi che chiamiamo "la storia della salvezza". Ne
facciamo poi memoria in modo che quegli
eventi siano in modo misterioso ma reale, presenti in mezzo a noi.
La grande novità dell'Epifania è che la grande luce risplende non solo a quelli
che erano lì in quel momento: i pastori, la gente del popolo, ma anche ai pagani,
coloro che appartenevano ad altri popoli, avevano altre religioni, facevano
cammini diversi. A un certo punto Dio manifesta questa grandezza, questo
Bambino nato per tutti. Cristo che è morto ed è risorto per tutti. La salvezza
è aperta ad ogni uomo e donna. Questa è la vera grandezza dell'Epifania: questa
grandezza che già nel suo nascere si annuncia e poi dovrà crescere, giungere
all'evento Pasquale, giungere all'evento apostolico. Sarà con l'apostolo Pietro
che si accorgeranno che l'annuncio deve essere fatto a tutti, ma è già
contenuto in questo piccolo seme dell'adorazione dei Magi: personaggi
misteriosi, lo sappiamo. Essi guardano e studiano le stelle e cercano di comprendere,
nell'opera di Dio, il mistero di Dio. Fanno una cosa che noi non facciamo più:
guardano il cielo. Chi di noi guarda il cielo? Se lo guardiamo è per dire:
"È nuvoloso" o "Non è nuvoloso".
Ci invitano a guardare il cielo, non perché contenga chissà quali misteri, ma
perché, essendo opera di Dio, parla del
suo Autore. Sono in grado di comprendere anche alcuni segni e dietro a questa
stella si muovono, iniziano un percorso, un cammino che non sanno dove li
porterà. Non conoscono la mèta, ma
grazie alla stella conoscono la strada che li porterà verso una mèta
grande, visto che è tanto grande il
segno apparso nel cielo. E giungono a Gerusalemme, dove trovano persone che non guardano il
cielo e non si erano accorte di nulla e tutti restano meravigliati: non solo
Erode, ma tutti sono meravigliati.
I magi vedono la stella due volte: una volta per giungere a Gerusalemme e
l'altra volta per giungere a Betlemme. La stella è sempre la stessa, non è
cambiata. È cambiato il loro modo di guardare: fino a Gerusalemme la guardano
come un evento cosmico, che è certamente misterioso e li sta conducendo ad una
mèta sconosciuta, poi la guarderanno
alla luce della Parola: "E tu, Betlemme, non sei la più piccola...da te
nascerà..."
Questo modo di guardare le stelle è importante perché ci porta a comprendere
che Dio si rivela a noi nella Sua creazione come opera di un Creatore grande e
che siamo chiamati a guardare, ad approfondire, a scrutare fino a cogliere come
nella Sua parola rivela non solo qualcosa di Sé, ma rivela Sé stesso. Ecco, nei magi questi
due aspetti vengono a toccarsi: da una parte l'esigenza di vedere la Sua Parola
e, dall'altra, quella di comprendere. Questa è
l'esigenza della nostra vita. Di fronte a questo avvenimento non ci si
può non sentirci interrogati e chi si interroga non può non sentirsi
interpellato dalla vita, dalla storia, dalle circostanze, da ciò che gli sta
attorno. E se ci si sente interpellati, si cerca di trovare delle risposte e lì
sta la bellezza e la grandezza della vita...e anche la pericolosità delle
nostre risposte. Vanno date risposte
autentiche che rispettino la dignità dell'uomo e al tempo stesso permettono
all'uomo di innalzare lo sguardo verso il cielo, verso quel Dio che ci ha
creati e ci conduce a provvedere a noi attraverso la Sua creazione. Ma non è
sufficiente! Siamo chiamati ad entrare
in comunione con Lui. Non possiamo
limitarci a dire: "Quell'opera è del tale autore". Abbiamo bisogno
della Sua parola, che Lui scenda, parli, si manifesti e ci dia la luce perché
gli occhi, senza la luce, non sono in
grado di vedere e così il nostro
spirito, senza la luce della Parola non
è in grado di comprendere fino in fondo. Ma quando questo accade, e i magi ce
lo mostrano, siamo portati all'adorazione di Dio. Ci rendiamo conto che Lui è
veramente il cuore della nostra esistenza e vale la pena intraprendere un
viaggio di cui noi, a differenza dei magi, conosciamo anche la mèta: il Signore
Gesù.
Per loro è una sorpresa, trovare un bambino posto in una mangiatoia e
conoscerlo è una cosa grande. Per noi è più di una sorpresa: è una certezza di
fede.
L'Epifania ci chiama a volgere lo sguardo su Gesù in questo modo, ma non
fermandoci lì. Guardando quella luce verso la luce della Pasqua e in quella
luce leggere la nostra vita: la nostra vita presente, nell'orizzonte del nostro
futuro e nell'eternità, perché siamo fatti per l'eternità. Il Signore è venuto
a cancellare il peccato perché potessimo vivere eternamente con Lui, in quella
beatitudine, in quella gioia che Lui ha
preparato per noi, se il nostro cuore non si chiude, non si indurisce e non fa
come quello di Erode che, con la stella sopra la testa e con la Parola davanti,
non è riuscito a capire che quel Salvatore non stava affatto attentando al suo
regno, ma avrebbe salvato e reso stabile ciò che di buono poteva esserci in
lui.
Ecco, chiediamo di non cadere in quell'errore, ma accogliamo il Signore Gesù
per quello che veramente è: Dio divenuto figlio di Maria, nostro Salvatore e lasciamo che tutto ciò che quotidianamente
possiamo vedere e toccare ci porti a Dio, sapendo che arriveremo a Lui se a un
certo punto ci sapremo fermare, aprire, ascoltare la parola, riprendere il
viaggio, trovare la mèta ".