Dopo il forzato riposo, il
Papa ha ripreso la sua attività pastorale partecipando alla chiusura del
Congresso eucaristico internazionale di Budapest. Il sole ha certamente
favorito la presenza di centomila persone lungo il percorso che ha portato
Francesco in piazza degli Eroi, dove ha celebrato la Messa alla quale ha
presenziato anche il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo.
Nella sua omelia forte è stato il richiamo alla fraternità per vincere l’odio,
l’antisemitismo e le chiusure. “Il pane
spezzato per gli altri” invita ad aprirsi “alla novità scandalosa del Dio crocifisso e risorto.” In queste
poche parole c’è tutto il senso del Congresso eucaristico. E questo concetto è
il punto di partenza, perché “la croce
piantata nel terreno, oltre a invitarci a radicarci bene, innalza ed estende le
sue braccia verso tutti: esorta a mantenere salde le radici, ma senza
arroccamenti; ad attingere alle sorgenti, aprendoci agli assetati di ogni
tempo.” Il riferimento, neanche troppo velato, è per il primo ministro
Orban ed alla sua politica di netta chiusura verso i migranti, che provoca
malumori all’interno dell’Unione europea. Con i rappresentanti del Consiglio
ecumenico e a quelli della comunità ebraica prende a prestito l’immagine del
Ponte delle catene che unisce le due parti di Budapest e afferma: “Così devono essere i legami tra noi.” Ed
ha continuato: “Ogni volta che c’è stata
la tentazione di assorbire l’altro non si è costruito, ma si è distrutto; così
pure quando si è voluto ghettizzarlo, anziché integrarlo.
Quante volte nella storia è accaduto. Dobbiamo vigilare e pregare perché ciò
non accada più. Occorre impegnarci a promuovere insieme una educazione alla
fraternità, così che i rigurgiti di odio che vogliono distruggerla non
prevalgano. Penso alla minaccia dell’antisemitismo che ancora serpeggia in
Europa e altrove. E’ una minaccia che va spenta. Il miglior modo per
disinnescarla è lavorare in positivo insieme, è promuovere la fraternità.” Poche
ore dopo nella nunziatura di Bratislava ( Slovacchia ) alla presenza dei vescovi e del primate della
Chiesa ortodossa delle Terre Ceche e della Slovacchia, Ratislav, il Papa è
tornato sugli stessi concetti: “Come
possiamo sognare un’Europa libera da ideologie, se non abbiamo il coraggio di
anteporre la libertà di Gesù alle necessità dei singoli gruppi di credenti?
E’ difficile esigere un’Europa fecondata
dal Vangelo senza preoccuparsi del fatto che non siamo ancora uniti pienamente
tra noi nel continente e senza cura gli uni degli altri. Qui dal cuore dell’Europa viene da chiedersi:
noi cristiani abbiamo un po’ smarrito l’ardore dell’annuncio e la profezia
della testimonianza?”
La risposta a questo triste
quesito è tutta nella similitudine con il Ponte delle Catene: “Esso è sorretto da grandi catene, formate da
grandi anelli. Siamo noi questi anelli e ogni anello è fondamentale, perciò non
possiamo più vivere nel sospetto e nell’ignoranza, distanti e discordi ….. Mai
alleanze con qualcuno a discapito di altri, ma persone e comunità che siano
ponti di comunicazione con tutti.”
Non occorrono commenti tanto i
concetti di papa Francesco sono chiari e netti:
1)
Il Papa invita a riflettere sulla
radicalizzazione della nostra fede in ciascuno dei credenti, che non può essere
fatta di sole parole ( sembra dire “verba
volant” è troppo di moda ), ma, come
indica la croce, occorre allargare le braccia agli assetati nell’accoglienza
fraterna.
2)
Come il Ponte delle catene insegna quanto ogni anello sia fondamentale per la sua
stabilità solo se insieme agli altri, così ogni cristiano impari a sentirsi
fondamentale solo insieme agli altri in modo coeso e concorde.
Ricordo che noi liguri abbiamo
un tragico esempio: la rottura di un anello ha distrutto il ponte di Genova e
fatto tante vittime.