3. Giovanni apostolo nella sua prima lettera
afferma: “Non siamo stati noi ad amare
Dio, ma è Lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di
espiazione per i nostri peccati.” Pertanto, la grazia è dono gratuito di Dio-Padre, è benevolenza divina, è Charitas vera, non elemosina. Un padre non fa elemosina né fa pesare ciò
che ha deciso di donare, al contrario, guida e suggerisce come e perché farne
buon uso. Per questo il Padre celeste ha messo a disposizione dell’intera
umanità il Figlio e lo Spirito di Verità.
Specialmente nei primi secoli la nascente teologia ha guardato spesso alla
filosofia classica, aristotelica e platonica, punto fermo del pensiero
universale di ogni tempo, andando incontro anche a gravi problemi dottrinali:
non si può ingabbiare la teologia, che affronta la realtà divina, con la
filosofia manifestazione del pensiero umano. Nel tempo e nelle loro ricerche
speculative, grandi teologi e diversi Padri della Chiesa ( tra questi
Sant’Agostino, definito Doctor gratiae =
dottore della Chiesa per la grazia )
hanno puntato ad aspetti particolari per rendere più comprensibile ed
appetibile il dono della grazia all’uomo sempre più distratto davanti ai
quesiti: conosci te stesso e documentati da dove vieni e dove sei destinato ad
andare. La maniera di pensare Dio, l’uomo e i loro rapporti hanno determinato
nella storia del pensiero teologico cristiano il modo di concepire la grazia.
In altre parole, i distinguo e le sottolineature si hanno sul perché e sui modi
di manifestarsi e di usarla. La nozione di immagine di Dio serve a chiarire il
dono di Dio come ripristino della dignità persa col peccato e come possibilità
di conformarsi a Dio. I sostenitori della théosis
( deificazione ) sottolineano la speciale condizione dell’anima resa
partecipe della vita filiale del Verbo, cioè, educata dallo Spirito di Cristo,
l’anima umana è in comunione con Dio. Dovendo contrastare l’eretica tesi di
Pelagio che sosteneva l’ottimistica capacità dell’uomo di sentirsi responsabile
di ogni suo atto libero e la sua capacità di essere il solo artefice della
propria salvezza, Agostino, consapevole, anche per esperienza personale, della debolezza e della forte tendenza al
peccato da parte dell’uomo a causa del peccato d’origine, sostiene che la
grazia è il solo aiuto necessario e
indispensabile per la libertà umana: senza la grazia l’uomo non può che essere
peccatore.
Ancora oggi il concetto di grazia rimane fissato nei termini del pensiero
agostiniano. La teologia medioevale descrive la grazia come una modificazione
soprannaturale, permanente e stabile (grazia
abituale o santificante ) introdotta nell’anima dalla presenza delle persone
divine, quindi l’uomo intelligente e libero vede in Dio l’unico fine possibile
e la sua visione beatifica la vera mèta. Lutero, estremizzando il pensiero
agostiniano, sostiene il carattere cristologico ed esclusivamente donato della
grazia, che è frutto della iustitia
Christi su cui l’operare umano, anche se eticamente corretto, non ha alcuna
incidenza. Il Concilio di Trento
ribadisce il principio medioevale della scolastica secondo il quale è la grazia
( ovvero, l’azione divina che opera in
noi ) a darci gli strumenti e i modi per salvarci. La teologia moderna indica
che la grazia è Dio stesso, è il dono dello Spirito per il quale l’amore divino
( Charitas ) dimora in noi
trinitariamente, quindi la grazia è la relazione con le persone divine in forza
della quale l’uomo è cambiato e inserito in una nuova vita: è figlio, è colui
nel quale le persone divine dimorano ( es.: inabitazione trinitaria di Itala
Mela ), è persona perdonata, riconciliata e santificata. E’ “l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella
giustizia e nella santità vera.” ( Ef. 4,24 ) Si aggiunga a quanto detto
anche l’aspetto comunitario e sociale della grazia: la comunione con l’amore
divino rende la libertà umana ( libero arbitrio ) aperta agli altri e pronta
verso la socializzazione e la solidarietà, superando l’egoistico
individualismo, antitesi dell’amore. Ne consegue che non si può vivere
tranquillamente con la coscienza in pace in un mondo non redento. La grazia è,
pertanto, impegno per il rinnovamento della società intera ( azione
missionaria ) ed è la forza e la
speranza di poterlo realizzare prima della fine dei tempi.
Antonio Ratti
Gesù è
la grazia
L’ultima
parola che ho da dire …. non è un concetto come la “grazia”, ma un nome: Gesù
Cristo. Egli è la grazia, ed è lui l’ultimo, al di là del mondo, della Chiesa,
e anche della teologia. Non possiamo “catturarlo”. Ma con lui abbiamo a che fare.
Ciò che mi ha occupato per tutta la mia lunga vita, è stato dare sempre più
rilievo a questo nome e dire: là …! In nessun nome c’è salvezza, se non in
questo. E là è appunto anche la grazia. Là è anche l’impulso al lavoro, alla
lotta: l’impulso alla comunione, all’essere insieme agli altri uomini. Là è
tutto quanto ho provato nella mia vita, nella debolezza e nella stoltezza. Ma
tutto è là.
( Karl Barth, Iniziare
dall’inizio. Ed. Queriniana, Brescia )