Nella fotografia la Basilica sulGetsemani, L'orto degli ulivi.
Sabato 3 aprile – Veglia
pasquale (Marco 16, 1 – 7)
Come sempre, i brani evangelici che la liturgia
propone per la Pasqua sono due. Il primo viene letto nel corso della Veglia
notturna, la “Madre di tutte le Veglie” come l’aveva definita Agostino,
peraltro quest’anno anticipata al pomeriggio del sabato. Questo brano, dedicato
in modo diretto al racconto della risurrezione, si alterna ogni anno, quindi
quest’anno è quello di Marco. Si tratta, come è tutto il secondo Vangelo, di un
racconto molto breve, si potrebbe dire essenziale. Esso è tutto concentrato
sulla meraviglia delle donne che, la mattina di Pasqua, trovano il sepolcro
aperto e, all’interno, il “giovane vestito di una vesta bianca” che dà
l’annuncio dell’avvenuta risurrezione. Il giovane dice alle donne – che sono
quindi le prime testimoni della redenzione - di andare subito a riferire “ai
discepoli e a Pietro”. Il riferimento a Pietro ci fa comprendere in qualche
modo la freschezza del racconto di Marco, il quale, a sua volta, aveva appreso
quegli avvenimenti direttamente dalla voce del primo degli apostoli, del quale
era diventato collaboratore, tanto che il suo Vangelo viene spesso definito “il
Vangelo di Pietro”. Quel richiamo, così come il resto del racconto, dovevano
quindi essere rimasti molto vividi e forti nella sua memoria.
Domenica 4 aprile – Pasqua di
Risurrezione (Giovanni
20, 1 – 9)
Nelle Messe del giorno il racconto evangelico è quello
di Giovanni. Rispetto al racconto di Marco, quello di Giovanni è ancora più
vivido, dal momento che il giovane apostolo ne è protagonista diretto. Così, se
Marco riporta le parole del suo “maestro” Pietro, Giovanni racconta in qualche
modo se stesso, con quel particolare così efficace che lo vede arrivare prima
al sepolcro, “staccando” Pietro grazie alla sua energia giovanile. E’ inutile
dire che questi particolari sono, come spiegano gli esperti, un’ulteriore
apporto al valore storico e documentale dei racconti evangelici. Rispetto al
testo di Marco, qui non c’è la figura dell’angelo, ma la frase finale sembra
richiamare un ammonimento celeste: “Non avevano ancora compreso la Scrittura,
che cioè Egli doveva risorgere dai morti”. La Risurrezione è davvero la
festa della vita, e tutto nel mondo, con essa, cambia aspetto e prospettiva.
Domenica 11 aprile - Domenica
“in Albis” (Giovanni 20, 19 - 31)
La seconda domenica del tempo pasquale, oggi, è
conosciuta come la domenica “della Misericordia”, ma la liturgia tiene ancora
conto dell’antica tradizione della Chiesa, seconda la quale questa era la
domenica dell’Ottava di Pasqua (detta anche “in albis”, perché oggi i
catecumeni battezzati nel corso della Veglia pasquale deponevano le loro vesti
bianche). Il Vangelo è dunque una prosecuzione del capitolo che l’evangelista
Giovanni dedica alla risurrezione di Gesù, di poco seguente ai versetti letti
nella Messa di Pasqua. L’episodio si riferisce quindi ancora al giorno di
Pasqua (“il primo giorno della settimana”), quando, sul far della sera, Gesù
compare ai discepoli, fornendo le prove che proprio di Lui si tratta. Otto
giorni dopo (ecco il richiamo liturgico all’ottava), Gesù ritorna e conferma di
essere risorto da morte a Tommaso, sino a quel momento incredulo. L’ammonimento
di Gesù però va oltre l’apostolo e investe tutti noi: “Beati quelli che non
hanno visto ed hanno creduto !”. Credere nel Risorto significa credere in un
destino diverso per l’umanità, motivo di speranza e di gioia, aspetti tanto più
importanti in un tempo difficile come quello che stiamo attraversando ormai da
oltre un anno.
Domenica 18 aprile – Terza del
tempo di Pasqua (Luca 24, 35-48)
Il tempo di Pasqua – oggi giunto alla terza
domenica – è uno dei tempi “forti” dell’anno liturgico, e quindi anche le
lettura hanno una scansione diversa rispetto al “tempo ordinario”. I paramenti
sono bianchi, e non verdi, segno della gioia pasquale che continua, ed in
Vangelo – che è di Luca e non di Marco – racconta uno degli episodi più noti ed
anche più belli legati alla risurrezione: l’incontro di Gesù con i “discepoli
di Emmaus”, che poi vuol dire con tutti noi. A questo episodio quattro anni fa
papa Francesco ha dedicato una delle sue catechesi del mercoledì: “In questo
episodio – ha detto - c’è tutto il
destino della Chiesa: la comunità cristiana non sta rinchiusa in una cittadella
fortificata, ma cammina nel suo ambiente più vitale, vale a dire la strada. E
lì incontra le persone, con le loro speranze e le loro delusioni, a volte
pesanti. La Chiesa ascolta le storie di tutti, come emergono dallo scrigno
della coscienza personale; per poi offrire la Parola di vita, la testimonianza
dell’amore, amore fedele fino alla fine”. Per poi concludere: “Il segreto della
strada di Emmaus è tutto qui: anche attraverso le apparenze contrarie, noi
continuiamo ad essere amati, e Dio non smetterà mai di volerci bene”.
Domenica 25 aprile – Quarta
del tempo di Pasqua (Giovanni 10, 11 - 18)
La domenica di oggi è la domenica detta “del Buon
Pastore”, e infatti proprio per questo la Chiesa tiene oggi l’annuale Giornata
mondiale per le vocazioni, invitandoci a pregare in particolare perché il
Signore mandi nuovi operai per la sua messe, che ne ha bisogno. L’espressione
deriva dal brano evangelico, tratto dal testo di Giovanni, che è ancora un
classico testo del periodo pasquale. In realtà, il brano non si riferisce al
periodo successivo alla risurrezione, perché è parte di un discorso di Gesù
pronunciato prima della sua passione, in occasione della prima venuta a
Gerusalemme per la festa detta dei Tabernacoli. Ma la liturgia lo colloca nel
cuore del periodo pasquale perché, attraverso la parabola del Buon Pastore,
viene dato un senso preciso alla morte di Gesù in croce ed agli avvenimenti
successivi. Si tratta dunque, per così dire, di una spiegazione anticipata
della Pasqua cristiana: “Per questo il Padre mi ama:
perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie:
io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di
nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio”. Ma in questo brano
c’è anche di più, ovvero una dimensione ecumenica, nell’annuncio che “altre
pecore, che non sono di questo ovile, … ascolteranno la mia voce e diventeranno
un solo ovile sotto un solo pastore”. San Giovanni XXIII, con particolare
riferimento all’unità di tutti i cristiani, citò proprio questo brano
evangelico nella preghiera composta per l’inizio del Concilio Vaticano II. E’
una preghiera ancora valida, che sta a noi proseguire nell’invocazione a Dio
Padre ma anche nell’impegno ecumenico concreto, giorno dopo giorno.