Domenica
31 gennaio - Oggi è la Festa di San Giovanni Bosco, Patrono di Isola.
Negli ultimi anni, in qualità
di componente della Corale parrocchiale, ho sempre partecipato alla Santa Messa
solenne nella Chiesa di Isola dove S. Giovanni Bosco viene festeggiato
solennemente. Quest'anno purtroppo, causa il Coronavirus, sono costretto a seguire
le Sante Messe tramite televisione. Speriamo che arrivi presto il vaccino!
Comunque, attraverso la televisione, seguo anche gli "angelus"
domenicali di Papa Francesco e pertanto voglio riportare quello di oggi,
trasmesso dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico, per dare a tutti
l'opportunità di un vero arricchimento spirituale. Chi lo ha già ascoltato avrà
l'opportunità di rimeditarlo in maniera ancora più approfondita:
"Cari fratelli e sorelle, buongiorno! L’odierno brano evangelico racconta
una giornata - tipo del ministero di Gesù: in particolare si tratta di un sabato,
giorno dedicato al riposo ed alla preghiera. La gente andava in sinagoga. Nella sinagoga di Cafarnao Gesù legge e
commenta le Scritture. I presenti sono attirati dal suo modo di parlare: la
loro meraviglia è grande perché dimostra un'autorità diversa da quella degli
scribi. Inoltre, Gesù si rivela potente anche nelle opere. Infatti, un uomo
nella sinagoga gli si rivolta contro interpellandolo come l'inviato di Dio. Lui
riconosce lo spirito maligno, gli ordina di uscire da quell'uomo e così lo
scaccia.
Si vedono qui i due elementi caratteristici dell'azione di Gesù: la
predicazione e l'opera taumaturgica di guarigione: predica e guarisce. Entrambi
tali aspetti risaltano nel brano dell'evangelista Marco, ma il più evidenziato
è quello della predicazione. L'esercizio viene presentato a conferma della sua
singolare "autorità" e del suo insegnamento: Gesù predica con
autorità propria, come chi possiede una dottrina che trae da sé, e non come gli
scribi che ripetevano tradizioni precedenti e leggi tramandate. Ripetevano
parole, parole, parole, soltanto parole, come cantava la grande Mina. Erano
così: soltanto parole. Invece in Gesù, la parola ha autorità. Gesù è
autorevole! E questo tocca il cuore.
L'insegnamento di Gesù ha la stessa autorità di Dio che parla: infatti,
con un solo comando, libera facilmente l'ossesso dal maligno e lo guarisce.
Perché? Perché la sua parola opera quello che dice. Perché Egli è il profeta
definitivo. Ma perché dico questo: che è il profeta definitivo? Ricordiamo la
promessa di Mosè. Mosè dice: "Dopo di me, tempo avanti, verrà un profeta
come me - come me - che vi insegnerà". Mosè annuncia Gesù come il profeta
definitivo. Per questo (Gesù) parla non con l’autorità umana ma con quella
divina perché ha il potere di essere il profeta definitivo, cioè il Figlio di
Dio che ci salva, ci guarisce tutti.
Il secondo aspetto, quello delle guarigioni, mostra che la predicazione di
Cristo è rivolta a sconfiggere il male presente nell'uomo e nel mondo. La sua
parola punta direttamente contro il regno di Satana, lo mette in crisi e lo fa indietreggiare,
lo obbliga ad uscire dal mondo. Quell'ossesso - quell'uomo posseduto, ossesso -
raggiunto dal comando del Signore, viene liberato e trasformato in una nuova
persona. Inoltre, la predicazione di Gesù appartiene ad una logica opposta a
quella del mondo e del maligno: le sue parole si rivelano come lo
sconvolgimento di un ordine sbagliato di cose. Il demonio presente nell' ossesso,
infatti, grida all'avvicinarsi di Gesù: "Che vuoi da noi, Gesù Nazzareno?
Sei venuto a rovinarci?". Queste espressioni indicano la totale estraneità
tra Gesù e Satana: sono su piani completamente diversi. Tra loro non c'è nulla
in comune: sono l'uno all'opposto dell'altro. Gesù, autorevole, che attira con
la sua autorevolezza la gente, e anche profeta che libera, il profeta promesso
che è il Figlio di Dio che guarisce.
Ascoltiamo noi le parole di Gesù che sono autorevoli? Sempre, non
dimenticatevi, portate in tasca o nella borsa un piccolo Vangelo per leggerlo
durante la giornata, per ascoltare quella parola autorevole di Gesù. E poi,
tutti abbiamo dei problemi, tutti abbiamo peccati, tutti abbiamo delle malattie
spirituali. Chiediamo a Gesù: "Gesù, tu sei il profeta, il Figlio di Dio,
quello che è stato promesso per guarirci. Guariscimi". Chiedere a Gesù la
guarigione dei nostri peccati, dei nostri mali.
La Vergine Maria ha custodito sempre nel suo cuore le parole e i gesti di Gesù
e lo ha seguito con totale disponibilità e fedeltà. Aiuti anche noi ad
ascoltarlo e seguirlo, per sperimentare nella nostra vita i segni della sua
salvezza”.
Dopo l'Angelus, Papa Francesco rivolge a tutti noi un accorato appello:
"Cari fratelli e sorelle, dopodomani, 2 febbraio, celebreremo la festa
della Presentazione di Gesù al Tempio, quando Simeone e Anna, entrambi anziani,
illuminati dallo Spirito Santo, riconobbero in Gesù il Messia. Lo Spirito Santo
suscita, ancora oggi negli anziani, pensieri e parole di saggezza: la loro voce
è preziosa perché canta le lodi di Dio e custodisce le radici dei popoli. Essi
ci ricordano che la vecchiaia è un dono e che i nonni sono l'anello di
congiunzione tra le generazioni, per trasmettere ai giovani esperienza di vita
e di fede.
I nonni tante volte sono dimenticati e noi dimentichiamo questa ricchezza di
custodire le radici e di trasmetterle. Per questo, ho deciso di istituire la
Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani, che si terrà in tutta la Chiesa,
ogni anno, la quarta domenica di Luglio, in prossimità della ricorrenza dei
Santi Gioacchino e Anna, i "nonni" di Gesù.
È importante che i nonni incontrino i nipoti e che i nipoti si incontrino con i
nonni perché, come dice il profeta Gioele, i nonni davanti ai nipoti
sogneranno, avranno illusioni (grandi desideri) e i giovani, prendendo forza
dai nonni, andranno avanti, profetizzeranno. E proprio il 2 febbraio è la festa
dell'incontro dei nonni con i nipoti".
Domenica
31 gennaio - Mi sarebbe molto dispiaciuto di privare i lettori del
Sentiero di una omelia in occasione della festa di S. Giovanni Bosco. Gli altri
anni riportavo sempre quella di Don Carlo, ma quest'anno, non partecipando, per
la pandemia, alla S. Messa nella Chiesa di Isola, ciò mi era impedito.
Allora mi sono ricordato del mio caro amico Italo Longhi, capo redattore di
Tele Liguria Sud, al quale più volte mi sono rivolto per acquisire notizie e
servizi sulle celebrazioni del nostro Vescovo, S.E. Mons. Luigi Ernesto
Palletti e lui, con la solerzia e la gentilezza che lo contraddistinguono, mi
ha trasmesso l'omelia del Vescovo pronunciata nella Santa Messa celebrata in
onore di San Giovanni Bosco e che di seguito riporto: "È un momento
importante perché facciamo memoria del momento di salvezza del Signore Gesù: la
Sua morte e resurrezione è la fonte della nostra salvezza e San Giovanni Bosco si nutre di questo e ci testimonia
questo. Dunque lo facciamo nella concretezza del nostro cammino alla luce di
testimoni così grandi, testimoni che noi non possiamo lasciar cadere e neppure
relegare in un momento fondamentale della loro storia, ma separato dal nostro.
È vero che la storia di don Bosco non è necessariamente la nostra storia: è
passato più di un secolo, però quella fede che ha animato Lui e lo ha portato
ad agire dentro la propria storia in modo concreto, ecco, quella fede è
viva. Lui l'ha ricevuta, lui l'ha
trasmessa e noi la riceviamo e dobbiamo viverla. Questo è lo spirito con cui
dobbiamo vivere questo momento: guardando alcune caratteristiche di questo
Santo, ma che prima di essere santo ci è fratello. La prima caratteristica è
quella di accogliere ciascuno di noi come un'autentica persona umana. Don Bosco
valorizza, alla luce di Cristo, la dignità della persona umana. La valorizza
innanzitutto volendola salva. Questo è il cuore del suo messaggio. Non è solo
un benefattore: è un nunziatore del Vangelo di Cristo e, al tempo stesso, un
benefattore perché chi più di lui fa del bene all'umanità annunciando il
Vangelo di salvezza? Questo ci fa renderebbero conto che, trovandoci davanti ad
ogni persona, ci troviamo davanti ad un dono di Dio, un dono di Dio che va
accolto e va anche fatto crescere: crescere perché possa portare frutto in
abbondanza. Ecco il sistema che Lui utilizza per prevenire le cose che possono
impedire la nostra crescita, correggere quelle che possono averla deformata e
certamente portare alla pienezza quella umanità che proviene da Dio e che - lui
ne è ben cosciente - ha un valore più grande perché è chiamata a diventare
figlia di Dio. E così ci troviamo di fronte a quest'uomo: a un santo. A un
eroe? No! I santi non sono eroi, perché gli eroi sono coloro che hanno tanta
forza da vincere tutti. Gesù Cristo ci insegna che nessuno di noi può essere un
eroe. Siamo tutti delle piccole creature fragili. Il santo è innanzitutto un
uomo che crede nella provvidenza di Dio. Questo è il passaggio fondamentale di
don Bosco. Se questo lavoro da fare lo faccio con le mie forze, questo non è
l'atteggiamento di don Bosco. Invece abbiamo avuto San Giovanni Bosco perché quello
che lui ha visto e per cui il suo cuore lo portava ad agire, lo ha messo nelle
mani del Padre che è nei cieli e Lui questo lo ha concretizzato dentro la
propria storia. Non ha rimpianto ciò che veniva prima, non ha sperato ciò che
sarebbe venuto, ma ha accolto ciò che era presente: una storia difficile, una
storia sociale complessa, ma Lui si è sentito chiamato dentro quella storia lì.
E qui diventa un grande esempio per noi. Diventa un maestro di vita e ci invita
non solo a conclamare solamente il Vangelo, ma a farlo scendere dentro la
nostra concretezza. Il Vangelo è venuto per risanare, ma risanare tocca a noi
quando entra dentro le nostre vite, quando inizia ad illuminare le nostre
domande, quando ci permette di guardare in una luce nuova.
Ecco, don Bosco ha fatto questo. Ha permesso ai Suoi di compiere questo gesto.
Lo ha fatto prevalentemente nei confronti dei giovani, non per una scelta
ideologica, ma con la consapevolezza che non ci si può limitare ad avere la
fede. Dobbiamo trasmetterla in modo che questo dono grande possa giungere a
tutti. E i giovani devono essere i primi a prendere il testimone di questa
fede. Loro, perché hanno più vita di fronte a loro e più occasioni ed
opportunità di annunciare il Vangelo e dare testimonianza al Signore Gesù.
Possiamo dire che in questo senso ha realizzato un umanesimo nuovo. Ha
valorizzato l'uomo fino in fondo: quell'uomo che, pensato e voluto da Dio, si appiattisce
sull'orizzonte di questa terra, dimenticandosi di essere chiamato ad una
vocazione ben più grande.
Don Bosco non dimentica le
esigenze di questo mondo, anzi indicherà come "via di santità"
l'essere un buon cittadino, ma dentro la provvidenza di Dio, dentro l'orizzonte
della fede, dentro il cammino del Vangelo. Il Vangelo non toglie nulla della
nostra umanità, solamente allontana il peccato e ci permette di camminare nella
luce.
Don Bosco ha fatto un altro passaggio importante. Solitamente don Bosco lo si
ricorda come il Santo dei giovani, Colui che è venuto incontro alla gioventù,
ma ha fatto un'altra cosa: non solo il Santo "dei" giovani, ma anche
"con" i giovani: li ha coinvolti perché non fossero come di fronte a
un maestro da cui imparare, ma la sua paternità ha generato tanti altri
fratelli capaci di annunciare il Vangelo.
Mi rivolgo a voi giovani perché con entusiasmo sappiate cogliere il testimone
di don Bosco, non solo venerandolo e
accogliendo e seguendone l'esempio, ma riconoscendo che vi ha chiamati insieme
a Lui ad annunciare il Vangelo, a farsi
vicino agli altri, ad accostarsi a quelle
situazioni che da soli non potremmo vivere ma che, vivendole insieme, riusciamo a superare e, superandole,
riusciamo a costruire noi stessi.
Ecco, questo è proprio il grande dono, il dono di quella autorevolezza di cui
oggi ci ha parlato il Vangelo, parlandoci di Gesù. Di Lui la gente diceva:
"Parla con autorità", non si limita a spiegare, la Sua parola è
efficace. Don Bosco ha ricevuto dal Padre il dono di avere una parola efficace,
di dire e di fare, di non separare mai la carità dall'annunzio evangelico e
l'annunzio evangelico dalla carità in modo che tutto sia sempre segnato dal
cammino di salvezza.
Lo accogliamo così. I giorni della nostra vita siano così, più lieti, più
tristi, più bui, più luminosi, come è la vita comune di tutti.
Il Vangelo non toglie le nostre difficoltà ma, accolte come dono del Padre,
diventano opera di salvezza per tutti.
Chiediamo al Signore di essere sempre testimoni di questo grande dono che Lui
ci ha fatto di essere testimoni della Sua morte e della Sua resurrezione come
San Giovanni Bosco".