La parola a Don Carlo
Gesù
lava i piedi ai suoi Apostoli.
“Prima
della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da
questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi fino alla fine…” (Gv 13,11).
La profondità
spirituale di San Giovanni è riuscita a ricordarci con questa esperienza così
dura che apre il racconto dell’ultima cena, che i simboli dell’antica Pasqua
stavano per realizzarsi nella Pasqua nuova, facendo di quest’ultima alleanza
vera e definitiva.
Tutti i gesti di Cristo
son veri. Più ancora: tutti sono atti creativi. Questo che Egli ora compie,
all’inizio della sua passione, è definitivo, ed Egli lo sa. Ciò che farà Giuda
tra qualche momento, sarà soltanto più tremendo.
Al di là di molti gesti
di Cristo, per quanto simbolici ma ancora esteriori, c’è quello che Egli fa per
i suoi Apostoli, il servizio che Egli rende loro. Ciò che Egli depone
ai loro piedi è amore, disponibilità e perdono.
Gravemente e
gioiosamente Egli si piega davanti a loro, riconosce in essi coloro per i quali
è stato mandato, coloro che egli renderà degni di essere amati dal Padre suo.
Egli non compie l’ufficio di servo, lo è veramente, con tutta la devozione, il
fervore, la pietà di colui che offre a Dio un santo sacrificio…E non gli
ripugna neppure di fare lo stesso gesto anche per colui che lo tradirà e per
colui che lo rinnegherà, cancellando in anticipo le loro colpe, per non vedere
in loro che la dignità al quale il Padre li chiama.
Non c’è gesto di Cristo
che non sia misericordioso e redentore, come pure gratuito, qual è per
definizione la misericordia, perché essa proviene dall’amore e all’amore tende.
Ciò che ha di unico questo gesto di umiltà di Cristo è il sacrificio di se
stesso che manifesta, è per farci vedere che siamo perdonati in anticipo e
degni di essere onorati.
L’esempio che sempre
gli apostoli dovranno imitare è questo atteggiamento di rispetto verso qualcuno
il cui vero nome è scritto nel libro della vita: la disponibilità totale nei
riguardi dei fratelli, in conclusione di misericordia: “Sarete beati se lo
farete” (Gv 13,17. Si, perché tutte le beatitudini sono comprese nella
misericordia, che si realizza nelle mille forme ispirate dall’amore: “Anche voi
dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri: un servo non è più grande del suo
padrone. “(Gv 13,14-16). Non soltanto tutti gli atti di umiltà e di dedizione,
ma anche tutti i “sacrifici” finora impossibili, diventano possibili, quando si
tratta di scoprire nei nostri fratelli la divina rassomiglianza, di raggiungere
in essi l’amore con il quale Cristo li ha amati e di onorarli. Il sacrificio
riveste allora un carattere di atto sovranamente gradito e diventa così nelle
mani dell’amore, uno strumento scelto per manifestarlo.
Restiamo accanto a
Cristo mite e umile di cuore, raccogliamo dalle Sue mani e dal suo cuore
trafitto dai nostri peccati, il testamento dell’amore. Stare con Lui significa
mettere il Vangelo al centro della nostra vita personale e comunitaria.
Lasciamoci contaminare inguaribilmente dalla speranza della Resurrezione,
affrontando le tribolazioni, il dolore e perfino la morte, sapendo che verranno
giorni in cui “non ci sarà né lutto né pianto” e tutte la lacrime saranno
asciugate dal volto degli uomini. Signore aiutaci a capire che la nostra storia
crocifissa è già l’annuncio di resurrezione e vita.