N° 2 - Febbraio 2021
Dal diario di un parrocchiano
di Enzo Mazzini

Giovedì 24 dicembre - È la Notte Santa. Tutti gli anni ero abituato a partecipare, in chiesa, alla Santa Messa di mezzanotte, con mia moglie Giovanna: la messa più bella dell'anno! E che magica atmosfera! Forse ci faceva ripercorrere un po' tutta la nostra vita: le persone care che ci hanno lasciati, gli amici dell'infanzia, i compagni di lavoro ed i  più importanti avvenimenti. E come non ricordare le Sante Messe di mezzanotte degli ultimi anni, nella
Chiesa Maria Ausiliatrice di Isola,  alle quali partecipavo come componente del coro! Quanti ricordi riaffiorano!
Purtroppo quest'anno sono relegato in casa: Tarcisio, il mio medico di famiglia, mi ha consigliato di non frequentare luoghi affollati, per la mia età avanzata, data la grave pandemia in corso e quindi sono costretto, per la prima volta nella mia vita, ad accontentarmi di partecipare alle funzioni televisive. Infatti, quando siamo nella impossibilità di recarci nella nostra chiesa, rimane un'unica alternativa: seguire le funzioni religiose tramite televisione, cosa che io ho fatto. Fra l'altro, ho partecipato attivamente a due Sante Messe davvero coinvolgenti: quella celebrata dal Santo Padre in San Pietro e quella celebrata dal nostro Vescovo nella Cattedrale Cristo Re della Spezia.

In base alle vigenti norme in materia di pandemia, i fedeli devono rientrare nelle loro case entro le ore 22 e pertanto sia la Santa Messa celebrata in San Pietro, sia quella celebrata dal Vescovo sono state anticipate: alle ore 19,30 quella del Papa ed alle ore 20,30 quella del nostro Vescovo. In tal modo i fedeli hanno potuto partecipare ad entrambe le commoventi Sante Messe e cogliere così dei messaggi davvero toccanti e davvero utili per il rafforzamento della nostra fede.
Riviviamo qualche momento dell'omelia del Santo Padre Francesco: "Ci è stato dato un figlio. Si sente spesso dire che la gioia più grande della vita è la nascita di un bambino: è qualcosa di straordinario che cambia tutto, mette in moto energie impensate e fa superare fatiche, disagi e veglie insonni, perché porta una grande felicità, di fronte alla quale niente sembra che pesi. Così é il Natale: la nascita di Gesù è la novità che ci permette ogni anno di rinascere dentro, di trovare in Lui la forza per affrontare ogni prova. Sì, perché la Sua nascita è per noi: per me, per te, per tutti noi, per ciascuno. Ma che cosa vuol dirci questo "noi"? Che il Figlio di Dio, il Benedetto per natura, viene a farci figli benedetti per grazia. Sí, Dio viene al mondo come figlio per renderci figli di Dio. Che dono stupendo! Oggi Dio ci meraviglia e dice a ciascuno di noi: "Tu sei una meraviglia" ...Il Padre non ci ha dato qualcosa, ma il Suo stesso Figlio Unigenito che è tutta la sua gioia. Eppure, se guardiamo all'ingratitudine dell'uomo verso Dio ed all'ingiustizia verso tanti nostri fratelli, viene un dubbio: il Signore ha fatto bene a donarci così tanto? Fa bene a nutrire ancora  fiducia in noi?... Dio sa che  l'unico modo per salvarci,  per risanarci dentro, è amarci: non c'è un altro modo... Solo l'amore di Gesù trasforma la vita, guarisce le ferite più profonde, libera dai circoli viziosi dell'insoddisfazione, della rabbia e della lamentela.

Nella povera mangiatoia di una buia stalla c'è proprio il Figlio di Dio! Sorge un'altra domanda: "Perché è venuto alla luce nella notte, senza un alloggio degno, nella povertà e nel rifiuto, quando meritava di nascere come il più grande dei re, nel più bello dei palazzi? Perché?" Per farci capire fino a dove ama la nostra condizione umana, fino a toccare, con il suo amore concreto, la nostra peggiore miseria: il Figlio di Dio  è nato "scartato" per dirci che ogni "scartato" è figlio di Dio. È venuto al mondo come viene al mondo un bimbo, debole e fragile, perché noi possiamo accogliere con tenerezza la nostra fragilità e scoprire una cosa importante: come a Betlemme, così anche con noi Dio ama fare grandi cose attraverso la nostra povertà. Ha messo tutta la nostra salvezza nella mangiatoia di una stalla e non teme le nostre povertà. Lasciamo che la Sua misericordia trasformi le nostre miserie! Ecco che cosa vuol dire che un Figlio è nato per noi!... A Betlemme, che significa "Casa del popolo", Dio sta in una mangiatoia, come a ricordarci che, per vivere, abbiamo bisogno di Lui come del pane da mangiare. Abbiamo bisogno di lasciarci attraversare dal Suo amore gratuito, instancabile, concreto. Quante volte invece, affamati di divertimento, successo e mondanità, alimentiamo la vita con cibi che non sfamano e lasciano il vuoto dentro!...
Ci é stato dato un figlio. Sei Tu, Gesù, il Figlio che mi rende figlio. Tu mi ami come sono, non come mi sogno di essere. Io lo so! Abbracciando Te, Bambino della mangiatoia, riabbraccio la mia vita. Accogliendo Te, Pane di vita, anch'io voglio donare la mia vita. Tu che mi salvi, insegnami a servire. Tu che non mi lasci solo, aiutami a consolare i tuoi fratelli perché, Tu lo sai, da stanotte sono tutti miei fratelli".

Grazie, Santo Padre, le tue parole mi aiutano e consolano anche me: sono davvero parole di vita!
Ho poi cambiato canale televisivo ma non ho cambiato il mio stato d'animo allorché mi sono sintonizzato, tramite Tele Liguria Sud,  con la Cattedrale Cristo Re della Spezia per assistere alla Santa Messa celebrata dal nostro Vescovo, S.E. Mons. Luigi Ernesto Palletti e per ascoltare, come sempre molto profonda, la sua omelia e che di seguito riporto:

"Oggi è nato per noi un salvatore: Cristo Signore. È risuonano questo, nella Liturgia che abbiamo ascoltato, in una profezia lontana nei secoli: l'abbiamo vissuto nella narrazione evangelica. Oggi è nato per noi il Salvatore!
Certo, il Salvatore acquista tutto il suo significato a una condizione: che noi ci rendiamo conto di dover essere salvati.

Lui compie questo, oggettivamente lo compie: il progetto di Dio, in Cristo, si compie nella pienezza. Non ha bisogno del nostro consenso per fare ciò che deve fare, però ha bisogno del nostro "Sì" perché quello che ha fatto, oggettivamente, scenda dentro le nostre vite e le trasformi e allora, veramente, quella luce irradia profondamente ognuno di noi, dona luce nuova, dona vita nuova e ci rendiamo conto di quanto sia importante comprendere che Lui è venuto a salvarci dal peccato.
Il Signore scende dal cielo: Lui, Dio  come il Padre Suo, come lo Spirito, scende e si fa uomo come noi, senza cessare di essere Dio. Unisce in una sola persona, quella del Figlio di Dio, la natura divina che condivide col Padre da tutta l'eternità, generato prima di tutti i secoli - lo diciamo nel Credo - e la natura umana con Maria la quale, invece, viene presa nel contesto della storia, come noi. È concepito nel grembo di Maria, ha bisogno di nove mesi perché questa concezione si sviluppi e possa così giungere il giorno del parto; ha bisogno di anni perché questa umanità cresca - il Vangelo dice - in sapienza, età e grazia, di fronte a Dio e agli uomini e, giunta alla pienezza, però, rivela nella sua fondamentale grandezza, la ragione stessa dell'uomo, quest'uomo pensato da Dio da tutta l'eternità, creato storicamente, quest'uomo che,chiamato ad essere amico di Dio,  di fatto spezza questa alleanza e questa umanità che deriva da questa alleanza spezzata, ne riceve tutto il patrimonio, quel patrimonio che noi chiamiamo "peccato di origine" e che, se pur cancellato poi col Battesimo, lascia però la nostra umanità estremamente fragile. Ecco, il Signore scende e scende per donarci la salvezza, per ricostituire questa umanità in quel dono che Dio l'ha voluta fin dal primo momento e per far sì che questa umanità, addirittura, in Cristo possa partecipare dell'essere figlia di Dio.

È un dono grande questo. Lo possiamo comprendere nella fede. È un dono fondamentale perché dà il senso della nostra esistenza, dà il senso del nostro nascere, come quello del nostro morire. Ci permette di affrontare in modo serio le nostre gioie e di rivedere nella luce, prima del Natale  e poi, in modo particolare, della Pasqua di Resurrezione, anche le nostre sofferenze.
Cristo guarisce l'uomo nella sua profondità però, guarito nella sua profondità, ecco che viene risanato anche in quelle relazioni, in quegli affetti, in quei modi di vivere che quotidianamente ci accomunano, a patto che venga accolto il Cristo, a patto che Lo si riconosca come nostro Salvatore perché solo così la porta del nostro spirito sarà aperta, quella luce potrà entrare e, illuminato, lo spirito, risanato, sarà capace di esprimersi come lo spirito di un figlio di Dio.

Ecco noi questa notte la celebriamo proprio così. Vogliamo, da una parte condividere lo stupore dei pastori, illuminati da una grande luce; oggi poi sentiamo profondamente la necessità di una luce nuova dentro la nostra vita: i fatti della vita, tutti,,non solo questo però, i fatti della vita oggi sono più all'attenzione e ci interpellano ed interpellano l'umanità intera, non solo qualcuno di noi, l'umanità intera, dunque essere colti da quella luce, meravigliati come i pastori, certamente diventa un momento bello della nostra esistenza, ma anche profondamente impegnativo, responsabile.
Dobbiamo essere gioiosi come gli Angeli,  i quali invece guardano dall'alto tutta questa scena, la possono leggere in una visione a noi ancora sconosciuta, ma per loro profondamente più luminosa ancora di quella che possiamo vedere noi e gioiscono cantando: "Gloria a Dio nell'alto dei cieli". Però noi vediamo anche quel silenzio di Maria  e di Giuseppe , i quali certo non si aspettavano forse di dover dare alla luce, in quel luogo, il Signore Gesù.  Ci sono finiti, noi diremmo, per caso. È un censimento che li conduce a Betlemme, ma siccome Dio utilizza tutto nella storia, allora dobbiamo dire che è per provvidenza che sono giunti lì: ecco anche loro in quel silenzio che peraltro li caratterizza: caratterizza Maria fin dal primo momento,  caratterizza Giuseppe nell'accogliere questo mistero, prima nel grembo di Maria e poi, vedendolo con i propri occhi, questo Bambino nato a Betlemme.

Quel silenzio, quella sobrietà, quella essenzialità, quel rispetto e, nello stesso tempo,  quello stupore quando poi alla grotta accederanno vari personaggi: dapprima i pastori, poi la gente, poi i Magi addirittura e Maria non cesserà di stupirsi: il Vangelo dice che "custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore".
Allora il richiamo per noi a vivere questa  verità storica, perché tale è: è una verità storica la nascita di Gesù.

Nella fede Lo riconosciamo come Figlio di Dio e, per fare questo, abbiamo bisogno della luce della fede, ma nella storia questo Bambino è nato lì, ha segnato il passo dell'umanità, è stato rifiutato o accolto,ma di fatto non ha potuto lasciare indifferente nessuno e tutt'oggi è così. Ecco, di fronte a questa scena, siamo allora richiamati ad accoglierLo e, nello stesso tempo,  a lasciarci coinvolgere, perché lì abbiamo le relazioni più intime, più belle.
Abbiamo anche gli interrogativi più grandi, se vogliamo: non i dubbi, che sono un'altra cosa, gli interrogativi. Maria si interroga, Maria non dubita, non dubita in ciò che Le viene detto e si interroga. Crede in ciò che Le viene detto e non ha ancora capito fino in fondo e allora cerca di approfondirlo, di andare oltre, di custodirlo, di meritarlo, di coglierne l'essenza  e questo diventa adorazione, adorazione del Figlio di Dio che nasce per noi, adorazione dei Figlio di Dio che si dona a noi.

AccogliamoLo così, facciamo sì che il nostro Natale sia veramente un Natale profondo,di fede e di serenità, un Natale che riscopre i valori più grandi, quelli che provengono dal cuore del Padre e che si manifestano nel cuore degli uomini, un Natale che ci richiama alla salvezza e ci fa consapevoli del dover portare, anche noi, salvezza ai nostri fratelli".



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