(Dal
Vangelo della domenica XX del tempo ordinario )
“Gesù disse ai suoi discepoli:
sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei fosse già acceso! Ho un
battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia
compiuto! Pensate che io sia venuto a
portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in
una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro
tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro
figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera.” (Lc,
12, 49-53) Ovviamente il suo è il fuoco dell’amore, della misericordia, del
dono di una finalità e di un valore nuovi all’esistenza dell’intera umanità.
Invece…persino le famiglie e i parenti più stretti, legati da legami di sangue,
si divideranno e si daranno battaglia. Figuriamoci gli altri! Per questo il
battesimo di sangue (la croce) “nel quale sarò battezzato” lo angoscia non poco
“finché tutto non sia compiuto!” Per un
attimo ho temuto che mettesse in dubbio l’utilità e l’indispensabilità della
sua opera salvifica per l’accoglienza, pur con felici eccezioni, contraddittoria,
scostante, di comodo e tiepida che nei secoli ne ha fatto e ne farà l’uomo.
Rimanendo all’interno della comunità cristiana, le incomprensioni, le
divisioni, gli atteggiamenti contrastanti si sono manifestati subito dopo la
sua morte e resurrezione nell’interpretare e sul modo di diffondere i suoi
insegnamenti. La posizione di Paolo, ex rabbino, contro coloro che sostengono
la necessità della circoncisione prima di accedere al battesimo come se il
cristianesimo fosse, e dovesse rimanere, una costola dell’ebraismo, anziché
l’alternativa ( Gesù è il Messia dell’intera famiglia umana che, invece,
l’ebreo attende ancora, ma solo per il suo popolo ) sfocia nel cosidetto Concilio di Gerusalemme (
49 – 50 d.C. ) dove con fatica riesce a prevalere l’universalità del messaggio
di Gesù e della Chiesa nascente, oltre alla centralità del sacramento del Battesimo
quale unico strumento per fare la professione di fede senza passaggi intermedi.
Basta scorrere il numero e la storia dei Concili ecumenici e locali per farsi
un’idea di quante sono state le devianze dall’ortodossia e quante ne
riserveranno i secoli a venire. Le dispute teologiche sulla Trinità e quelle
cristologiche sulla persona di Gesù, che portano a macroscopiche eresie come
quelle di Montano, Ario, Nestorio, Eutiche, o al modalismo trinitario e al
sabellianesimo (per citarne alcune), sfociano in divisioni traumatiche ancora non
ricucite. E parliamo di cose avvenute nei primi quattro secoli. Il Concilio di
Calcedonia del 451 ha il triste primato di aver codificato e certificato,
soprattutto nel Medioriente, le divisioni scismatiche con il sostanziarsi di
nuove Chiese autonome che non hanno cercato e, spesso, si negano al dialogo,
prediligendo un anacronistico isolamento. La Chiesa latina, a parte la rottura
con il Patriarcato di Costantinopoli per
ragioni di supremazia camuffate dietro
il famoso Filioque, riesce a rimanere abbastanza coesa fino al terremoto innescato
da Lutero con non poche motivazioni e da Calvino nel 1500 per responsabilità plurime che si possono
riassumere così: da secoli la Chiesa è vittima permanente di scontri interni ed
esterni, perché è considerata un ambitissimo centro di potere
politico-religioso da utilizzare per soddisfare le smodate ambizioni e i tornaconti personali e familiari dell’alta
nobiltà feudale e post feudale ( es. il nepotismo papale senza freni, la ricerca di denaro con ogni mezzo e, non
ultimo, il dilagante lassismo dei costumi ). In Occidente e in America, la
netta frattura con Lutero, che all’inizio forse si sarebbe potuta evitare se la
gerarchia romana avesse preso in seria considerazione le sue critiche, non teologiche,
venute dopo, ma sui comportamenti troppo disinvolti e poco evangelici
(eufemismi !!) e non con superficialità definirlo “cinghialotto nella vigna del
Signore,” ha comportato il via ad almeno duecento confessioni. Non va
dimenticato che Lutero era un teologo agostiniano molto preparato e rigido
osservatore della regola del suo Ordine. Anche nei tempi odierni, nonostante il
Concilio Vaticano II ( o forse proprio a causa delle sue aperture ) e Papi di
grande levatura teologica e spirituale, oltre che gestionale, la Chiesa di Roma
non vive un periodo di serenità evangelica. Il documentato articolo del prof.
Egidio Banti, del Sentiero di agosto-settembre, sul Sinodo per l’Amazzonia, ne
offre un chiarissimo ed esplicito esempio. Le due lettere dell’arcivescovo
Viganò, ex nunzio negli Usa, dove si chiedono le dimissioni di papa Francesco,
sono uno segnale pericoloso che indica come il dissenso e la spinta conservatrice
(da non confondere con il concetto di Tradizione elemento di grande valore per
la Chiesa nel suo secolare cammino) e immobilista sia vasto e potente. Durante
il rientro (9/9/ ‘19) dal suo viaggio in Africa papa Francesco sull’aereo ha
confessato ai giornalisti: Spero che non ci sia uno scisma con i conservatori
americani. Si vuole una Chiesa chiusa in una torre d’avorio per gestire al
meglio la sua immagine che è anche grande potere. L’eccessiva attenzione alle “periferie”
e allo “scarto” (es. il viaggio nell’Africa più povera di papa Francesco) si
teme che possa cambiare il volto della Chiesa riportandola al suo ruolo
primigenio, dove i primi saranno gli ultimi e gli ultimi i primi (es. la
parabola graffiante della impropria occupazione da parte degl’invitati dei
primi posti a tavola). Gesù quando pronunciava quelle profetiche parole di
inizio pagina sapeva quanto il cammino della sua Chiesa universale sarebbe
stato travagliato a causa dei tanti variegati, mimetizzati e camaleonteschi Giuda,
che avrebbe incontrato nel suo procedere terreno e continuerà ad incontrare
fino alla fine dei tempi. Non dimentichiamo un’altra pungente graffiatura di
Gesù indirizzata ai farisei di ogni tempo: ciò che esce dall’uomo è impuro, non
ciò che vi entra.