Papa Francesco ha effettuato
nella prima decade di settembre un viaggio pastorale nell’Africa meridionale
visitando due dei paesi tra i più poveri in assoluto, il Mozambico e l’isola di
Madagascar. Nel suo viaggio di ritorno a Roma ha dialogato per più di un’ora
con i giornalisti presenti sull’aereo, rispondendo a tante domande, anche insidiose,
con la schiettezza che lo contraddistingue. Di particolare importanza è quella
riportata qui di seguito, perché chiarisce una spiacevole realtà nella Chiesa:
coloro che si ritengono sempre nel giusto e testardamente infallibili. Il Papa
dice che costoro hanno sempre un problema interiore e vanno aiutati.
DOMANDA DEL GIORNALISTA: Verso di lei ci sono forti critiche e persino alcuni
suoi amici più stretti hanno parlato di un complotto contro di lei. C’è
qualcosa che questi critici non capiscono del suo pontificato, o c’è qualcosa
che lei ha imparato dalle critiche? Un’altra cosa: lei ha paura di uno scisma
nella Chiesa americana, e se sì, c’è qualcosa che potrebbe fare?
RISPOSTA di PAPA FRANCESCO: “Le critiche aiutano e quando uno riceve una
critica, subito deve fare autocritica. Io sempre delle critiche vedo i
vantaggi. Delle volte ti arrabbi, ma i vantaggi ci sono. Poi nel viaggio di
andata a Maputo, è venuto uno di voi a darmi un libro: “Come gli americani vogliono cambiare il Papa”. Io sapevo del libro,
ma non lo avevo letto. Le critiche non sono soltanto degli americani, ma un po’
dappertutto, anche in curia. A me
piace quando si ha l’onestà di dirle. Non mi piace quando le critiche stanno
sotto il tavolo, magari ti sorridono con tutti i denti e poi ti pugnalano alle
spalle. La critica è un elemento di costruzione e può avviare un dialogo. Invece
la critica delle pillole di arsenico è un po’ buttare la pietra e nascondere la
mano. Se faccio la critica e aspetto la risposta, vado dal Papa e parlo e
scrivo un articolo e gli chiedo di rispondere, questo è leale, questo è amare
la Chiesa. Fare una critica senza voler sentire la risposta e senza fare il
dialogo è non volere bene alla Chiesa, è andare dietro ad una idea fissa.
Sempre una critica leale è ben ricevuta, almeno da me.
Quanto allo scisma, nella Chiesa ce ne sono stati tanti. Dopo il Vaticano I, i
vescovi cosidetti vetero-cattolici se ne sono andati a causa dell’ultima
votazione sull’infallibilità. Dicevano di voler essere fedeli alla tradizione
della Chiesa e adesso fanno l’ordinazione delle donne. Dopo il Vaticano II c’è
stato lo scisma di Lefebre. Sempre c’è
l’azione scismatica nella Chiesa. E’ una delle azioni che il Signore lascia
alla libertà umana. Ma io non ho paura degli scismi, prego perché non ce ne
siano, che ci sia il dialogo, che ci sia la correzione se c’è qualche sbaglio,
ma il cammino nello scisma non è cristiano. Poi mi viene da pensare: è il
popolo di Dio a salvare dagli scismi, perché gli scismatici sempre hanno una
cosa in comune, si staccano dal popolo e dalla fede del popolo di Dio. Il
popolo di Dio sempre aggiusta e aiuta.
Uno scisma è sempre uno stato elitario, ideologia staccata dalla dottrina. Per
questo io prego che non ci siano scismi. Ma non ho paura. Io rispondo alle
critiche. Ad esempio le cose sociali che dico sono le stesse che ha detto
Giovanni Paolo II, io copio lui. Oppure, la primazia di una morale asettica
sulla morale del popolo di Dio, la morale dell’ideologia, per così dire
pelagiana, che ti porta alla rigidità. Oggi abbiamo tante scuole di rigidità
della la Chiesa, che non sono scisma, ma sono vie cristiane pseudo-scismatiche
che finiranno male. Quando vedrete cristiani, vescovi e sacerdoti rigidi,
dietro di quelli ci sono dei problemi, non c’è la “sanità” del Vangelo. Per
questo dobbiamo essere miti con le persone che sono tentate da questi attacchi,
perché hanno un problema e dobbiamo accompagnarle con mitezza. “
(da AVVENIRE del 10/09/ ’19
)
LA REDAZIONE