Domenica
26 maggio 2019 - Oggi la parrocchia di Isola festeggia una
grande ricorrenza: Maria Ausiliatrice. I festeggiamenti sono iniziati ieri sera
col canto dei Vespri e la tradizionale processione per le strade di Isola. Oggi
la Chiesa è davvero stracolma di fedeli, essendo questa una festa molto
sentita, insieme a quella di S.Giovanni Bosco. Non per niente le due feste sono
accomunate da un forte legame.
La festa di "Maria aiuto dei cristiani" venne istituita da Pio VII il
15 settembre 1815 e fissata il 24 maggio in ricordo del suo rientro a Roma (24
maggio 1814) dopo la prigionia sotto Napoleone a Fontainebleau.
La devozione dei fedeli di Isola a Maria Ausiliatrice ed a S.Giovanni Bosco ha
una fondata motivazione: la propagazione della devozione a Maria Ausiliatrice è
da attribuire proprio a S. Giovanni Bosco che La scelse come patrona della
Famiglia Salesiana e delle Sue opere e non per niente nel 1862 nel rione
Valdocco di Torino iniziò l'edificazione di una basilica dedicata alla
Ausiliatrice, consacrata il 27 ottobre 1868 ed inoltre Don Bosco intitolò a
Maria Ausiliatrice la "congregazione" di suore da Lui fondata insieme
con Maria Domenica Mazzarello.
Forte di questa devozione a S.Giovanni Bosco ed a Maria Ausiliatrice, partecipo
alla S. Messa con una certa commozione. La Chiesa è gremita di fedeli ed il
coro, diretto da Nicoletta, è presente al completo. Bellissimi i canti e la S.
Messa "De Angelis" eseguiti con una grande commozione.
Veramente profonda l'omelia di Don Carlo che ricorda l'opera instancabile di
Don Felice Viani nel volere questa casa di Dio sul finire del periodo bellico.
Don Felice era dotato di una profonda spiritualità: questo uomo che alcuni di
noi hanno conosciuto e lo ricordano con profonda tenerezza. "Il grave
pericolo di quell'epoca, che potremmo anche definire grande pericolo di oggi -
continua Don Carlo - è quello di dimenticare che noi siamo cittadini del Cielo.
Potremmo dire, in maniera più semplice, che noi siamo figli di Dio: dare un
senso alla nostra vita e se siamo figli, dice S. Paolo, siamo eredi, ma
doppiamente figli perché Gesù Cristo ha dato la vita per noi. E mi viene in
mente una lettera bellissima di cui ora non ricordo la data precisa, sempre di
Mons. Felice Viani, forse del 44-45 o la guerra era appena finita e lui era
ospite, nel senso vero del termine, di un grande ospedale di Taranto. L'ho
riletta in queste sere e mi ha colpito ancora di più perché metteva in luce una
cosa importante. Volendo forse far conoscere quel tempo, descriveva quello che
era custodito in quel grande ospedale e lo diceva con parole molto intelligenti
ma molto semplici. Molti giovani avevano perso, chi un occhio, chi tutti e due,
chi la gamba, chi le mani, chi la vita e scriveva con profonda emozione,
dicendo al mondo di quell'epoca: "Ditelo alla gente" e sottolineava
il fatto che, forse era vero e la storia un po' ce lo insegna, che per
intorbidire un po' le coscienze, le intelligenze, ci sono troppe feste. Mi
capite cosa voglio dire, senza entrare nei particolari. La festa è bella, è
giusta, se è vissuta in comunione.
Bisogna viverla in uno spirito di profonda verità. Ecco, pensare veramente che
il dono della fede è questo ospite che si pone di fronte alla sofferenza.
Ebbene, Maria Ausiliatrice e S. Giovanni Bosco sono entrambi esempi di una
delicatezza infinita, di una maternità che ti ama come la tua mamma, ma ancora
di più. Questa è una frase molto bella, ma va spiegata. È chiaro che io non
posso dire a te bambino o dire a me stesso: “Devi amare di più Maria perché ti
ama più di tua madre". Non è una bestemmia perché non solo mi ama di più
di mia madre, ma ama anche mia madre nello stesso modo ed è un amore talmente
infinito, che ti trasforma, capisce quello che al tuo cuore va dato, perché
questa Madre Ausiliatrice, Maria, è stata capace di essere attenta alla storia
della nostra vita, da sempre, da quando è stata messa qui. Dico quell'immagine
lì, molto bella, che forse è stata la prima, comprata penso proprio da Mons.
Felice Viani. Penso che sia questa la prima: l'immagine di una vera tenerezza,
non solo perché è mamma, ma perché tiene fra le braccia il frutto del Suo
amore, come se ce Lo volesse donare. È bella la maternità e noi siamo figli: è
la cosa più bella! Allora da una parte ce Lo dona, ma dall'altra Si deve anche
difendere con la nostra testimonianza cristiana. E allora è molto bello che la
Chiesa, in questa sesta domenica, ci lasci uno degli insegnamenti più grandi e
più belli, con Maria Ausiliatrice e S. Giovanni Bosco che su Maria ha fondato
la Sua storia, la Sua vita. Gesù è portatore di pace vera: non come quella che
dà il mondo. E Lui ce lo dice chiaramente: si è pacificatori quando si dona
qualcosa: questo vale per l'amore, vale per la pace, vale per ogni gesto. Ma
allora che pace dai Tu? Una pace infinita, gratis: abbracciare l'umanità
attraverso quello che è il gesto d'amore. E allora mi viene in mente proprio
Mons. Viani che diceva:"Io sono qui ed è molto bello, accanto ad un
giovane che ha perso tutto. Forse non troverà, quando tornerà a casa, neanche
la sua famiglia e forse non potrà più camminare, però con la certezza che la
fede è un grande dono, un anticipo di quello che è il Paradiso.
Allora noi siamo qui a ringraziare Mons. Felice Viani, a ringraziare tutti i
sacerdoti che sono passati, uno per tutti Don Tito Bassi, in questa Chiesa e
che hanno portato avanti in questa solennità questo fondamento. Io lo dico a
voi, ma lo dico anche a me stesso: non c'è cosa più bella, in una famiglia,
della maternità: maternità e paternità. Sono le cose più belle e speriamo che
non finiscano mai. Ne siamo certi: non finiranno mai! Però siamo chiamati anche
noi a saperle difendere con la nostra preghiera e con la nostra vita."
Venerdi 31 maggio - In occasione della
chiusura del mese Mariano, il diacono Agostino mi prega di partecipare alla
celebrazione della S. Messa delle ore 18, nella Chiesa dell'Annunziata e,
senza esitazione, accolgo con entusiasmo
questo invito, insieme all'amico Federico che, come sempre, rappresenta il
punto di forza nei canti che eseguiamo ed in particolare nel canto della Messa
"De Angelis".
La chiesa è davvero gremita di fedeli, corsi dalle varie parrocchie. Celebra la
S. Messa il Canonico Don Romano che ci onora sempre della sua preziosa presenza
e che ci incanta con le sue profonde omelie.
Al termine, il diacono
Agostino rivolge un commosso saluto a tutti i presenti, dando loro appuntamento
in occasione della S. Messa delle ore 18 che verrà celebrata il 28 Giugno per
la festività del Sacro Cuore di Gesù.
Quindi sono corso ad Ortonovo per partecipare alle funzioni di chiusura del
mese Mariano.
Alle ore 21, in perfetto orario, si muove la processione dei fedeli che da S.
Lorenzo raggiungono il Santuario, recitando il S. Rosario.
Quindi inizia la S. Messa solenne che vede la partecipazione di tutti i parroci
e diaconi del Vicariato, con
l'esecuzione di una bellissima Messa "De Angelis" e tanti
meravigliosi inni Mariani, eseguiti dal coro diretto dal Maestro Renato
Bruschi.
La S. Messa è celebrata dal Vicario Generale, Mons. Enrico Nuti che ci incanta
con la sua profonda omelia della quale, per ragioni di spazio, riporto solo la
prima parte: "...L'incontro di Maria con la cugina Elisabetta è un brano
che la liturgia ci ripete, che la pietà Mariana ovviamente custodisce come un
punto di particolare importanza. Ma per noi, questa sera, è bello soffermarci
su di esso e cercare di rappresentarcelo con tutta la vivezza di cui siamo
capaci. Perché in quei corpi che si incontrano c'è una manifestazione dello
Spirito tutta particolare. E i corpi non sono un ostacolo a che gli spiriti si
riconoscano.
Intanto perché Maria va a trovare la cugina Elisabetta in quanto l'Angelo, al
momento del concepimento del Signore Gesù, con il "Sia" che Maria
appunto manifesta: "Si faccia di Me secondo la Tua parola", ecco che
l'Angelo aveva segnalato, per dare buone ragioni all'invito del Signore, che la
cugina Elisabetta, sebbene avanti negli
anni e sterile, avrebbe concepito un figlio. Maria dunque va, mossa dalla
fiducia su quella Parola che, attraverso l'Angelo, Le arriva da Dio: doveva
essere una parola ascoltata perché avrebbe portato qualcosa, Le avrebbe dato
qualcosa anche se ancora non poteva minimamente immaginare e certamente Maria
va perché vuole bene alla cugina Elisabetta, la vuole aiutare in quella
gravidanza in età così avanzata, con tutte le fatiche che questo poteva
comportare.
Ed ecco che quando si avvicinano, i primi a riconoscersi sono proprio i bambini
che portano nel grembo, che sussultano, sussultano nel riconoscersi pur non
potendosi ancora vedere, essendo ancora custoditi dal seno delle madri.
Guardate la potenza che può la carne quando è mossa dallo Spirito! Guardate
qual'è la concretezza della vita cristiana che non insegna delle idee, ma vive
in pienezza la nostra umanità e qui prevalentemente siete donne e meglio di noi
uomini potete intendere che cosa voglia dire appunto che due madri si
incontrino e i figli possano riconoscersi attraverso tutto l'essere e
quell'essere possa essere segnato dalla presenza dello Spirito perché appunto
non c'è ostacolo per chi in verità ricerca la volontà del Signore, a chi in
verità vuole corrispondere al disegno di amore. Se ricordate l'inizio della
prima Lettura che viene dalla Lettera che San Paolo scrive alla comunità di
Roma, le prime affermazioni sono: "La vostra carità non abbia
finzione" e lì non c'è finzione, in quelle donne che vivono un momento
straordinario: da una parte il concepimento verginale di Maria e dall'altra
parte una sterilità prolungata che invece giunge ad una fecondità inaspettata.
C'è appunto una volontà di Dio che vuole comunicarSi e lì c'è appunto l'inizio della salvezza e
Giovanni, nel seno della madre, riconosce Colui che dovrà annunciare e per il
Quale dovrà preparare la via al Signore da parte del popolo di Israele. Quindi
un incontro così grande, un incontro che attraversa tutta la nostra umanità e,
se certo quell'incontro di Maria con Elisabetta e di Giovanni con Gesù è un
fatto del tutto eccezionale, unico ed irripetibile, non vuol dire che anche noi
non dobbiamo amare e non dobbiamo credere se non proprio attraverso tutta la
nostra umanità. E questa è stata la fatica per tutte le generazioni cristiane.
Pensare che in questa nostra carne così fragile, malata, debole, che oggi
c'è domani può non esserci, in una
maniera inaspettata o quant'altro, possa passare l'azione di Dio: è per noi
inconcepibile, tanto che di fronte a questa difficoltà ecco che ci inventiamo tutte le finzioni
possibili. Cerchiamo di addomesticare le situazioni perché ci fa fatica a
metterle in pratica secondo la logica del Vangelo, in questo dono totale, un
dono per giunta rischioso. Sappiamo che Maria ha accettato di concepire,
addirittura rischiando la morte. Poteva essere lapidata come adultera! Questa
donna anziana, la cugina Elisabetta, mette a repentaglio la vita eppure entrambe
hanno accettato questo, correndo il rischio......."
Sabato
1 giugno -
Alle 6,50 i due pulmini iniziano il percorso che porterà
i fedeli del Vicariato di Luni a partecipare al Pellegrinaggio Mariano mensile,
presieduto dal Vescovo, S.E. Mons. Luigi Ernesto Palletti e che ha come meta il
Santuario di N.S. delle Grazie, in località Le Grazie. Il luogo del ritrovo è a
circa 500 metri dal Santuario ed il Pellegrinaggio è aperto dal Vescovo con la
seguente esortazione: "Carissimi, viviamo il nostro momento del
pellegrinaggio alla vigilia della Solennità dell'Ascensione, dove ci viene
detto qual è il nostro traguardo e la speranza che anima la Chiesa e il singolo
cristiano: raggiungere il suo capo nella gloria. La certezza di questo nostro
fine comporta vivere il quotidiano in modo più impegnato nella carità e nella
testimonianza del Vangelo. Nella misura in cui abbiamo chiaro al nostro cuore e
alla nostra mente il nostro fine c'è da parte nostra un modo nuovo di stare
nella realtà. I grandi santi che hanno cambiato il volto del loro tempo avevano
chiaro che il fine dell'uomo è quello di partecipare con tutto il proprio
essere alla gloria del cielo. Il popolo cristiano ha il compito di annunciare
al mondo il Vangelo e rendere presente la persona del Signore attraverso la
comunione vissuta, così che ogni comunità cristiana diventi un già e non ancora
segno di quel futuro stupendo, così da far sorgere la nostalgia in ogni cuore.
Chiediamo a Maria questo, assieme a buone vocazioni e santi pastori perché siano
il segno di un già e non ancora. Andiamo in pace".
Quindi parte la processione
dei fedeli che recitano il S. Rosario, intervallato dal canto "Mira il tuo
popolo".
Raggiunto il Santuario, il
Vescovo celebra una solenne S. Messa, arricchita da bellissimi inni sacri.
Molto profonda, come sempre, è la sua omelia che di seguito riporto:
"Anche oggi ci troviamo qui, ai piedi della Vergine Maria. Il nostro
cammino continua, continua ovviamente per chiedere al Signore sante vocazioni
al sacerdozio, ma continua anche perché la nostra vita deve fortificarsi,
momento per momento, nella luce della grazia di Dio.
Abbiamo sentito il Vangelo di Giovanni: Gesù che dice: "Io sono venuto
dopo il Padre" ed è su di Lui che noi dobbiamo porgere lo sguardo oggi.
Lui è l'unico che possa parlarci del Padre che è nei cieli. Giovanni lo dice in
modo chiaro nel suo Vangelo: Dio nessuno L'ha mai visto, il Padre nessuno L'ha
mai visto, solo il Figlio che è nel seno del Padre, Lui ce L'ha rivelato.
Allora questa attenzione al Signore Gesù che ci parla in verità del Padre ed è
l'unico che ci può parlare del mistero profondo di Dio, un mistero che già con
la intelligenza umana l'uomo aveva cercato di cogliere attraverso le Sue opere,
attraverso le perfezioni, attraverso il creato, ponendosi anche degli
interrogativi: "Perché il male in questo progetto di Dio, così bello e
così grande?" Dovendo fare delle constatazioni, il cuore dell'uomo è fatto
per glorificare ed adorare Dio e spesso si trova invece impastato nel peccato.
Però c'è anche una ragione: l'uomo aveva iniziato a fare un suo cammino, un
cammino che però è sproporzionato rispetto al mistero di Dio: Dio è l'infinito
e noi siamo finiti ma, grazie al cielo, il Padre che Si rivelerà proprio nel
Signore Gesù ha su di noi un progetto di amore. Ci ha mandato Suo Figlio, per
rivelarci realmente la Sua verità. Innanzitutto per rivelarci che Dio è un
mistero di comunione: Padre, Figlio e Spirito Santo; per rivelarci che il cuore
del Padre conserva un mistero di redenzione: il Figlio che si fa uomo, muore e
risorge, per noi, per rivelarci l'amore del Padre, l'amore di Dio che ama le
Sue creature, ma ancor di più ama quelle creature che ha voluto fare ad
immagine e somiglianza e per le quali lo
stesso Figlio di Dio, che è Dio, ha voluto assumere l'umanità. Allora ci
troviamo di fronte al mistero dell'amore di Dio, ma non di un amore fatto a
parole, non di un amore inventato da una qualche filosofia umana, ma ad un
amore rivelato dal Signore Gesù che è il Figlio del Padre che è nei cieli.
Ecco, allora, quanto è importante questo "Vado, vengo..": è
fondamentale perché veramente nessuno ci può parlare di quel mistero se non
Colui che proviene dal cuore di quel mistero e questo è solo il Figlio di Dio.
Allora, guardando il Signore Gesù noi troviamo la verità, la verità del senso
profondo della nostra vita, la verità del perché siamo stati creati, perché
siamo stati redenti, la verità del saperci amati da Dio , la verità della nostra vita, la verità
della vita eterna, la verità del nostro impegno non solo nella salvezza
personale ma nella salvezza dei nostri fratelli, la verità in una relazione
nuova che siamo invitati a vivere con Dio, nell'azione col Signore Gesù che
riconosciamo Signore e dunque riconosciamo come nostro unico Salvatore: la
relazione che attraverso il Signore Gesù possiamo avere col Padre che è nei
cieli. Il Signore ci insegna proprio a dire: "Padre nostro", ad
entrare nella comunione particolare con Lui, in relazione col Signore Gesù, col
Padre che è nei cieli, che ci manda nuovo Spirito, quello Spirito che rimane in
noi, ci conduce alla verità tutta intera; ci permette di dire: "Gesù è il
Signore", ci permette di dire: "Abbà, Padre", ci permette di
essere veramente figli di Dio: quello Spirito che ha reso grande il grembo
della Vergine Maria, che ha permesso a Lei di essere la Madre del Salvatore.
Ecco, noi oggi questo lo vogliamo fare insieme, lo vogliamo dire insieme, lo
vogliamo credere insieme, ma soprattutto vogliamo impegnarci insieme a non
distogliere mai lo sguardo dal Signore Gesù, unico Redentore dell'uomo. E
allora chiediamo alla Vergine Maria di essere forti in questa testimonianza e
di saper elevare una preghiera umile, ma altrettanto efficace, perché il Padre
che è nei cieli mandi a noi sante vocazioni sacerdotali per la Sua vigna. Lo
chiediamo e lo offriamo così al Signore, come dono dello Spirito
invocato".