N° 3 - Marzo 2019
I VANGELI DEL MESE DI MARZO
di Claudia Pugnana

                             I VANGELI DEL MESE DI MARZO

3.03.2019 - VIII Dom. T.O. Anno C - Lc 6,39-45

Nel Vangelo di oggi Gesù continua a parlare delle caratteristiche che devono distinguere i suoi discepoli inviati a evangelizzare le genti. I suoi discepoli devono essere sapienti: devono conoscere la strada sulla quale sono incaricati di condurre i “ciechi”, quelle persone che, non conoscendo la vera Via, rischiano di perdersi o di cadere. Il discepolo non sarà più importante del suo Maestro ma, se avrà imparato bene, potrà fare bene come il Maestro stesso. Gesù ammonisce i suoi seguaci ad essere irreprensibili, a non avere “travi negli occhi”, per poter correggere correttamente chi ha un problema, anche piccolo, come una “pagliuzza nell’occhio”. Con questa similitudine Gesù condanna l’ipocrisia di chi, avendo un ruolo di potere si sente inattaccabile dall’errore, e, non facendo mai autocritica, giudica gli altri con superiorità.Gesù istruisce i suoi con altre similitudini, secondo lo stile semitico del parallelismo.Gli esempi sono gli alberi che danno frutti buoni e gli alberi infruttuosi, il cuore che ha un buon tesoro e il cuore del malvagio che ha un tesoro cattivo.Chi si impegna concretamente produce buoni frutti visibili che sono il segno di una partecipazione interiore sincera, non limitata soltanto alle parole. Il vero discepolo di Gesù  … “quello che ha imparato… dice e quello che dice… fa”!

10.03.2019 - I° Dom di Quaresima Anno C - Lc 4,1-13

 Il brano di oggi ci presenta il tempo di purificazione di 40 giorni che Gesù passò nel deserto prima di iniziare la sua vita pubblica ( i tre anni nei quali compì la sua missione terrena di Maestro e Salvatore). Il racconto, in cui ognuno di noi può leggere le proprie tentazioni, si divide in tre tempi, ognuno dei quali è introdotto dal verbo “condurre”e si chiude con la frase di Gesù “Sta scritto:…”  Il verbo “condurre” sottintende la fragilità della natura umana, soggetta alla tentazione. Per orientarci nella tentazione e per superarla Gesù  ci invita a riferirci alla parola di Dio, nella quale Dio ha delineato il programma di vita  e di salvezza per ogni uomo ( “Sta scritto:….”).La tentazione è il dubbio che viviamo nel momento in cui dobbiamo scegliere tra i nostri bisogni, materiali o spirituali che siano, e il nostro Bene. L’uomo è stato creato libero da Dio e il discernimento ( il scegliere tra un’azione o un’altra) non è facile, se non ci riferiamo costantemente al nostro “Manuale di vita”che è la Sacra Scrittura, la Parola di Dio. Gesù stava digiunando, privandosi del sostentamento materiale del suo corpo, per esercitare la forza di volontà, che gli sarebbe stata necessaria per affrontare la Missione che il Padre gli ha affidato. Non trasforma la pietra in pane, come avrebbe potuto fare, perché vuole fortificare la sua umanità, per renderla capace di affrontare le prove a cui sarebbe stato sottoposto.     Satana, il principe di questo mondo, gli offre la potenza e la gloria che ora detiene, in cambio di un atto di adorazione: Gesù afferma che solo Dio è degno di adorazione e dispensatore dei beni utili all’uomo. Ancora Satana, portato Gesù a Gerusalemme( il luogo dove si compirà la missione del Cristo, con la Sua morte e la Sua resurrezione) sul pinnacolo del tempio, gli suggerisce di gettarsi nel vuoto perché Dio interverrà affinché non gli accada nulla di male. Alle citazioni bibliche con le quali Satana tenta di convincerlo, Gesù risponde con la breve citazione : “ Non tenterai il Signore tuo Dio”!  Gesù non è un Messia del “sorprendente”, che manifesta il potere nel soddisfare i bisogni materiali quando non sono necessari, che ama palesare la sua potenza sulla natura e sulle cose, che si diverte a stupire gli uomini con “effetti speciali”… Gesù è Dio che si incarna per aiutare l’uomo a raggiungere la felicità, quella vera … per la quale ognuno di noi è stato creato.  

17.03.2019 - II° Dom di Quaresima Anno C - Lc 9,28-36

L’evangelista Luca ci presenta oggi l’esperienza fatta da Pietro, Giovanni e Giacomo che hanno vissuto  “in anteprima”la bellezza del Regno di Dio. Il fatto si svolge su un monte, luogo che nella Bibbia è la scena nella quale Dio si incontra con l’uomo: Abramo sale sul monte Moria per compiere il sacrificio del figlio Isacco, Mosè sale sul monte Sinai per parlare con Dio e riceve i Dieci Comandamenti. Gesù nei suoi tre anni di predicazione spesso sale su un monte (nel momento delle tentazioni, per proclamare il “Discorso della montagna” o “delle Beatitudini”, il giorno dell’Ascensione e il giorno della Trasfigurazione …).  Nel IV secolo San Girolamo scrive di una tradizione che identifica il luogo della Trasfigurazione con il monte Tabor, un colle della Galilea alto circa 400 metri, mentre altri esegeti propongono invece il monte Hermon, alto quasi 3000 metri e più indicato, secondo loro, per andarvi a pregare” in disparte”. La preghiera trasforma Gesù: lo cambia nell’aspetto fisico e ciò che lo tocca ( la veste ) diventa candido e sfolgorante. La Sua preghiera si trasforma  poi in un dialogo con due persone, apparse nella loro gloria, che sono riconosciute come il profeta Elia e  il profeta Mosè. L’argomento della loro conversazione è “ l’esodo” di Gesù che può indicare o la “morte”, come nel libro della Sapienza 3,2, o un” passaggio nella gloria”, “un’assunzione dal mondo”, come in   Lc 9,51. Elia e Mosè sembrano ufficializzare con la loro autorità quello che Gesù aveva rivelato ai discepoli “circa otto giorni prima”, quando aveva parlato della Sua Passione, Morte e Resurrezione. Pietro e gli altri due discepoli vengono descritti come insonnoliti e confusi. Pietro “non sapeva quello che diceva” … infatti avrebbe voluto rendere ”normale” una situazione soprannaturale, costruendo delle mondanissime tende per Gesù e i due Profeti. I discepoli  sono testimoni oculari di questa anticipazione del Regno che viene arricchita da un’ulteriore teofania (= manifestazione di Dio) che si presenta come una nube che li avvolge. La voce del Padre invita ad ascoltare il  Suo Figlio preferito … invita i discepoli e invita noi, in questo inizio di Quaresima, a prepararci adeguatamente per poter godere della Resurrezione. 

24.03.2019 - III° Dom di Quaresima Anno C - Lc 13,1-9

Il brano del Vangelo di questa domenica presenta Gesù che prende lo spunto da due fatti di cronaca che erano accaduti in Israele in quel periodo per invitare la folla che lo ascoltava a convertirsi. Il primo avvenimento era stata una repressione con morti e feriti operata dal governatore romano Pilato contro alcuni ribelli e l’altro fatto era stato il crollo di una torre nel quartiere “Siloe” di Gerusalemme che aveva causato diciotto vittime. Secondo la mentalità ebraica il peccato veniva retribuito con un castigo per cui gli uditori di Gesù vedevano in questi sanguinosi eventi la punizione divina  per i peccatori e l’esserne esclusi li rassicurava sulla bontà del loro comportamento. Gesù respinge questa lettura semplicistica della vita e ammonisce tutti alla conversione.Che cosa significa convertirsi? “Cambiare”, ”voltare le spalle alla direzione del proprio cammino”… e per fare questo è necessario far conciliare due aspetti dell’uomo che sono la razionalità e la passionalità. Il filosofo Platone, vissuto più di trecento anni prima di Cristo, paragonava questi due aspetti dell’uomo a due cavalli, uno bianco e uno nero che tiravano in due diverse direzioni. Credeva necessario un auriga, un cavaliere, che li tenesse a bada entrambi e mettesse ordine nel disordine … Per il Cristiano questo auriga è lo Spirito Santo che permette, con i suoi doni, di superare le incertezze della razionalità e le insicurezze della passionalità. I versetti 7-9 sono crudi ma necessari:  Dio vuole che ognuno di noi dia frutto, ci affida al vignaiolo ( = il sacerdote) che ci cura, ci nutre e ha fiducia nelle nostre potenzialità …. ma, se  proprio non ci interessa collaborare, il padrone della vigna, così come ci ha piantati ha il diritto di reciderci … E’ una prospettiva del Vangelo, anche se non è quella dominante.

31.03.2019 - IV°Dom di Quaresima(Laetare) Anno C - Lc 15,1-3.11-32

Il capitolo 15 inizia con la frase “Si avvicinavano a Lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo ” … e ovviamente ciò suscitava il mormorio dei “benpensanti”. Gesù risponde con tre parabole che parlano di oggetti, animali o persone perdute e poi, con grande gioia, ritrovate. I vv. 11-32 ci presentano le vicende di un giovane che è prodigo, poiché dona generosamente i soldi richiesti e avuti dal padre come eredità, e il padre, che è prodigo di amore. Il padre attende ogni giorno il ritorno del figlio che se n’è andato di casa col “malloppo” …. e il figlio, dopo aver dilapidato tutto, ritorna. Si converte,” volge le spalle” alla direzione che aveva erroneamente preso! Quando il giovane trova il coraggio di riconoscere e confessare il proprio errore il padre lo abbraccia e manifesta tutta la gioia del ritrovamento.In questa parabola, sul cui sfondo possiamo vedere tutta la storia biblica e umana, c’è  un personaggio, il figlio maggiore, che rappresenta le persone che pensano di non aver bisogno della misericordia di Dio, perché oneste e irreprensibili. Il figlio maggiore incarna la legalità rigida di una religiosità che non conosce nè la misericordia  nè la supremazia dell’amore. Egli non comprende la necessità della festa per il ritorno a casa ( al sicuro, lontano dai pericoli) del fratello, il dono dell’anello ( simbolo di autorità), il dono dei calzari  ( indossati dagli uomini liberi, non dagli schiavi),  il banchetto arricchito dal vitello grasso ( allevato con lo scopo di utilizzarlo per un’occasione gioiosa).  Il vero protagonista della parabola è il padre che ci stupisce e ci rassicura con la Sua Misericordia.  Il Cristiano deve imparare a soccorrere chi sta male ( sia materialmente, sia spiritualmente)  e a perdonare chi sbaglia ... soltanto facendo queste azioni si potrà sentire vicino a Dio.



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