Giovedì 31 gennaio 2019 - Oggi
la nostra comunità vive una festa molto sentita: San Giovanni Bosco. Nella
Chiesa "Maria Ausiliatrice" di Isola si celebra infatti la Festa
Patronale che è stata preceduta da un Triduo di preparazione che ha visto la partecipazione
di numerosi fedeli.
La festa di San Giovanni Bosco è infatti molto sentita dai fedeli della Piana
di Luni che nutrono una grande devozione per il loro Patrono. Vera figura di
padre e maestro, San Giovanni Bosco è un vero gigante della santità.
Fondatore dei Salesiani e delle Figlie di Maria, nel 1988 venne dichiarato, da
Papa Giovanni Paolo II, "Padre e maestro della gioventù", avendo Egli
rivendicato il diritto dei bimbi allo studio ed alla formazione ed avendo ad
essi dedicato tutta la Sua vita. Nel 1877 fondò anche il Bollettino Salesiano
che ancora oggi è diffuso nel mondo in 56 edizioni e 26 lingue, propagatosi in
135 nazioni.
La Sua pedagogia può essere sintetizzata nel " sistema preventivo"
che si basa su tre pilastri: religione, ragione ed amorevolezza, proponendosi
di formare buoni cristiani ed onesti cittadini. Uno dei veri capolavori della
Sua pedagogia è rappresentato da San Domenico Savio.
Con questi convincimenti ed in perfetto orario, insieme a Federico ed alle
nostre mogli, partecipo alla S. Messa Solenne delle ore 18 e poiché siamo
arrivati con un certo anticipo, possiamo prendere parte anche ai riti finali
dell'Ora di Adorazione ed alla Benedizione Eucaristica.
La chiesa è veramente gremita di fedeli, corsi da tutte le parrocchie del
Vicariato, insieme ai loro parroci ed a Don Romano che ci onora sempre della
sua preziosa partecipazione e collaborazione. Celebra la S.Messa don Federico
Ratti della parrocchia di Santa Maria Assunta di Sarzana, che è stato ordinato sacerdote il 24.11.2018
e con lui sono saliti a quattro i sacerdoti ordinati nella nostra diocesi, nel
corso del 2018. Infatti, nel mese di marzo erano stati ordinati anche don
Alessio Batti, don Stefano Ricci e don Emilio Valle.
Anche il coro è totalmente presente, diretto come sempre da Nicoletta che
accompagna al l'organo. Bellissimi i canti eseguiti, a sottolineare la primaria
importanza riservata a questa ricorrenza. Molto profonda l'omelia tenuta da don
Federico Ratti che di seguito riporto: "Giovanni Bosco è vissuto sempre in povertà. Ben
presto, a nove anni, viene segnato anche dalla perdita del padre. Provvede poi
a tutto la madre, con immenso sacrificio, che riesce anche a farLo studiare ed
a farLo diventare sacerdote. Come sacerdote, non dimentica una ispirazione
divina che ha avuto proprio quando era piccolo e che Gli diceva proprio di
occuparsi dei giovani ed in particolar modo di quelli più abbandonati. E quando
Lui è diventato prete, Torino brulicava di ragazzi abbandonati, di ragazzi
orfani. Era un periodo in cui Torino era in grande espansione. Incominciavano
ad esserci delle industrie e questo comportava che molti arrivavano nella
grande città e poi cercavano di vivere un po' alla giornata.
Lui ovviamente si prese a cuore molte di queste situazioni ed incominciò a
seguire i giovani, dando loro una specie di riparo. Li educò innanzitutto al
lavoro. Creò anche degli istituti professionali, sappiamo. Però soprattutto li
educò alla vita cristiana; li educò a quel sano timor di Dio che è necessario
per ognuno di noi. Li educò all'amore alla Madonna, insomma in tutte quelle
virtù indispensabili per farli diventare dei buoni cristiani e, ovviamente,
avendo a che fare con i giovani, e i giovani fanno anche un po' perdere la
pazienza, sappiamo che Lui diceva che rimproverarli non serviva a niente, anzi
ciò faceva in modo che questi si chiudessero e si allontanassero e quindi
diceva che con loro bisognava usare un po' il metro dell'amore di Cristo,
perché si chiedeva: "Cristo cosa farebbe al mio posto? Cristo come li
educherebbe? Di certo non urlando, di
certo non rimproverando" e quindi questo era un po' il Suo metro. Diceva
che giovava di più una preghiera che tante parole spese e quindi Lui pregava e
li affidava al Signore ed alla Madonna della quale era molto devoto, al punto
da far costruire anche un santuario a Torino, quello di Maria Ausiliatrice e lo
fa costruire partendo con poco più di quattromila lire. A quell'epoca erano
magari tanti soldi ma non ci si riusciva davvero a costruire un santuario! Ed
anche lì, affidandosi alla provvidenza, è riuscito a costruire questo santuario
che è anche molto bello, fra le altre cose. Ma la Sua opera poi non si esaurì
con questo. Comincia a fondare quello che sarà l'Oratorio Salesiano, proprio in
riferimento alla figura del grande San Francesco di Sales che abbiamo
festeggiato pochi giorni fa e qui continua a radunare tutti questi ragazzi
perché poi, anche per la città di Torino si era sparsa la voce che Lui si
occupava di questi giovani e quindi erano anche i giovani stessi che portavano
altri giovani in questo oratorio. Quindi la famiglia cresceva. E poi una cosa
particolare mi ha colpito: che proprio in questo periodo, quando fonda
l'oratorio, comincia per Lui, come è successo per tanti, la persecuzione del
demonio che in particolar modo Lo importunava di notte e Lui era lieto di
questo perché diceva che se il demonio
importunava Lui, avrebbe evitato di importunare i Suoi ragazzi. E quindi
accettava di buon grado tutto questo, anche se Lui dormiva poco o niente la
notte e poi, al giorno, Si spendeva tantissimo per i giovani. Lo sappiamo,
abbiamo visto anche dei film legati a San Giovanni e sappiamo il grande
sacrificio: Lui andava proprio in giro per Torino alla ricerca di questi
ragazzi. Poi, quando la Sua opera è cresciuta, non solo girava per Torino, ma
sappiamo che ha girato per tutta Italia e quindi si è davvero speso per tutti i
ragazzi. E quindi la Sua educazione, rivolta ai ragazzi, era sempre
un'educazione basata sull'amore di Cristo e diceva che l'educazione proprio in
questo era cosa del cuore e solo Dio poi avrebbe potuto far crescere questo amore nel cuore di questi ragazzi e
quindi Lui poi era solito dire che viveva solo per questi ragazzi e diceva:
"Io vivo per voi; lavoro per voi; darei la vita per voi; studio per
voi". Questo era un po' quello che ripeteva quotidianamente ai Suoi
ragazzi. Quindi da Lui dobbiamo imparare innanzitutto l'umiltà. Lui che è molto umile, si è speso per questi giovani e,
instancabilmente, ha lavorato ogni giorno nella vigna del Signore e, come ci ha
detto il Vangelo di oggi, innanzitutto si è fatto anche Lui bambino per primo,
proprio per fare in modo da avere vicino sempre questi ragazzi.
È stato veramente un grande maestro e un grande padre per tutti loro ed il Suo
esempio continua ad arrivare anche a noi oggi. Quindi facciamo in modo che
anche quest'ultima frase, che rispecchia in modo meraviglioso la vita di San
Giovanni Bosco, possa far parte anche della nostra vita e ci porti ad aiutare
sempre il prossimo e chi ha bisogno. E con questi giovani avere sempre un po'
più di pazienza. È sempre bene, magari anche se in certi momenti si vorrebbe
sbottare perché vediamo che non ci ascoltano, non ubbidiscono, imparare da
questo insegnamento, magari ricacciarci un po' in gola l'urlo e cercare sempre
di far loro capire le cose come avrebbe fatto il Signore. Così diceva San
Giovanni Bosco e quindi accogliamo ogni bambino ed accogliamolo nel nome di
Cristo. Sia lodato Gesù Cristo."
Chiedo scusa se mi dilungo forse un po' troppo, ma non posso fare a meno di
riportare una bellissima preghiera per i giovani, rivolta a San Giovanni Bosco:
" O Padre tenerissimo, al cui cuore Don Bosco ha attinto la forza d'amare,
dona a noi la capacità di amare con il tuo stesso cuore. Aiutaci a capire che "amare
i giovani vuol,dire accettarli come sono, spendere tempo con loro, condividere
i loro gusti e i loro tempi, dimostrare fiducia nelle loro capacità, tollerare
quello che è passeggero e occasionale, per donare silenziosamente quello che è
involontario, frutto di spontaneità o immaturità". Solo così potremo
educare i giovani ad essere segni del tuo amore preveniente. Amen".
Lunedì 11 febbraio 2019 - Oggi la Comunità di Molicciara, in occasione dell'80*
anniversario del!'erezione della Parrocchia, celebra un rito molto importante:
la dedicazione della Chiesa Parrocchiale del Sacro Cuore, alla presenza del
Vescovo Diocesano, Sua Ecc.Mons. Luigi Ernesto Palletti.
La Chiesa è davvero stracolma di fedeli e, dopo i riti iniziali, il Parroco Don
Andrea prende la parola per rivolgere un caloroso saluto al Vescovo, alle
numerose autorità presenti con i loro gonfaloni ed a tutti i fedeli,
ripercorrendo, con grande dovizia di particolari, i momenti salienti della
nascita e storia di questa importante Parrocchia, compresi i parroci che si
sono prodigati con tutte le loro energie e devozione, al servizio di questa
popolosa comunità che conta più di 7.000 fedeli.
Quindi, dopo la Liturgia della Parola, ha fatto seguito la bellissima omelia
del Vescovo che riporto integralmente: "Compiamo dunque oggi questo gesto
così particolarmente significativo: dedicare una chiesa. Innanzitutto dobbiamo
partire dal prendere sempre più coscienza che le pietre vive della chiesa siamo
noi.
Col Battesimo siamo diventati figli di Dio, membra del Corpo del Signore Gesù,
di quel Corpo che veramente si estende in tutta l'umanità e siamo membra vive,
misteriosamente in comunione gli uni con gli altri, non solo perché partecipi
di un'unica umanità, di un'unica natura umana, ma in modo particolare proprio
perché partecipi di quel dono grande che è la figliolanza di Dio.Col Battesimo
siamo diventati figli di Dio e questo è un passaggio essenziale perché, mentre
nelle altre realtà belle che abbiamo nel mondo si entra attraverso una scelta,
una tessera, un'iscrizione, qualche cosa che certifichi questa appartenenza,
nella Chiesa invece si entra per una generazione nuova. Noi non entriamo
attraverso un tesseramento nella Chiesa, ma entriamo nella Chiesa perché c'è
una rinascita vera che avviene nel Fonte Battesimale. In quel momento realmente
la vita di Dio inizia a scorrere dentro di noi. Diventiamo vivi ad un titolo
diverso, non solo per quella vita che ci hanno dato i nostri genitori, ma qui è
addirittura la vita di Dio che scorre dentro di noi ed iniziamo a far parte del
popolo di Dio, di quel grande Corpo di Cristo che è la Chiesa, di quel grande
Tempio dal quale si innalza la preghiera al Padre che è nei cieli.
L'Apostolo ci ricorda che questo tempio, questo popolo, questo corpo è ben
ordinato: non è l'insieme di tanti singoli, ma è un corpo vero e proprio. Ha un
corpo che è Cristo, ha delle membra che siamo noi ed è importante comprendere
questo perché realmente ciò permette ad ognuno di noi di crescere verso la
pienezza. Ora, quello che noi siamo dunque diventati col Battesimo lo viviamo
personalmente ma anche sempre in comunione gli uni con gli altri e quando questa comunione diventa anche comune
presenza, come questa sera, allora si manifesta anche visibilmente il popolo di
Dio. Non che prima non ci fosse, ma quando ognuno di noi è nella propria casa
noi non possiamo vedere l'assemblea del popolo di Dio radunata. Stasera, in
questo momento, sì, la possiamo vedere, alla domenica la possiamo vedere.
Il Signore ha stabilito che, pur essendo sempre Suo popolo, almeno nel giorno
del Signore questa appartenenza diventi anche visibilmente constatabile. E
allora quella prima lettura che raduna tutto il popolo, che fa risuonare la
parola di Dio e che ottiene quell'effetto splendido, meraviglioso. Tutti si
commuovevano a questo. Noi siamo chiamati a diventare un popolo visibile perché
la visibilità realizza delle promesse che il Signore Gesù ha posto dentro la
nostra vita.
La prima, fondamentale, è: "Dove due o più sono riuniti nel mio nome Io
sono in mezzo a loro". Noi siamo la prima forma di presenza del Signore
Risorto. Lui non Lo possiamo vedere con i nostri occhi, però possiamo
constatare che siamo tutti qua nel Suo nome e possiamo ricomprendere che la Sua
promessa oggi si realizza: "Dove due o più sono riuniti nel mio nome, Io
sono in mezzo a loro".
Poi, ci viene chiesta questa presenza, che diventa testimonianza, anche per
manifestare al mondo che realmente siamo presenti e vogliamo vivere il Vangelo
di Cristo, quel Vangelo che ci chiede di amarci gli uni gli altri, quel Vangelo
che ci invia ad annunziare la parola di salvezza, quel Vangelo che ci promette
ancora che "Dove due si sono accordati per chiedere qualcosa al Padre Mio
che è nei cieli Io ve lo concederò". Certo, sta parlando in modo particolare
del grande dono dello Spirito e dunque del grande dono della salvezza. E poi
siamo radunati insieme per l'ascolto della Parola, un gesto così fondamentale.
È vero che ognuno può leggere la Parola per conto suo e deve leggerLa, deve
approfondirLa, ma c'è un momento in cui nella comunità questa Parola viene
proclamata. Scende non solo su di me ma su tutto il popolo che è radunato in
questo momento. Scende sulla Chiesa di Dio; dà forma sempre nuova alla Chiesa
di Dio; è il Vangelo che scende su di noi, ma non per rimanere semplicemente su
di noi ma per, attraverso di noi, giungere tutto e ovunque nel mondo, fino ai
confini della terra, lì dove forse qualcuno non potrebbe arrivare. Ebbene, c'è
qualcuno di noi che ci può arrivare ed è tenuto ad annunziare il Vangelo anche
lui. Può essere il lavoro; può essere un momento di sofferenza o di gioia; può
essere un momento di svago; può essere qualunque altro momento, ma noi che
riceviamo la Parola, non possiamo tenerLa per noi stessi. Dobbiamo, insieme,
annunziarLa al mondo intero perché creda. Ce lo ricorda il Vangelo di Giovanni:
"Perché creda". E poi ci si raduna per i gesti vitali della nostra
esistenza. Il primo è il Battesimo, ma non è l'unico: è la porta. Il gesto più
alto è l'Eucaristia, quel gesto nel quale Gesù Si rende presente, anzi rende
presente l'unico, eterno Sacrificio, il Sacrificio della nostra salvezza, il
Sacrificio della Sua morte e resurrezione. Ed è importante che nel giorno del
Signore la comunità cristiana si trovi proprio per partecipare al grande momento
del Sacrificio di morte e resurrezione di Cristo che è la nostra Messa. Ci si
trova nel momento dell'Alleanza quando
due persone decidono di intraprendere il grande cammino del Matrimonio. Ci si
trova nel momento della Confermazione, nella discesa dello Spirito Santo per
diventare testimoni. Ci si trova nel momento del dolore, nel momento in cui si
parte da questo mondo perché il saluto cristiano è un saluto autentico; il
suffragio cristiano è un suffragio autentico;
la comunione non viene spezzata, anzi assume una forma tutta
particolare. È il luogo dove vengono segnati i momenti essenziali della nostra
vita. Questo luogo che innanzitutto è la comunità però ha anche una sua
fisicità. Ecco allora, giustamente è stato ricordato, quella Chiesa di cui si
parla, parlando del popolo di Dio, viene anche così chiamata parlando
dell'edificio, edificio importante perché è il luogo dell'Assemblea, è il luogo
dove, in modo riparato, si può ascoltare la Parola, si può partecipare
all'Eucaristia, si può elevare la preghiera, il luogo dove la comunità si
raduna come comunità e dunque assume la visibilità, è il luogo dove si innalza
quella preghiera per noi e per tutti e, di conseguenza, si vive quella
comunione particolare con Dio. È il
luogo dove, ricevuti i doni di Dio, siamo chiamati a ritrasmetterli nella
carità. Quel -l"Andate in pace" che sempre viene detto al termine
della Messa non è un congedo, è una missione: "Avete ascoltato l'Evangelo?
Avete ricevuto il Pane della vita? Portatelo ai fratelli, andate a portarLo ai
fratelli, andate a portarLo a coloro che non erano presenti. Se malati, perché
malati. Se distratti, perché distratti. Ma quel Pane , il Pane della Parola,
deve giungere a tutti . Deve nutrire tutti e chi non è qui a nutrirsi, insieme
a noi , deve sapere che noi glieLo portiamo per potersi nutrire lì dov'è; e un
domani, sperando che possa partecipare con noi all'unica grande Assemblea del
Signore".
Ecco, vogliamo compiere questo, insieme: un po' facendo quello che ha fatto
Zaccheo. Lo abbiamo sentito nel Vangelo. Zaccheo è curioso, è! Vuole vedere, è
piccolino e allora si industria: sale su un albero. Tutto sommato, forse, è
anche convinto di poter vedere senza essere visto: "Così - dice - vedo ma
non mi comprometto mica più di tanto ", ma guardate che il Vangelo è molto
fine perché Zaccheo sale per vedere e
invece è visto perché, sull'albero, non è Zaccheo che vede Gesù, ma è Gesù che
vede Zaccheo e lo chiama e gli dice: "Vieni giù! Oggi devo venire a casa
tua". Ecco, oggi il Signore viene a casa nostra. È vero, questa comunità
tante volte, abbiamo sentito, si è già radunata in questo luogo però sapendo
che in questo momento avverrà questa grande dedicazione: questo luogo è proprio
il luogo consacrato dell'incontro. Poi l'incontro con Dio lo si può fare
ovunque: Dio è ovunque, ma questo luogo è della comunità, è il luogo della
visibilità; è il luogo della comunione; è il luogo della testimonianza; è il
luogo della vita. Ecco, viviamolo insieme! Ogni gesto compiuto è significativo.
Seguiamolo bene perché realizza quello che dice, ma anche insegna quello che
dice e per noi diventa un arricchimento di fede, un arricchimento di cammino e
speriamo, con l'aiuto di Dio, un arricchimento di testimonianza.
Allora insieme ci uniamo veramente in questo momento, perché la nostra
preghiera si elevi sempre più al Signore".
Quindi, terminata l'omelia, tutti si alzano ed il Vescovo invita il popolo alla
preghiera, iniziando con la recita delle Litanie dei Santi. Poi il Vescovo
pronuncia la solenne preghiera di dedicazione e procede all'Unzione dell'Altare
e delle pareti della Chiesa ed all'incensazione dell'Altare e della Chiesa.
Terminata l'incensazione, viene pulito e preparato l'Altare. Il Vescovo
consegna quindi al diacono una candela accesa dicendo: "Risplenda nella
Chiesa la luce di Cristo e giunga a tutti i popoli la pienezza della verità
". A questo punto, il diacono accende le candele dell'Altare e la Chiesa
viene illuminata.
Eseguiti questi riti, prosegue la Liturgia Eucaristica, mentre il coro, davvero
numeroso ed arricchito da un folto stuolo di ragazzi e ragazze, esegue dei
meravigliosi canti che davvero elevano le anime a Dio.