2 dic 2018 I DOM DI AVVENTO – Lc 21,25-28.34-36
Inizia
con questa domenica un Tempo di attesa: la liturgia ci prepara ad accogliere
l’EMANUELE (il “Dio-con-noi”) che sta per nascere, che torna tra i suoi
fratelli per portarli alla vita eterna. Il
fluire del tempo, soprattutto per chi ha vissuto più feste di Natale, comincia a
far riflettere su “Chi siamo”, su “Quale sia la meta del nostro andare”, su
“Quale sia il senso delle cose e della nostra stessa vita”.
I Greci avevano un duplice concetto di “Tempo”
e utilizzavano due termini diversi per
definirlo: c’era il tempo fatto dai secondi, dai minuti, dalle ore, dai giorni (che
veniva chiamato chronos), e il tempo che gli dei concedevano alla
persona per organizzare il proprio destino (detto kairos ). Il
significato della parola “tempo” per il popolo ebreo era la situazione
dell’incontro con Dio.
Nell’Antico Testamento il passato è la memoria della salvezza operata da Dio
per il popolo ebreo, il presente è la preparazione alla salvezza che sarà
operata dal Messia e l’escatologia (= la fine dei tempi) è l’incontro con Dio.
Il Nuovo Testamento afferma che si è già realizzato l’atteso momento della
salvezza con l’Incarnazione del Figlio di Dio nella storia; è arrivata la
pienezza dei tempi. Da Gesù in avanti tutto il tempo è Kairos e serve
all’uomo per rispondere all’invito di Dio che vive con noi. Esiste anche un Kairos
futuro, un “non ancora” che non possiamo pronosticare ed è la seconda venuta di
Cristo (detta Parusia). Il Vangelo di oggi ci parla proprio di questo
tempo. Gesù presenta ai suoi discepoli
i segni che accompagneranno la Sua seconda venuta. Non vanno letti come un
susseguirsi cronologico di fatti ma come ciò che ognuno di noi vive nella propria
vita. L’invito di Gesù è: “Vegliate in ogni momento pregando”. Il verbo “vegliare”
indica un atteggiamento di attesa fiduciosa di un qualcosa che deve verificarsi,
l’avverbio “in ogni momento” ci consiglia la perseveranza, il gerundio “pregando”
ci dice il modo con cui riusciremo a partecipare al ritorno di Gesù: dialogando
costantemente con Lui.
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dic 2018 II DOM DI AVVENTO – Lc 3, 1-6
L’evangelista
Luca si preoccupa sempre di collocare le vicende narrate nel Vangelo nello
spazio e nel tempo e con il brano di oggi fornisce i dati precisi per individuare
l’inizio della predicazione di Giovanni il Battista. Il precursore di Gesù
iniziò la sua predicazione nel quindicesimo anno del regno dell’imperatore
Tiberio Cesare, corrispondente al nostro 27 - 28 d.C..
Egli svolse la Sua missione in tutto il territorio della regione del Giordano,
invitando tutti ad un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.
L’esortazione che
inizia con“Preparate la via del Signore..” (vv.
4b-6) è un brano messianico del profeta Isaia (40,3-5) che descriveva la via di
salvezza tracciata dal Signore nel deserto per gli Ebrei esuli in Babilonia,
una via che avrebbe tracciato di nuovo per il Suo popolo nei tempi messianici.
L’insegnamento è che Dio non abbandona
il suo popolo nel tempo della prova ma gli indica la strada per giungere alla
salvezza.
16 dic 2018 III DOM DI AVVENTO – Lc
3,10-18
La
figura di Giovanni Battista aveva affascinato molte persone del suo tempo sia
religiose, sia pagane. Quando Giovanni cominciò a predicare- scrive Luca- “tutti si chiedevano in cuor loro se non
fosse lui il Cristo” (v.15) e gli intellettuali, i politici e i capi
religiosi ebraici si interrogarono a lungo sul Battista, per arrivare poi alla
conclusione che non era il Messia.
Dopo aver
ricevuto il Battesimo molti chiedevano:
“Che cosa dobbiamo fare?” e Giovanni
rispondeva consigliando un autentico mutamento di vita, perseguendo la
giustizia ed evitando le corruzioni, le
vessazioni e le violenze. Per completare il suo annuncio aggiungeva che il battesimo dato da lui era in
preparazione di un Battesimo “di Spirito Santo e fuoco” che presto sarebbe
stato portato da uno al quale non era degno di sciogliere il legaccio dei
sandali (tale azione,ritenuta dagli Ebrei troppo umiliante, non veniva neppure richiesta dal padrone al servo!).
23 Dic 2018 IV° DOM DI AVVENTO – Lc 1,39-48
Il
Vangelo di oggi ci fa conoscere la Fede di una donna ebrea anziana che già
personalmente ha sperimentato l’Onnipotenza di Dio. Si tratta di Elisabetta, una cugina di Maria
che, in veneranda età, sta per partorire un figlio. Maria si reca in fretta da lei con l’intento caritatevole di starle vicino ed
accudirla nel momento del parto. Il racconto, secondo la tradizione popolare, è
ambientato ad Ain Karim (= “la sorgente della vigna”), una cittadina nei pressi
di Gerusalemme.
Elisabetta saluta Maria con una benedizione e una beatitudine: ella è”
benedetta” e “beata” perché è”colei che ha creduto”, la Credente. (nell’enciclica Redemptoris Mater
questo titolo è ripetuto più volte). L’incontro tra le due donne è anche
il primo incontro tra Giovanni e Gesù e il primo manifesta la sua emozione
sussultando nel grembo della madre. E’ un incontro tra persone speciali nel quale Elisabetta, piena di
Spirito Santo, nel salutare Maria esprime la sua Fede con la frase: “A che debbo che la madre del mio Signore
venga a me?” Viene riconosciuto Gesù
come il Messia vaticinato dai Profeti ed atteso da Israele.
Il teologo Laurentin
confronta il racconto della Visitazione con il racconto dell’arrivo dell’Arca
dell’Alleanza a Gerusalemme (2Sam 6). L’Arca resta per tre mesi nella casa di
Obed Edom come Maria resta tre mesi a casa di Elisabetta; quando Davide vede
arrivare l’arca dice:” A che debbo che l’arca del Signore venga a me?” come
Elisabetta dice:” A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?”; Davide
danza davanti all’arca come Giovanni sussulta di gioia nel grembo di Elisabetta…
25 Dic 2018 MESSA DEL GIORNO – Gv 1,1-18
Il
Natale di Gesù è narrato soltanto dall’evangelista Luca. Matteo lo annuncia con una breve frase:” Gesù era nato in Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode”. Ancora
di più tacciono sulla nascita di Gesù Marco e Giovanni che fanno iniziare il
loro Vangelo dal battesimo di Gesù nel Giordano e dalla sua predicazione in
Galilea.
La
S. Messa del giorno di Natale dell’anno liturgico C propone il brano evangelico
che è l’introduzione al vangelo di San Giovanni. E’ un inno di straordinaria
bellezza e intensità ed è una delle pagine più conosciute e meditate della
Bibbia. Questa prefazione originariamente non apparteneva al vangelo giovanneo
ma è una ben riuscita sintesi di quello che verrà presentato in seguito, “la
vita della Parola incarnata” ( cfr.Brown)
La prima strofa ( vv.1-6) richiama la Creazione del libro Genesi: “In
principio…” Cristo è il Logos (“parola”,
“verbo”) che nell’Antico Testamento era la “parola creatrice” divina, e la
Sapienza del Signore è lo strumento che dà armonia a tutto il creato. Dunque
Cristo è all’origine di tutto, del mondo e della vita: nulla esiste senza di Lui. Dal versetto 4 comincia il secondo momento che
ci ricorda la storia della salvezza. Lo scontro tra la luce e le tenebre ci
presenta simbolicamente la vicenda storica di Gesù, fatta di tensioni e rifiuti,
che si concluderà con la vittoria di Cristo-luce che splende nelle tenebre. Nell’inno
per ben due volte viene presentata la figura di Giovanni il Battista nella sua
funzione di precursore, dipendente completamente da Cristo. Secondo alcuni
esegeti c’era probabilmente la necessità di far riflettere alcuni gruppi
religiosi che, nonostante la testimonianza degli Apostoli sulla Resurrezione di
Gesù, continuavano a considerare Giovanni il Battista il vero Messia.
Sant’Agostino, parlando di Giovanni il Battista, lo paragona ad una lampada
accesa che fa luce nelle tenebre: ne riconosce il valore fino a che non sorge
il sole (Gesù), dopodiché la presenza di una lampada accesa non ha più senso. …L’Incarnazione
è espressa nel versetto 14 con il Logos, l’Eterno e l’Infinito, che entra nelle
dimensioni del tempo e dello spazio, che si fa “Carne”, ovvero uomo, con le sue
debolezze e fragilità. Dio viene ad abitare in mezzo a noi, condivide la vita dell’uomo.
Non è soltanto una presenza come quella che JHWH garantiva agli Ebrei nel
deserto, nella tenda nel recinto, o nel Santo dei Santi del Tempio di
Gerusalemme, ma è una convivenza con l’uomo.
30 Dic 2018 Santa Famiglia – Lc 2, 41-52
L’episodio
della vita di Gesù narrato nel Vangelo di oggi ci offre alcuni spunti di
riflessione.
Il primo è la profonda religiosità di Maria e Giuseppe che tutti gli anni
facevano il pellegrinaggio pasquale al tempio di Gerusalemme. Era obbligatorio
soltanto per chi era distante dalla città al massimo una giornata di cammino (all’incirca
30 Km), ma loro andavano comunque, pur abitando molto più lontano!
Un altro motivo di riflessione sono la
precocità con cui Gesù manifesta la consapevolezza della Sua Missione e la
saggezza e la sapienza che manifesta, pur essendo ancora un bambino.
Ci sorprende, inoltre il Suo allontanarsi dalla famiglia, così unita e modello
di perfezione, senza chiedere il permesso
, suscitando ansia e scompiglio. Anche la risposta
che Lui debba occuparsi delle cose del Padre Suo, con la quale giustifica il Suo
comportamento, ci stupisce e suscita in noi un certo disappunto, poiché è data
a due genitori preoccupati .
Soltanto il
versetto 52 ci riporta un Gesù meno sconvolgente, che cresceva in sapienza, età
e grazia davanti a Dio e agli uomini. Credo che se l’evangelista Luca non fosse
stato ispirato da Dio questo episodio non lo avrebbe mai scritto ….
E credo anche che i Vangeli non sono mai stati
manipolati, altrimenti questi versetti non li avremmo mai letti.
Oggi è dunque la festa della Famiglia, la comunità nella quale nascono e
crescono gli uomini e le donne di domani, nutriti nel corpo e formati nello
spirito dai loro genitori.
E’ la festa della Famiglia che ha come
modello la famiglia di Nazareth, nata dall’amore e nutrita dall’amore.
E’ anche la festa della Parrocchia,
“famiglia di famiglie”… Non vivo in un mondo ideale, non ho il prosciutto sugli
occhi … ma scrivo quello che dovrebbe essere… per un mondo migliore.