Il Comune di Luni,
presente con l’assessore Carola Baruzzo, ha partecipato a fine agosto, insieme
ai Comuni di Arcola e di Castelnuovo Magra, ad una iniziativa culturale
svoltasi al Piano di Arcola e promossa da due associazioni, gli Amici di padre
Damarco e “Voltalacarta”, impegnate da tempo nel campo dell’accoglienza e
dell’integrazione delle persone non italiane. Si è trattato di una rappresentazione
musicale, “Sparato, (s)concerto per Sankara”, dedicata al ricordo di una figura
molto importante nell’Africa degli anni Ottanta, ma purtroppo molto poco
conosciuta in Occidente.
Lo spettacolo, assai semplice e quindi molto efficace nella sua immediatezza, è
stato allestito dal gruppo “Replicante Teatro” di Aosta, su testi di Andrea
Damarco, anche nella veste di voce narrante, e musiche dal vivo di Matteo
Cosentino. Andrea Damarco, detto per inciso, è il nipote di padre Vincenzo
Damarco, del quale più volte abbiamo parlato su queste pagine ed al cui
insegnamento si ispira una delle associazioni promotrici. La serata arcolana,
ospitata dal Comune nel parco dei Giardini di via Valentini, è stata inoltre
arricchita dalla presenza di Silvestro Montanaro: giornalista d’inchiesta in
forza per vari anni alla Rai, Montanaro è stato allontanato dalla tv di Stato
ed ora opera in forma autonoma nel denunciare situazioni di violenza e di
ingiustizia a livello internazionale, dallo sfruttamento delle popolazioni di
molti stati africani alla vergogna del cosiddetto “turismo sessuale” nell’Asia
sudorientale. Sono situazioni molto gravi, sulle quali troppe volte, anche in
Italia, l’informazione cosiddetta “ufficiale” preferisce il silenzio. Proprio a
Sankara, Montanaro aveva dedicato un importante reportage televisivo
Ma chi era Thomas Sankara ? La sua vita, svoltasi in soli trentasette anni tra
il 1949 e il 1987, si colloca nello stato africano del Burkina Faso, già
colonia francese dell’Alto Volta. Si tratta di uno degli stati più poveri del
mondo, la cui produzione principale è quella del cotone. Ma il paese è anche
ricco di materie prime, tra cui l’oro, il cui sfruttamento è sempre stato
obiettivo primario della Francia, di cui l’Alto Volta era appunto colonia, e
poi nel periodo cosiddetto post coloniale anche di altre potenze mondiali.
Proprio per queste pesanti interferenze di ordine economico, la giovane
democrazia “burkinabe” ha sempre stentato ad affermarsi, e il Paese, dopo il
1960, è stato quasi sempre governato in forma dittatoriale o comunque
autoritaria.
L’unico vero periodo di autentica democrazia fu proprio, tra il 1983 e il 1987,
quello caratterizzato dalla presidenza di Sankara. Il giovanissimo capitano
dell’esercito divenne presidente in seguito all’ennesimo colpo di stato, ma, al
contrario di chi lo aveva preceduto e di chi lo avrebbe seguito, almeno sino al
2014, egli comprese che in un Paese così povero e giovane come l’Alto Volta
l’unica speranza reale per la popolazione era l’avvio di un vasto processo di
partecipazione democratica.
Uno dei primi gesti significativi della sua presidenza fu quindi il cambiamento
del nome allo Stato, da Alto Volta, nome coloniale a suo tempo assegnato dai
francesi, a Burkina Faso, che nella lingua del luogo significa “terra dei veri
uomini”. Ma Thomas Sankara non si limitò ad avviare in Burkina riforme economiche e sociali di notevole rilevanza, bensì comprese che il futuro del
suo Paese, come in genere dell’Africa, stava in una diversa politica
internazionale, capace di assicurare al continente dal quale la stessa specie
umana potrebbe avere avuto inizio, un futuro di giustizia e di benessere. Tanto
più in quell’epoca globale che, se negli anni di Sankara non era ancora
iniziata, per lo meno già si poteva intravvedere all’orizzonte del mondo.
Sotto questo profilo, egli pronunciò uno storico discorso all’assemblea
generale dell’Onu, a New York, il 4 ottobre 1984. Molti studiosi giudicano
quell’intervento uno dei più importanti discorsi politici del Novecento a
livello internazionale. Ma molti ritengono anche che proprio quel discorso
abbia segnato per così dire la sua condanna a morte. Nel senso che si cominciò
a comprendere come di fronte alla platea più importante della politica mondiale
aveva parlato quel giorno non il semplice presidente di uno dei Paesi più
piccoli e poveri del mondo, bensì un leader di statura mondiale.
Il discorso di Sankara fu un discorso di “rottura”, nel senso che rivendicò con
forza il diritto del suo popolo, e di tutti i popoli africani, a non
considerarsi più dipendenti dal mondo cosiddetto sviluppato, bensì a prendere
in mano davvero il proprio destino: “Affermiamo la nostra consapevolezza di
appartenere a un insieme tricontinentale, convinti che una solidarietà speciale
unisca i tre continenti, Asia, America Latina e Africa, in una lotta contro gli
stessi banditi politici e gli stessi sfruttatori economici”.
Come si vede, era un vero e proprio guanto di sfida lanciato all’Occidente.
Che a suo modo, e sottotraccia, un po’ come sempre, non tardò a rispondere: il
15 ottobre 1987, trentuno anni fa, un colpo di stato guidato dal suo “vice” (e
sino a quel momento amico fraterno) Blaise Compaoré depose Sankarà, che venne
subito passato per le armi. Compaoré divenne il dittatore del Burkina Faso
restando in carica quasi trent’anni ed annullando di fatto ogni ambizione di
riforma avviata dal suo predecessore. Non solo: di una figura come quella di
Thomas Sankara gran parte dell’opinione pubblica internazionale non seppe
praticamente mai nulla. Il colpo di stato del 1987 venne “liquidato” dai grandi
giornali italiani ed europei con poche righe di cronaca, quasi uno notizia come
tante altre nel contesto africano.
Oggi che, in piena epoca globale, i fenomeni delle migrazioni, che tanto ci
riguardano da vicino, ma anche quelli dell’espansione cinese (che guarda caso
ha proprio l’Africa come uno degli obiettivi primari) e del cosiddetto “mercato
comune africano” richiamano in modo rilevante la nostra attenzione, forse si
comincia a comprendere quante ragioni avesse Sankara nel rivendicare una
battaglia di giustizia per il suo popolo, ma anche per il mondo intero. Alla
radice di tutto, come dice Montanaro nei suoi testi e interventi dedicati
all’argomento, ci sono “le vere ragioni delle tragedie e dell’emigrazione
africana”. Purtroppo quel sogno del giovane capitano burkinabe si è
interrotto presto, ma lo spettacolo di Arcola, molto affollato di persone, ci
ha detto, in qualche modo, che può anche ravvivarsi, come accade talvolta per
il fuoco che cova sotto la cenere. Partendo dal basso, e dall’onestà intellettuale di chi non si ferma alla superficie, ma cerca di andare alla
radice dei fatti.