CONCILIO VATICANO I (1869 – 1960) (XX ecumenico)
Contesto
storico. Parlare di un Concilio che
viene dimenticato e abbandonato al suo destino da 5 papi (Leone XIII, Pio X,
Benedetto XV, Pio XI, Pio XII) e chiuso nel 1960, perché il Vaticano II, indetto da Giovanni XXIII,
non ne fosse la prosecuzione, è alquanto difficile. Otto mesi di lavori
conciliari ( 8 dicembre 1869 – 18 luglio 1870 )
hanno prodotto il controverso
dogma dell’ infallibilità papale ex
cathedra (Costituzione Pastor Aeternus ) e il dogma della conoscenza di Dio con la ragione, fatta salva la
necessità della rivelazione (Costituzione
Dei Filius ), per contrastare, in linea con il Sillabo ** ( documento pontificio
pubblicato nel 1864), il pensiero materialista, liberale e anticlericale, cioè
tutto il nuovo che rapidamente si va diffondendo nel vecchio continente. Giovanni
XXIII nell’indire il Vaticano II dichiara che intende consultare tutto il corpo
docente della Chiesa al fine di individuare le linee guida per PORRE la fede
immutabile ad un mondo che muta in continuazione; cioè, per trovare lo spirito,
il linguaggio, i metodi e la cultura adeguata al nostro tempo, la Chiesa intera
deve interrogarsi, fare un’analisi obiettiva sulla propria identità per prepararsi
alle sfide che l’attendono e che cercano di metterla in un angolo della storia.
Tutto ciò manca a Pio IX e con lui, solitario protagonista del suo Concilio, si
chiude un’era di restaurazione e di chiusura, come se negare l’evidenza fosse l’unico
mezzo per difendere e tutelare la Chiesa e il suo anacronistico doppio potere
(temporale e spirituale), che nessuno ormai è disposto a riconoscere. Papa
Francesco avrebbe dato scandalo affermando: “Preferisco una Chiesa accidentata,
ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa
malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Più
della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiudersi nelle
strutture che ci danno una falsa sicurezza.” (Evangelii gaudium). Onestamente
occorre riconoscere che nei suoi 32 anni di pontificato ( il più lungo in
assoluto ) ha dovuto confrontarsi con situazioni politiche, culturali, come
l’anticlericalismo o il marxismo, e sociali che avrebbero fatto tremare i polsi
e venire i brividi anche a persone ben più attrezzate a fronteggiare un vero
cambiamento epocale, ma la sua natura mite e introversa ha di fatto chiuso e
isolato la Chiesa, ripiegata su se stessa e impotente, nella “fortezza”vaticana,
così come lui era solito rifugiarsi nella città fortificata di Gaeta, quando
Roma diventa insicura per la sua incolumità. Già il suo successore Leone XIII,
definito “esperto tessitore”, presta la sua attenzione alla dottrina e alla
pastorale, più che alla politica. Padre N. Fabbretti nel suo libro “I vescovi
di Roma” sottolinea come “egli teme e denunzia gli errori e le perversioni del
pensiero e delle coscienze da parte di regimi e sistemi, anche se tra loro
diversi. Ha una visione chiara del problema sociale e pensa di delineare in una
enciclica la dottrina cattolica in merito alla questione sociale. E’
all’orizzonte la Rerum novarum (1891), primo
grande testo sociale della Chiesa…. E’ il primo coordinatore del pensiero
ecclesiastico in ordine alla giustizia nei tempi moderni”. Dopo un secolo arrivano la “Pacem in terris” e la” Populorum
progressio” di cui Leone XIII può
essere considerato il primo precursore.
L’accenno a Leone XIII vuole evidenziare come pochi anni e il cambio di
persona al vertice possano cambiare l’approccio della Chiesa verso la società
civile con le sue positive e soprattutto negative posizioni di pensiero, senza
perdere la sua identità, tutt’altro.
Contesto politico. Le condizioni
politiche dell’Europa, alla ricerca di nuovi equilibri di potere tra Stati emergenti e la debolezza della Stato pontificio, endemicamente arretrato,
povero, mal governato, sottoposto alla dura censura dell’Indice e reso ancora
più fragile dal processo di unificazione, sotto la regia di Cavour, dell’Italia
che da “espressione geografica” si sta trasformando in Stato unitario e
sovrano, avrebbero dovuto consigliare prudenza prima di avventurarsi verso un
Concilio al quale avrebbero partecipato vescovi appartenenti a Nazioni ai ferri
corti tra loro. Difatti il Concilio s’interrompe bruscamente per lo scoppio della
guerra franco- prussiana (19 luglio del 1870 – 10 maggio 1871 ) e, quindi,
rinviato sine die il 20 ottobre dello
stesso anno e mai più ripreso. I moti risorgimentali in Italia, Roma inclusa, e
l’instabilità politica europea con l’Impero prussiano e l’antagonista Francia
di Napoleone III in forte ascesa a scapito dell’Impero austro-ungarico, che
vede traballare la sua leadership
anche in Italia a vantaggio dei francesi, ai quali il papa ha chiesto sostegno,
avrebbero dovuto far riflettere. Anche in campo culturale l’800 è attraversato
da movimenti di pensiero decisamente contrari alla dottrina della Chiesa, come
il razionalismo, il liberalismo massonico, il materialismo e il marxismo. Pio
IX pensa di porre un efficace argine contro queste nefaste ideologie con la
pubblicazione dell’enciclica Quanta cura
e del Sillabo ( 8 dic. 1864 ),
documento quest’ultimo di netta chiusura al modernismo, che, però, ottiene il
risultato opposto a quello sperato. (1, continua)
Antonio Ratti
** SILLABO. Appendice
dell’enciclica Quanta cura.
Costituito da un elenco di 80 proposizioni giudicate gravemente erronee, è il
manifesto del rigetto da parte della Chiesa cattolica della cultura politica
liberale e democratica. Il documento, congiuntamente alle teorie panteistiche e
razionalistiche che ponevano in discussione l’idea stessa di Dio, condannava le
libertà di espressione, di religione e di culto e la laicità dello Stato,
riaffermando il potere temporale della Chiesa.