Domenica 4 febbraio – Quinta
del Tempo Ordinario - (Marco, 1, 29 – 39)
Nel suo primo capitolo, che la liturgia propone all’inizio del
tempo ordinario, Marco descrive l’avvio della predicazione di Gesù. Il brano
odierno inizia con il primo dei tanti miracoli di guarigione, quello della
suocera di Simone (non ancora Pietro, in quel momento), malata e costretta a
letto. L’episodio è riportato da tutti e tre i Vangeli sinottici, a conferma
del fatto che deve aver impressionato molto i presenti. Marco, che presente non
era ma che divenne il primo collaboratore di Pietro, ci presenta un particolare
che Matteo e Luca trascurano: “La fece alzare prendendola per mano”. Su questo
punto si è soffermato un sacerdote della nostra diocesi, don Sandro
Lagomarsini, parroco di Cassego, nel suo bel libro “Il medico dimenticato: una
lettura realistica delle guarigioni evangeliche”. La persona anziana e malata –
ai nostri tempi lo sappiamo sempre meglio ! – è colei che ha difficoltà nei
movimenti e che, anche per questo, spesso si lascia andare. E’ bello dunque,
osserva don Sandro, questo gesto di Gesù, che prende per mano la donna e così l’aiuta
ad alzarsi: un gesto di affetto, di servizio ma anche di tecnica terapeutica,
che ci richiama al dovere di assistere con umanità i nostri anziani,
promuovendo la loro qualità della vita. Nella seconda parte, Gesù compie altri
miracoli, guarendo persone malate ed indemoniate. La sua fama si diffonde e i
discepoli, Simone in testa, lo cercano perché continui sul posto. Ma Gesù –
come farà altre volte durante la sua missione – sa di dover andare anche
altrove: “Per questo sono venuto”. La missione di Gesù è davvero per tutti, non
solo per gli amici o per i “conterranei” …
Domenica 11 febbraio – Sesta
del Tempo Ordinario (Marco, 1, 40 - 45)
Ancora una guarigione miracolosa, quella del
lebbroso che, una volta guarito, proclama ai quattro venti ciò che è avvenuto,
contravvenendo l’invito di Gesù a tenerlo riservato. La lebbra era, per quei
tempi, una malattia gravissima e incurabile. L’antico Testamento vietava di
avere qualsiasi contatto con i lebbrosi, e tanto più di toccarli. Gesù, come
farà più volte, ignora non lo spirito, ma la lettera della legge, “stende la
mano” (quindi non un gesto casuale, bensì voluto), tocca il lebbroso e lo
guarisce. Anticipa così nei fatti quanto dirà in una successiva, celebre
occasione: “Non è l’uomo fatto per il sabato, ma il sabato per l’uomo”.
Domenica 18 febbraio – Prima
di Quaresima (Marco, 1, 12 - 15)
Inizia oggi la Quaresima, e la liturgia ci
ripropone le tentazioni subite da Gesù nel deserto. Rispetto però al lungo
racconto di Matteo e di Luca, con il vero e proprio “verbale” del dialogo tra
Gesù e Satana, la descrizione di Marco è molto più asciutta ed essenziale.
Poche righe, ma sufficienti: “Nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da
Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano”. Ogni evangelista
ha un suo modo specifico di descrivere la missione di Gesù. Per Marco è
essenziale il tema della divinità del “figlio dell’Uomo”, come afferma,
ispirato da Pietro, sin dall’esordio: “Inizio del Vangelo di Nostro Signore
Gesù Cristo, Figlio di Dio”. Quindi, per Marco, non c’è motivo di soffermarsi
sul dialogo con Satana, troppo grande è la distanza tra i due protagonisti di
quella sfida. E gli angeli che servono il Signore sono ulteriore conferma della
sua divinità. Marco collega poi la fine del periodo del deserto all’inizio
della predicazione in Galilea, che però – precisa – avviene “dopo che Giovanni
fu arrestato”. Tra Giovanni e Gesù esiste continuità di evangelizzazione, ma
anche completamento ed arricchimento. Come del resto non si stancava di dire lo
stesso Giovanni: “Dopo di me, verrà un Altro …”.
Domenica 25 febbraio – Seconda
di Quaresima (Marco, 9, 2 – 10)
Ogni anno, in Quaresima, la liturgia propone
l’episodio evangelico della “Trasfigurazione”. Quella odierna è dunque la
versione di Marco, molto simile, quasi alla lettera, a quella di Matteo e di
Luca. C’è però una piccola differenza, nella descrizione della voce divina che
i presenti ascoltano provenire dal cielo. Per Matteo la voce, riferendosi alla
presentazione del Figlio, dice “prediletto”. Luca invece lo definisce
“l’eletto”. Marco riporta: “il Figlio mio, l’amato”. La differenza, certo, è
piccola, ma se Marco, il discepolo di Pietro, si sofferma sul tema dell’Amore,
che in questo caso è l’Amore primordiale ed eterno di Dio Padre per il Figlio
unigenito, siamo comunque in presenza di una sottolineatura importante. Il Cristianesimo
è la religione dell’Amore, proprio perché questo Amore è infinito ed eterno.
Potremmo anche dire che in quella frase – “Questo è il Figlio mio, l’amato” –
c’è in sintesi l’indicazione del mistero della Trinità divina. Ci sono infatti
il Padre, che parla, il Figlio, presente in quel momento in terra, e lo Spirito
Santo, che è appunto Amore. Un richiamo importante per noi che da pochi mesi
abbiamo celebrato alla Spezia la beatificazione di Itala Mela, la grande
mistica della Santissima Trinità.