Il criterio di scelta dei
viaggi papali con papa Francesco risponde ad un solo obiettivo: con la sua
carismatica presenza aiutare a risolvere drammatici e annosi conflitti sociali
fatti di emarginazione, di discriminazione, di superiorità culturale, di
mancanza di libertà, di democrazia, e di rispetto reciproco.
Il viaggio in Bangladesh e Myanmar, oltre all’aspetto strettamente pastorale
per quelle minuscole e spesso dimenticate comunità cristiane, ha avuto uno
scopo ben preciso: porre fine all’inutile genocidio del popolo dei Rohingya rifiutato dalle due Nazioni
confinanti e mal tollerato persino da un premio Nobel per la pace che il Papa
ha voluto guardare negli occhi per rammentargli che la pace non ha confini di
etnie e di fede, ma è un diritto universale all’eguaglianza. Cile e Perù, che
nel nostro immaginario e scarsa conoscenza, riteniamo formati da pacifiche
popolazioni dove la fede cristiana ha radici molto profonde, al contrario, sono
vittime di faide feroci a sfondo politico-economico che provocano
diseguaglianze mostruose, emarginazioni intollerabili, specie, per le
popolazioni autoctone a vantaggio dei discendenti dei conquistadores spagnoli. La situazione in Cile per la Chiesa
cattolica è molto complicata e difficile, lo dimostra il rapido calo di coloro
che si dichiarano cattolici. Le ragioni sono molteplici: la sanguinaria
dittatura di Pinochet con la gerarchia spesso in silenzio, gli abusi sui minori,
anche qui, sottovalutati e tenuti nascosti o combattuti in modo poco
deciso. Ecco spiegata la freddezza
dell’accoglienza e la scarsa partecipazione di folla plaudente. Papa Francesco non si è lasciato intimorire
dall’indifferenza e ha tirato diritto sui problemi a lui cari, dedicando il suo
secondo giorno di visita al popolo dei Maquehue
che in 150 mila lo ha accolto festosamente. Al clero cileno il Papa ha indicato
la strada per evitare l’autoreferenzialità che allontana dalle periferie, cioè,
dalla realtà e dalla concretezza dell’azione evangelica. Sul Sinodo dei vescovi
dedicato ai giovani dell’ottobre prossimo è stato esplicito: voglio ascoltare i
giovani senza filtri. Espressione molto forte e indicativa. Il Papa è
consapevole che il futuro della Chiesa passa dall’ascolto delle nuove
generazioni e dalla capacità di comprensione e cura delle ferite sociali di cui
i giovani, anello fragile, sono costantemente vittime. In Perù, prima
d’incontrare le autorità civili, papa Francesco ha voluto conoscere e
immergersi nella drammatica condizione degl’indios e delle popolazioni indigene
dell’immenso bacino fluviale dell’Amazzonia (definito “polmone ecologico del
mondo”) oggetto di distruzione sistematica da parte dell’attività di pura
rapina di multinazionali - con la complicità dei poteri politici locali- che
considerano gli autoctoni ostacoli da eliminare. La selvaggia deforestazione,
in nome di un falso ecologismo moderno, altera irreparabilmente l’ecosistema e
distrugge l’habitat naturale e culturale delle pacifiche popolazioni, costrette
ad abbandonare il millenario stile di vita, in cambio solo di sofferenze
gratuite in nome di un progresso che puzza di regresso sociale. Di fronte alle
autorità peruviane, in risposta al discorso di benvenuto del chiacchierato
presidente, papa Francesco è andato giù pesante: ha parlato del degrado
ambientale e morale, del dovere dei governanti di ridare la speranza nel futuro
ai loro popoli, della necessità di una seria custodia del creato che contrasta
con il falso ecologismo moderno, legato ad interessi economici di pochi e
quindi avverso ai diritti e alle esigenze delle popolazioni e della loro
biodiversità. Conoscendo bene la realtà politica ed economica, in mano ad un
gruppuscolo di persone con pochi scrupoli, senza mezzi termini, ha condannato
la corruzione, ed ancora di più, l’assuefazione alla corruzione, come se fosse
un male necessario, perché entrambe (corruzione e assuefazione) uccidono la
speranza. Conclusione. Papa Francesco non sceglie i luoghi dove i bagni di
folla plaudente sono la norma; sceglie i luoghi dove le ingiustizie e i
problemi regnano sovrani, al fine di restituire, con la sua presenza forte e la
sua azione decisa, la speranza a chi ormai non sa più come sperare.