Nardino Grassi, che su questa
terra ha chiuso gli occhi per sempre all’inizio del mese di luglio, era stato,
tra il 1944 e il 1945, giovanissimo partigiano della brigata “Ugo Muccini”.
Come tutti i partigiani, anche allo scopo di non compromettere familiari ed
amici rimasti a casa, aveva dunque un “nome di battaglia”, diverso dal suo nome
di battesimo. Il nome di battaglia di Nardino era “Topolino”. Già questo
particolare suscita simpatia e tenerezza e, adesso, accresce il nostro
rimpianto per la perdita, tra di noi, di una persona straordinaria per umanità,
per rettitudine e per coerenza. Già quando si trattò di “andare ai monti”,
ovvero di unirsi alle formazioni partigiane che lottavano contro il nemico
invasore, quindi per la libertà e per la pace, il giovane Nardino, poco più che
venticinquenne, non ebbe incertezze. Il suo essere cattolico, legato con
convinzione alla fede dei genitori e della sua terra, non era un motivo di
remora ma, se mai, un motivo in più per un impegno che per lui era impegno di umanità
e di giustizia. Lo raccontava sempre, negli anni successivi, e spesso lo aveva
raccontato anche a me, nelle tante manifestazioni del 25 aprile e non solo
nelle quali non mancava mai, come alfiere della bandiera partigiana.
La Resistenza non è stata, nel suo profondo, un movimento ideologico, le
ideologie, se mai, sono venute dopo, bensì fu un movimento dal basso, di uomini
e donne che non ne potevano più dell’oppressione, della guerra, della violenza.
La rettitudine e l’integrità di coscienza di Nardino Grassi non potevano che
portarlo dunque alla scelta di diventare “Topolino”: giovane e di corporatura
minuta, quel nome gli si attagliava quasi alla perfezione, portando con sé la
simpatia ma anche l’ammirazione dei commilitoni.
Ma la vita di Nardino Grassi, benché abbia conosciuto una sorta di “battesimo
di maturità” in quei mesi partigiani, non si è certo esaurita lì. Io lo conobbi
a lungo, come giovane cronista, nel suo ruolo di cancelliere capo della pretura
di Sarzana. Ruolo difficile e spesso anonimo, quello del cancelliere, né
giudice né investigatore né avvocato. Ebbene, Nardino Grassi seppe per lunghi
anni interpretarlo in modo originale e, ancora una volta, ricco di umanità. I
giudici che si succedevano su quello scranno pretorile, alle prese molte volte
con procedimenti all’apparenza minori e poco interessanti, imparavano presto a
trovare in lui non solo un collaboratore fedele e professionalmente
ineccepibile, ma anche un consigliere prezioso, capace non di determinare giudizi
che a lui non competevano, bensì di rappresentare aspetti ed elementi di valutazione
che, magari, a prima vista potevano anche sfuggire. Lo stesso faceva nei
confronti degli imputati o, come nel mio caso, dei cronisti di turno. Insomma,
chi aveva modo di conoscerlo difficilmente riusciva a fare a meno della sua
competenza e della sua intelligente premura.
Lo stesso è valso, per decenni, nei luoghi dove ha vissuto con la sua famiglia,
tra Ortonovo, Luni Mare, Marinella di Sarzana. E, in modo tutto particolare,
nelle comunità parrocchiali che ha frequentato. Non si metteva in mostra, non
lo voleva fare, ma era quasi onnipresente, specie nelle occasioni importanti.
Ma se è giusto, svolgendo un tema, lasciare per ultime le cose più importanti,
altrettanto giusto è che questo breve ricordo si concluda con il richiamo alla
sua famiglia. La perdita dell’amatissima consorte e compagna di vita, alcuni
anni fa, lo aveva prostrato in maniera incredibile, e, per chi lo ha conosciuto
e incontrato in seguito, è stata la conferma di come per lui la famiglia fosse
davvero centrale, superiore a tutto. Così come lo dimostrano l’amore e
l’interesse con cui ha sempre seguito la figlia Stefania nelle diverse attività
professionali, di insegnamento, ed anche artistiche che la vedevano di volta in
volta protagonista.
Ora che non è più tra noi, forse riusciamo davvero ad accorgersi di quanto
fosse preziosa la sua presenza, e di come sia dolorosa avvertire la sua
mancanza. Di “Topolino” ci resta però il ricordo, insieme al desiderio di
poterlo incontrare di nuovo lassù, unito di nuovo, e stavolta per sempre, alla
sua consorte: un pensiero, quest’ultimo, che certo gli ha reso meno dolorosi e
tristi i giorni del distacco da questa terra.
Ciao, amico “Topolino”, e grazie delle tante cose che ci hai insegnato con la
tua testimonianza di vita …