(Prima parte)
Per comprendere le
“idilliache” condizioni di unione fraterna ed evangelica all’interno della
Chiesa d’Occidente basta ricordare che il Concilio di Costanza, di cui abbiamo
già parlato, dura quattro anni (1414 – 1418) tra infinite e feroci
contrapposizioni, mentre sono in carica tre tra papi e antipapi, appoggiati o
contrastati, ovviamente, dai poteri politici (imperatore e regnanti emergenti).
Questa ingarbugliata situazione, che si aggiunge allo scandalo da poco concluso
dell’esilio “avignonese” (1309 – 1377), produce la perdita di carisma e di autorità
della figura del pontefice, tanto da indurre i padri conciliari a sostenere la
tesi “conciliarista,” cioè il
Concilio ecumenico è al di sopra del papa che si riduce a semplice esecutore
delle deliberazioni conciliari. Tesi in evidente contrasto con la Tradizione e
la volontà di Gesù che in modo esplicito dà a Pietro, e a lui solo, il potere
di fondare e guidare la Chiesa. Comunque, risolto il problema dei tre papi, per
rinuncia volontaria e scomunica, Odone Colonna viene eletto dai 53 cardinali
presenti a Costanza il giorno 11 novembre 1417 e per questo assume il nome di
Martino V. Il card.
Colonna durante le sedute conciliari si era tenuto fuori da ogni disputa,
mantenendo un atteggiamento equilibrato e distaccato, per questa ragione i
cardinali lo ritengono la persona giusta e lo eleggono papa fuori dal solito
rituale del conclave, durante i lavori del Concilio, che Martino chiude pochi
mesi dopo la sua elezione, poiché ritiene esauriti i temi da discutere e perché
intende rientrare a Roma dove la
cattedra di Pietro è rimasta vuota da parecchio. Come di solito accade nelle
vicende umane dove, anche dopo aver preso di comune accordo decisioni e precisi
impegni, ognuno continua a fare i propri comodi, così, soprattutto nel nord
Europa le tesi riformiste dell’ungherese Huss e la voglia serpeggiante da tempo
di autonomia da Roma con i loro sostenitori laici e religiosi fanno nuovi proseliti
creando uno stato di fibrillazione nei rapporti con il Vescovo di Roma. Martino
V, nella speranza di portare un po’ di ordine nel disfacimento della disciplina
ecclesiastica e restituire credibilità alla istituzione Chiesa e al Papa,
ritenendo non del tutto errato un conciliarismo moderato, inteso come
collegialità nel governo della Chiesa, quindi di aiuto alla cattedra di Pietro,
in applicazione del decreto Frequens,
emanato dal Concilio di Costanza, che prevedeva la tenuta periodica di un
concilio, ne indice uno per il 1431 a Basilea, città neutrale anche da
influenze politiche, ma vicina ai focolai più preoccupanti di iniziative
riformiste ed eretiche. Martino V muore il 20 febbraio del 1431, quindi è il
suo successore (eletto il 3 marzo) ad aprire il concilio il 23 luglio 1431
attraverso il card. Giuliano Cesarini, legato papale a presiedere i lavori. Il
numero dei presenti è scarso (117 per le Chiese latine e 37 per quelle bizantine)
con una maggioranza decisamente a favore della superiorità del Concilio sul
Papa. Il successore di Martino è Eugenio IV, il veneziano Gabriele Condulmem,
monaco agostiniano “di grande fede,
serena saggezza e squisita cultura” (p. N. Fabbretti), che, resosi conto
dei rischi che correva la Chiesa e risultati vani tutti i tentativi di
riaffermare l’autorità papale con un ragionevoli concessioni, interviene in
modo deciso; infatti con la bolla ufficiale del 18 dicembre 1431 dichiara nullo
e chiuso il Concilio e richiama a Roma il cardinale legato Cesarini. La
reazione dei padri conciliari è di aperta ribellione e per sfidare il papa di
Roma tengono aperto il Concilio e decretano leggi e norme senza la firma di approvazione
del papa. In più, utilizzano uno strumento di ricatto di moda in quel periodo:
la nomina di un antipapa (24 maggio 1438) nella persona del conte Amedeo di
Savoia, uomo mite e religioso che prende il nome di Felice V e sceglie come
segretario l’umanista Enea Silvio Piccolomini, il futuro Pio II. Intanto
Eugenio IV si deve difendere come può anche da illustri e potenti “bracci
secolari” come i Colonna, eredi di Martino, che saccheggiano i tesori vaticani
e rivendicano la proprietà di Castel sant’Angelo e Ostia, Francesco Sforza di
Milano e Niccolò Fortebraccio (condottiero prima al servizio del papa e poi
acerrimo nemico ). Eugenio fugge a Firenze dove Cosimo dei Medici gli
garantisce protezione. Col tempo i ribelli conciliaristi sembra che si siano
fatti meno virulenti, mentre l’imperatore Sigismondo (incoronato a Roma dal
papa il 31 maggio 1433) e il re di Napoli Alfonso finiscono per schierarsi con
il papa legittimo. A questo punto Eugenio, che in un estremo tentativo di
conciliazione, aveva riconvalidato il Concilio di Basilea, sente di avere la
forza di trasferire il medesimo a Ferrara per poterlo controllare meglio e più
da vicino. Così con la bolla del 18 settembre 1437 decreta il trasferimento dell’Assemblea
conciliare nella città emiliana. La contrapposizione tra il Papa e i padri
conciliari rimasti a Basilea diventa uno scontro senza via d’uscita, fino ad
arrivare, come detto, ad eleggere l’antipapa. Di cosa si è discusso a Basilea?
Di niente che riguardasse la Chiesa e la fede, ma di come sfruttarle per i
propri tornaconti, poiché ai padri presenti premeva accrescere i propri
privilegi e poteri e mantenere lo status
quo, veramente indecente per l’ostentazione di ricchezza da parte della
gerarchia, a tutti i livelli, sia della Chiesa dell’esilio avignonese come di
quella di Roma. Padre Nazzareno Fabbretti parla senza mezzi termini di “decomposizione” di ogni valore morale
ed evangelico da parte di chi, invece, avrebbe dovuto essere di esempio. Tuttavia
si ribadisce la scomunica per gli Hussiti, eredi di Jan Hus ( sacerdote, teologo e rettore dell’Università di Praga ) che a Costanza era stato
scomunicato come eretico, condannato al rogo
e bruciato il 6 luglio 1415,
soltanto perché nelle sue omelie e lezioni predicava il ritorno vero allo spirito evangelico condannando la
corruzione dilagante, la simonia, l’eccessiva ricchezza ottenuta attraverso
mezzi spuri, la smania di potere e il lassismo dei costumi che avevano ridotto
la Chiesa ad una barca senza controllo in un momento storico così turbolento da
somigliare ad una tempesta tropicale. Viene considerato il primo “riformatore”
perché precede di alcuni decenni Lutero, Calvino e Zwingli. Gli hussiti sono aggrediti
con ben cinque crociate papaline, ma resistono alla violenta repressione e
saranno i primi ad aderire al movimento riformatore di Lutero. Concludo questa
prima parte che si riferisce solo a Basilea con una celebre frase dell’eretico:
“Perciò, fedele cristiano, cerca la
verità, ascolta la verità, apprendi la verità, ama la verità, dì la verità,
attieniti alla verità, difendi la verità fino alla morte, perché la verità ti
farà libero dal peccato, dal demonio, dalla morte dell’anima e in ultimo dalla
morte eterna.” ( Jan Hus, Spiegazione
della Confessione di fede, 1412 ).
Spero di non sbagliarmi: mi pare che di eretico ci sia solo la condanna. (continua)