PAPA FRANCESCO IN EGITTO. 800 anni fa Francesco di Assisi è andato,
disarmato o armato della sua dilagante fame d’amore, in Egitto per incontrare e
dialogare di pace con il sultano al-Malik
al Kamil. L’incontro, tra due persone tanto diverse tra loro, è stato
cordiale e pieno di rispetto reciproco, tanto che l’umile fraticello è tornato
nella sua Assisi incolume ed entusiasta, dimostrando come guerre e crociate,
che allora andavano di moda, non diano mai risultati duraturi, ma solo dolori,
sofferenze e morte, mentre il dialogo sia sempre in grado di dare frutti
impensabili.
Papa Francesco con il medesimo spirito di fratellanza globale ha incontrato
autorità civili e religiose alle quali ha ribadito quanto sia inutile il clima
di terrore che sta dilagando ovunque nel mondo, paradossalmente e
sciaguratamente nel nome e per conto del Dio Creatore che tutti riconosciamo,
seppure in modo e con nomi differenti. Abbiamo, dice Francesco, “il dovere di smascherare i venditori di
illusioni circa l’aldilà, che predicano l’odio per rubare ai semplici la loro
vita presente e il loro diritto di vivere con dignità, trasformandoli in legna
da ardere.”
Evidente è il riferimento ai giovani delle periferie sociali, culturali ed
economiche, fragili ed arrabbiati insieme, perché abbandonati senza futuro dai
governanti e dall’opulenza sfacciata di una minoranza, quindi irretiti e facile
preda degli addestratori di odio estremo. “
L’Egitto, aggiunge il Papa, che al tempo di Giuseppe salvò gli altri
popoli dalla carestia è chiamato anche oggi a salvare questa cara regione dalla
carestia dell’amore e della fraternità; è chiamato a condannare e a sconfiggere
ogni violenza e terrorismo; è chiamato a donare il grano della pace a tutti i
cuori affamati di convivenza pacifica.” La convivenza pacifica non è solo aspirazione
dei cristiani, oggi più duramente colpiti e perseguitati che ai tempi
dell’Impero romano, ma è una richiesta che sale impetuosamente anche dal mondo
islamico. Dappertutto fortissimo è il desiderio di vivere nella sicurezza e
nella dignità: milioni di persone non chiedono altro.
L’imam della moschea-università al-Azhar,
Ahmedi al Tayyib, massima autorità dell’islam sunnita, nel cordiale e nei
gesti caloroso incontro con il Papa, ha ribadito che l’Islam è una fede di pace
e di rispettosa convivenza tra diversi, quindi, totale e netto è il rifiuto
della violenza, a maggior ragione, nel nome della religione e di Dio, in pieno
accordo con Francesco, che ribadisce come “
soltanto la pace è santa: violenza e fede sono incompatibili.”
Papa Francesco si è presentato pellegrino di pace, ma anche pellegrino
ecumenico, portando la solidarietà sincera dei fratelli cattolici alla comunità
cristiana copta per il clima di orrore e di morte di cui è vittima da tempo.
“Arrivando qui come pellegrino, ero certo
di ricevere la benedizione di un fratello che mi aspettava.” Così ha
spiegato l’abbraccio pieno di affetto con il papa copto. “Con gli ortodossi ho sempre avuto, sostiene il Papa parlando con i
giornalisti durante il viaggio di ritorno, una
grande amicizia. Siamo Chiese sorelle. Con il papa copto Tawadros II ho
un’amicizia speciale, per me è un grande uomo di Dio, è un grande patriarca che
porterà la Chiesa avanti.
Ha un grande zelo apostolico. L’ecumenismo si fa in cammino con le opere di
carità, stando insieme. Non esiste un ecumenismo statico.” E conclude che
il lavoro dei teologi non può finire bene se non si cammina insieme con spirito
fraterno e costruttivo.
PAPA
FRANCESCO A FATIMA. Nell’omelia della S. Messa di canonizzazione
di Francesco e Giacinta Marto, papa Francesco si sofferma sulla luce che emana
la “Signora tanto bella” e il chiaro messaggio che essa indica. Lucia racconta
che lei e i suoi cuginetti si sono trovati improvvisamente dentro un fascio di
luce intensa che irradiava dalla Madonna. Per il Papa “Ella li avvolgeva nel manto di Luce che Dio Le aveva dato…Fatima è
soprattutto questo manto di luce che ci copre, qui come in qualsiasi altro
luogo della Terra, quando ci rifuggiamo sotto la protezione della Vergine Madre
per chiederLe, come insegna, la salve Regina, “mostraci Gesù”. Non potevo non
venire qui per venerare la Vergine Madre e affidarle i suoi figli e figlie.
Sotto il suo manto non si perdono; dalle sue braccia verrà la speranza e la
pace di cui hanno bisogno e che io supplico per tutti i miei fratelli nel
Battesimo e in umanità. Carissimi fratelli, preghiamo Dio con la speranza che
ci ascoltino gli uomini e rivolgiamoci agli uomini con la certezza che ci
soccorre Dio. Egli ci ha creati come uno speranza per gli altri, una speranza
reale e realizzabile secondo lo stato di vita di ciascuno. Non vogliamo essere
una speranza abortita!” La canonizzazione di Francesco e Giacinta non è
legata al miracolo della visione di Maria, ma alla santità e alla maturità
della fede manifestata dai tre pastorelli, che hanno “vissuto in modo diverso e
molto personale la chiamata a servire il Signore dopo la missione affidata loro
dalla Vergine.” (Angela de F.Coelho, postulatrice) I tre veggenti si sentono,
nonostante la giovanissima età, testimoni e portatori della sollecitudine di
Dio per le sorti dell’uomo e del mondo attraverso Maria. Francesco,
caratterialmente portato alla riflessione contemplativa, aspirerà nella sua
breve esistenza a conformare la sua vita a Gesù e a cercare, come un vero
mistico, il Dio nascosto: difatti frequenti sono i suoi silenzi dinnanzi al
Tabernacolo della piccola chiesa del villaggio. Giacinta sa di essere custode
di quanto ha visto e ascoltato e delle precise richieste della “Signora,” così
si fa carico delle medesime preoccupazioni che il Signore ha, e manifesta
attraverso Maria, per il destino di tutta l’umanità, se l’uomo non si converte
davvero.
Durante la recita del Rosario la sera di venerdì 12 maggio, l’immensa
fiaccolata sulla spianata della cappella delle apparizioni, il raccoglimento
dei presenti e il silenzio assoluto di meditazione chiesto dal Papa, hanno
mostrato che la fede vera c’è ancora e che può essere il lievito sicuro verso
la conversione, la pace, la giustizia, la fratellanza, ecc. ecc.