.Sempre
tenendo come riferimento il volume “I
vescovi di Roma” di padre Nazzareno Fabbretti provo a ricostruire brevemente il degradato e
infuocato contesto storico in cui si svolge il Concilio in esame, perché è figlio esclusivamente di eventi politici poco
edificanti e non di vere e sentite esigenze religiose, sebbene non manchino. La
fase calante dell’egemonia imperiale, lascia spazio all’arroganza
espansionistica di una nuova potenza europea: il regno di Francia. Inoltre la
certezza della reale supremazia del
potere religioso su quello temporale, lungi dall’essersi esaurita, determina
una lunga lotta senza esclusione di colpi tra re Filippo il Bello e papa Bonifacio VIII
–Caetani, che culmina il 3 settembre 1303 con il famoso schiaffo di Anagni
inferto al papa da Guglielmo di Nogaret spalleggiato da Sciarra Colonna, la cui
famiglia è acerrima nemica dei Caetani, e la successiva morte del papa, distrutto fisicamente e psicologicamente dal
gesto irriverente. Il successore Benedetto XI ( 1303 – 1304 ) si assume l’onere
di mettere ordine e pace tra le parti: infatti ricuce con la famiglia dei
Colonna e toglie le censure inflitte a Filippo e ai suoi, ma scomunica il
Nogaret. Benedetto muore improvvisamente e a Perugia i cardinali, dopo 11 mesi
di conclave, condizionati dal partito francese, eleggono Bertrand de Goth,
vescovo di Bordeaux, col nome di Clemente V, che invece di recarsi a Roma, sua
sede naturale, e affrontare le liti tra le famiglie nobiliari e cardinalizie,
pone la sua residenza a Lione, poiché ritiene di poter svolgere al meglio la
sua missione sotto la ingombrante, ma sicura, protezione dello scaltro Filippo.
Clemente si fa costruire lo splendido castello-reggia di Avignone, dove nel
1309 trasferisce ufficialmente la residenza pontificia. La schiavitù avignonese
durerà fino al 1377 sotto il potente e condizionante influsso della monarchia
francese: ne consegue che i papi avignonesi brillino tutti di mediocrità religiosa
e politica. Con Clemente V ( 1305 – 1314 ) ha così inizio il volontario esilio in Francia del vescovo di Roma, ormai
vassallo alla mercé del re. Filippo il Bello ( 1268 – 1314 ) non perde tempo a
plagiare il papa e a farne una propria creatura e pedina a completa
disposizione. Filippo dispensa al papa privilegi che odorano di simonia come la
concessione di riscuotere per 5 anni le sue decime ( denari necessari per la
costruenda reggia papale ) e di nominare nove dei dieci cardinali francesi, ma
il re ha mire e contropartite precise e molto consistenti:impadronirsi delle
enormi ricchezze dell’Ordine religioso-militare dei Templari, molto
chiacchierato, anche ad arte da parte del re, per il suo potere e la ricchezza,
che vanno spesso di pari passo con la rilassatezza morale e la protervia. Il re
astutamente si presenta come il moralizzatore e promotore della purezza della
fede e dei costumi, ma la realtà è ben altra: a causa della sua politica di
grandezza i debiti della corona sono ingenti, quindi, confiscando i beni dei
Templari, le pubbliche finanze rientrerebbero nella norma. Il fiacco papa
francese acconsente proponendo la fusione dei Templari con i Cavalieri di San
Giovanni ( Ordine di Malta ), ma il gran Maestro di questi ultimi rifiuta. Filippo
furioso rompe gl’indugi, imprigiona i
capi dei Templari e sequestra con la forza i loro possedimenti. A completare l’opera,
arriva a Parigi la neonata Santa Inquisizione, il tribunale supremo della
Chiesa in fatto di ortodossia, che ha come regola costante torture e roghi per
lo più contro innocenti colpevoli solo di essere catalogati come streghe, maghi
o modesti eretici. Filippo, come potere civile deputato all’esecuzione
materiale delle condanne dell’Inquisizione, ne approfitta come e quanto può e
vuole. Il Vicario di Cristo e il Vescovo di Roma, Clemente V, bontà sua, a
questo punto, sente il bisogno di una timida protesta e convoca con la bolla Regnans in excelsis del 12 agosto 1308, un Concilio generale per
il 1 novembre 1310 a Vienne, cittadina francese nel Dipartimento Rodano-Alpi.
Nella bolla vengono nominati espressamente i delegati invitati a partecipare (
sono esclusi i contrari al re francese): 235 padri conciliari in tutto. I non
convocati e gli assenti hanno la facoltà di farsi rappresentare da persone
idonee, cioè gradite al re. Il papa invita 14 sovrani europei e l’imperatore
Enrico VII. Nella bolla il papa indica il preciso ordine del giorno dei lavori:
la questione dei Templari, l’organizzazione di una crociata, lo stato della
fede e della Chiesa, la riforma della Chiesa. A causa del protrarsi dei
processi inquisitoriali contro i Templari, l’apertura del Concilio è spostata
al 16 ottobre 1311. All’assemblea d’inizio lavori sono presenti solo circa 170
degli invitati, di cui un terzo dei
vescovi e la metà degli abati sono francesi: sorge spontaneo qualche dubbio
sull’ecumenicità. Tre sono le solenni sessioni di lavoro. La decisione di sciogliere
i Templari è del Concilio, ma è determinata dalla volontà prepotente di Filippo
e dall’acquiescente debolezza del papa. Per fare pressione sul papa e i padri
conciliari, Filippo porta a Vienne tutta la famiglia reale, minaccia un
processo postumo contro Bonifacio VIII e la convocazione degli Stati generali
del Regno nella vicina Lione; così Clemente V, che aveva avocato a sé la
sentenza definitiva sull’Ordine, propone all’Assemblea due ipotesi di
soluzione: o il processo o la soppressione per via amministrativa ( senza
condanna ). La votazione plebiscitaria per la seconda opzione sancisce la
vittoria totale di Filippo e la fine dei Templari. Nella imponente sessione del
3 aprile 1312 viene letta la bolla Vox in
excelso, nella quale il papa, dopo aver ripercorso la storia dell’Ordine,
delle accuse, dei processi promossi dall’Inquisizione in vari Paesi, del lavoro
della commissione conciliare nominata ad hoc, ammette che dalle risultanze non
è corretto procedere giuridicamente, ma
a causa dei sospetti, l’Ordine viene soppresso per via amministrativa. (
Un vero inciucio, peggiore di un compromesso)
Nella medesima sessione si affronta il problema della Crociata. Il re
francese si impegna entro un anno a dare inizio alla spedizione in Terra Santa.
Si discutono diverse proposte strategico-militari ed economiche per dare
concretezza al progetto caro al papa. Si decide di imporre le decime a tutte le
chiese per sei anni; in realtà Filippo ottiene le decime e anche quelle papali
per una crociata che non si farà mai, malgrado le reiterate promesse: i soldi
servono a risanare le vuote casse del regno. Nella terza ed ultima sessione ( 5
maggio 1312 ) si affronta la questione della fede condannando diverse eresie
minori e pseudo- congregazioni religiose spesso di natura spontaneista come quelle
delle “Beghine” e dei “Begardi,” affermando che l’uomo non può raggiungere da
solo uno stato di perfezione e di grazia completo, ma necessita di mezzi come
la preghiera, l’obbedienza all’autorità e ai precetti della Chiesa, l’esercizio
della virtù. Per quanto riguarda i rapporti Stato - Chiesa si sottolinea la
salvaguardia dei diritti della Chiesa
quale espressione del potere spirituale sugl’altri poteri che da esso
discendono. Infine si adottano decreti di riforma che riguardano i Benedettini
e la famiglia francescana, dilaniata da
una dura controversia tra spirituali e conventuali, miranti ad una linea di
rispetto reciproco ( costituzione Exivi
de paradiso ). Il succo di questo Concilio è : si è voluto dare dignità e
correttezza canoniche a cose che non possono averne, ma che mettono in grave
difficoltà l’istituzione Chiesa.
NOTA: Beghine (donne) e Begardi (uomini) sono associazioni religiose formatesi al di
fuori della struttura gerarchica della Chiesa con lo scopo di una rinascita
spirituale della persona attraverso una vita di tipo monastico, ma senza voti.
Queste associazioni nascono nelle
Fiandre intorno al 1150 e si sviluppano nel nord Europa: Germania, Olanda,
Belgio e nord della Francia. Il nome deriverebbe dal vocabolo sassone” begger” che vuol dire “ mendicare”. Anche
in Italia abbiamo la nascita degl’ordini mendicanti come i francescani che
all’inizio hanno avuto molte difficoltà ad essere riconosciuti, prima
provvisoriamente da papa Innocenzo III e poi definitivamente da papa Gregorio X
nel Concilio di Lione II ( 1274).