COMMENTO ai VANGELI – Marzo
2017, Anno A
Domenica 5 marzo – Domenica I
di Quaresima - (Matteo
4, 1 – 11)
L’origine della Quaresima e del suo significato –
ovvero i quaranta giorni e le quaranta notti trascorsi da Gesù nel deserto,
digiunando – è raccontata dai tre Vangeli sinottici (Matteo, Marco e Luca). Il
racconto culmina con l’episodio delle tentazioni di Satana, che è al centro del
brano odierno, primo Vangelo domenicale del periodo liturgico di Quaresima.
Come ha osservato il cardinale Ravasi, non sembrano esserci dubbi sul fatto che
la tentazione sia stata un’esperienza reale di Gesù. Difficile immaginare che
la comunità cristiana delle origini abbia inventato un simile episodio, così
fortemente drammatico, se non fosse stato Gesù a raccontarlo. Il senso del
racconto, ovvero l’essenza stessa della tentazione diabolica (che ha sempre,
non dimentichiamolo, una forte connotazione psicologica) sta nel tentativo,
respinto da Gesù, di deviare la sua missione dal mandato affidatogli dal Padre:
verso cioè un impegno puramente sociale (i pani) o
taumaturgico (il prodigio della caduta dal pinnacolo del tempio rimanendo
illeso) o politico (i regni della terra). Matteo sottolinea, di suo, com’è
caratteristica di tutto il suo Vangelo, la base biblica della missione di
Cristo: al diavolo “loico” (per dirla con Dante, cioè sapiente), Gesù replica
con fermezza e con sapienza ancora maggiore. E’ quello che dobbiamo cercare di
far anche noi, nei limiti delle nostre forze ma sempre con l’aiuto della
Grazia, di fronte alle nostre tentazioni quotidiane.
Domenica 12 marzo – Domenica
II di Quaresima (Matteo 17, 1 - 9)
Che cosa ha a che fare l’episodio detto della
“trasfigurazione” di Gesù, che leggiamo, con il periodo della Quaresima? Ce lo
ha spiegato Papa Francesco in un “Angelus” del 2014. La Quaresima, metafora
della vita dell’uomo, è insieme “salita” e “discesa”: luogo e tempo per
affrontare le tentazioni e per sconfiggerle. Anche oggi Gesù “sale” sul monte
Tabor e poi “discende”.
Noi tutti – dice il Papa - abbiamo bisogno di
andare in disparte, di “salire sulla montagna” per trovare noi stessi e per
udire meglio la voce del Signore. Ma non possiamo rimanere lì! Dobbiamo poi
scendere, trasfigurati noi stessi dalla Grazia di Dio, e pronti, serbandola nel
silenzio del cuore, a metterla a frutto nei confronti dei nostri fratelli che
sono nel bisogno, materiale e spirituale. Per questo la Quaresima è anche tempo
di carità fraterna (i “salvadanai” da riempire).
Domenica 19 marzo – Domenica
III di Quaresima (Giovanni 4, 5 - 42)
La Pasqua si avvicina e il tema della Grazia resta
al centro della liturgia.
Tanto che la Chiesa “sospende” la lettura di Matteo, cui è dedicato l’attuale
anno liturgico, per proporci un brano di Giovanni, molto noto: l’incontro di Gesù
con la donna samaritana. C’è un singolare parallelismo con l’episodio di
un’altra donna, l’adultera, che Giovanni racconta pochi capitoli dopo e che la
Chiesa talvolta fa leggere appunto nelle domeniche di Quaresima. Entrambe
queste donne vengono “salvate” da Gesù, rispetto a comportamenti sanzionati
dalle regole giudaiche: l’adultera dalla pena di morte per lapidazione, la
samaritana da quella che potremmo chiamare una “scomunica”, della quale il brano
stesso spiega le ragioni. Non a caso, alla fine c’è il riconoscimento di Gesù
come “salvatore”. La donna, nella società ebraica (e non solo), aveva
una posizione di debolezza. E’ bello dunque vedere come il Vangelo proponga
Gesù come salvatore nei confronti proprio di due donne del suo tempo.
L’episodio è uno degli episodi “eucaristici” di Giovanni (“l’acqua che io
darò … zampilla per la vita eterna”, “ho da mangiare un pane che voi non
conoscete”). L’annuncio di salvezza che Gesù propone in questi episodi è
davvero annuncio “gratuito”, di Grazia, e l’Eucaristia ne diviene sostanza.
Domenica 26 marzo – Domenica
IV di Quaresima (Giovanni 9, 1 – 41)
Nella quarta domenica di Quaresima il rigore
penitenziale si attenua e dalla liturgia sembra fare capolino la gioia della
Pasqua ormai vicina. Non a caso, dalla prima parola della liturgia latina,
questa si chiama la domenica “Laetare”, verbo latino che vuol dire “Rallegrati”.
Ed anche il viola dei paramenti talora viene sostituito dal rosaceo. Il Vangelo
è ancora di Giovanni, dal quale leggiamo l’intero capitolo nono. E’ un altro
episodio di “grazia” e di “salvezza” che Gesù elargisce nei confronti di una
persona ai margini della società di allora: il cieco nato. Il minuzioso
racconto del vero e proprio processo al quale i farisei, increduli, lo
sottopongono dopo la guarigione rende bene la differenza tra la semplicità del
gesto di Gesù e la cavillosa, pervicace, burocratica insistenza farisaica. Sono
i veri ciechi, costoro, ma ostentano di vedere: per questo, dice loro Gesù,
sarete condannati. Non sono le regole, come quella del sabato, a salvare, ma la
forza genuina del riconoscimento di un incontro.
Ecco la grande attualità di questo brano …