5a domenica del tempo ordinario (Mt.5.13-16)
Ci definisce "sale", ci definisce
"luce". Il Maestro segna così la nostra carta di identità di
cristiani. Ma il nome non è per un riconoscimento esterno. Lui non dice
"vi chiamate" ma "siete!"
Siete fatti di sale e di luce. La vostra essenza è sapore e bagliore,
con un profumo che sa di alleanza e di rivelazione. Infatti il sale è il
simbolo di un patto che il Signore ha stipulato con l'uomo. Nel libro dei
Numeri si racconta di " un eterno patto di sale con il Signore" e,
nelle "Cronache": " Il Signore Dio di Israele ha dato per sempre
il regno di Israele a David e ai suoi figli, con un patto di sale". Il
cristiano, allora, è chiamato a farsi, nei suoi giorni, seminatore di sale che
poi significa testimoniare una Presenza, credere a una fedeltà che il Signore
sempre onora, dare a tutto, anche ai gesti più piccoli, il sapore dell'amore.
La luce, per i nostri padri, era segno di rivelazione. Gesù insegna che la Luce è Lui. E'il definitivo
rivelatore. E' la "Luce vera" scriverà Giovanni. Eppure questo nome, per Gesù, deve abitarci.
Così scatta per noi una missione: diventare vangelo vivente con una vita buona,
"cristiana" che faccia luce nella città. La daremo, se conserveremo
la luce che abbiamo ricevuto e riceviamo
specialmente dalla Parola e l'Eucarestia. Il cristiano porta una luce
che non è sua ma di Gesù. Allora, la domanda cruciale: vivere come lampada
accesa o lampada spenta? La vocazione cristiana ha una sola risposta: lampada
accesa.
6a domenica del tempo ordinario (Mt.5. 17-37)
Questo brano rischia di metterci in crisi. Presi dall'idea,
sbagliata, che il Vangelo sia tutto latte e miele, ci si resta male a sentire
oggi le parole di Gesù che Matteo riporta. Sono taglienti, severe, sembra che
non lascino scampo. Eppure, dentro quelle parole che lì per lì ci danno noia,
c'è un segreto: come far fiorire la vita, nostra e del mondo. Attraverso
immagini incisive, da non prendere alla lettera, "taglia la mano, cavati
l'occhio..." etc. c'è, segnata, una via di gioia che sorprende. C'è
segnata una liberazione. Quel "ma io vi dico!" del Maestro ci fa
compiere un salto di qualità notevole perché aiuta a passare da un'osservanza
esterna e faticosa della Legge, a una scelta che coinvolge totalmente il cuore.
E' qui che si gioca tutto il nostro essere discepoli. C'è una cosa ancora da
considerare: la colpa dei nostri sbagli è per lo più degli altri o della
società, o altre cause. Bisogna far spazio alla verità: il più delle volte, il
peccato è solo nostro. Gesù usa immagini da comprendere e ci coinvolgono
personalmente. "Se la tua mano, se
il tuo piede... il tuo occhio..." sono luoghi dove il male si è annida,
dove occorre intervenire. Come? Facendoli strumenti di bene. Facendo diventare
la mano un mezzo di amore, che offre un
bicchiere d'acqua all'assetato; facendo diventare il piede "beato"
come esclama la Parola quando afferma: "Beati i piedi che vanno ad annunziare il bene, ad
annunziare la pace". Insomma, una vita convertita. Quando tutto può
diventare dono.
7a domenica del tempo ordinario ( Mt.5.38-48)
Ci chiedi troppo, Signore; verrebbe da esclamare ascoltando
le parole evangeliche di questa domenica. Con un "botto" finale che
toglie il fiato: Siate perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste".
Noi quasi ci inquietiamo; Lui, invece, scommette su di noi, dandoci una stima
che dovrebbe farci volare. E una grazia, oltretutto: capovolgere la mentalità corrente dove la
violenza fa da padrona, l'indifferenza
da stile di vita, la vendetta come frutto da assaporare. A un mondo avvelenato,
il Maestro vuole che i suoi discepoli facciano la differenza. non perché
migliori, ma perché innamorati di una Parola, di un progetto che rende buona e
bella la vita. Con una scelta che è quella di Gesù: un amore senza calcolo.
Ecco, allora, lo snodarsi della guancia offerta; del mantello donato, del
prestito senza ritorno. Tutti segni di un cuore che somigli a quello del
Maestro. Con un vertice da capogiro: perdonare e pregare per i propri nemici. E
in questo mondo straziato passeremo come seminatori di un Vangelo di pace.
8a domenica del tempo ordinario (Mt. 6.24-34)
Cosa non si fa per il denaro! Delitti, liti anche fra fratelli, perfino le
guerre ne sono per lo più figlie. Tredici milioni, una cifra scandalosa, sono
gli italiani che attraverso siti
particolari, sale giochi, scommettono per arricchirsi, finendo magari sul
lastrico... Del denaro se ne diventa servi, anzi: schiavi. Il discepolo di Gesù
è chiamato alla scelta di dare assoluta preferenza a Dio, Lui solo adorare, ben
sapendo che il frutto non sarà due soldi in più, ma regnare con Lui con i
"frutti" del Regno: grazia, amore, giustizia, pace. In una gioia
senza termine. Il Maestro contesta duramente il nostro pensare al dopo, con
affanno. Ha ragione, perché significa non credere all'amore. "Può una
madre dimenticare il figlio? Ma se anche lo facesse io non lo farò". Così
dice il Signore. Il Maestro non vuole affatto che viviamo "alla
carlona" tanto ci pensa Lui.. S. Paolo rimproverò, a suo tempo, quei
cristiani che con la scusa che ritornava il Signore, non facevano nulla,
vagabondavano. Siamo invece chiamati a spendere i nostri "talenti"
con passione e sacrificio: solo a questo punto il Signore agisce. Bello quello
che ci invita a considerare: gli uccelli del cielo, sfamandoli; i gigli e l'erba del campo, rivestendoli di
bellezza. Con un rimprovero da noi meritato: "Non farà assai di più per
voi, uomini di poca fede?" Nei
"Promessi Sposi" il Manzoni fa della "provvidenza" una
colonna portante del romanzo. Lui crede all'intervento di Dio nelle cose umane
per aiutare i suoi figli. Bello l'episodio di Renzo che pur in grosse
difficoltà, si sente portato ad aiutare chi è nel bisogno: "La c'è la
Provvidenza! - disse Renzo; e, cacciata subito la mano in tasca, la votò di
quei' pochi soldi; li mise nella mano che si trovò più vicina, e riprese la sua
strada... " Se nel nostro vivere i giorni ci facessimo accompagnare da una
fede come quella di Renzo, nel nostro cuore splenderebbe sempre il sole.