SUI DIRITTI
UMANI DISATTESI OVUNQUE
Anche la pletorica, quanto
fiacca, Organizzazione che vorrebbe unire le Nazioni ( ONU ) è riuscita, a suo
tempo, a stilare un documento sui diritti umani e uno su quelli dei minori
ritenendoli entrambi valori universalmente riconosciuti e da rispettare. La
cronaca ci propone le quotidiane violazioni da parte degli stessi Stati
firmatari. Nei modi più vari e variabili il più forte stritola il più debole.
All’Onu si riuniscono con frequenza in assemblea, spendendo un patrimonio per
farlo, parlano e sottoscrivono dichiarazioni di principio dal valore reale pari
allo zero. Così anche nella piccola e poco conosciuta Repubblica di Birmania o
Myanmar da oltre 50 anni, i democratici militari, messi al potere, perché unica
struttura funzionante, al momento dell’indipendenza concessa nel 1948 dalla
Potenza coloniale ( Regno Unito ), hanno fatto e disfatto ogni cosa a proprio
piacimento in barba alle più elementari norme di legalità.
E’ noto quale concetto di libertà e
rispetto della persona abbiano le dittature qualunque sia il colore politico e
religioso. Ne dovrebbe sapere qualcosa il Premio Nobel per la Pace del 1991, la
signora Aung San Suu Kyi, che sotto il governo militare ha vissuto isolata dal
mondo per 27 anni tra carcere e arresti
domiciliari, diventando un simbolo della lotta non violenta per i diritti
umani. Una recente zoppicante e “democratica” Costituzione che garantisce il
25% dei seggi parlamentari e il diritto di veto alla casta militare, ha
permesso comunque al detto Premio Nobel di avere la disponibilità di incidere
nel processo di democratizzazione e pacificazione del Paese. Eppure, solo
quando la foto del piccolo di 16 mesi, Mohammed Shohayet, con il corpicino e il
viso affossati nel fango nel vano tentativo di sfuggire all’ennesime gratuite
angherie contro una minoranza colpevole
di vivere nell’area di confine con il Bangladesh, ha fatto il giro del
mondo suscitando orrore e sdegno, si è deciso di intervenire arrestando quattro
poliziotti che filmavano le loro prodezze. Al solito non si va a colpire i veri
colpevoli della cultura dell’odio, ma insignificanti pedine addestrate
scientemente all’odio. I Rohinya sono una minoranza etnica bengalese e
musulmana che da secoli vive in territorio birmano a maggioranza buddista: non
sono riconosciuti come cittadini, ma solo immigrati indesiderati da eliminare.
I premi Nobel per la Pace e molte altre personalità, come Romano Prodi e Emma
Bonino, hanno scritto una lettera all’Onu sollecitandolo a intervenire per
evitare che la pulizia etnica in atto continuasse a compiere crimini orrendi.
La lumaca ONU sta riflettendo.
Ovviamente è molto criticato il comportamento della signora premio Nobel
birmano per non essere ancora intervenuta, nonostante il suo ruolo chiave nel
governo, in difesa di un piccolo popolo tra i più perseguitati del mondo e che
negli ultimi decenni ha “subito campagne di marginalizzazione e deumanizzazione.
” Perché ho scritto queste righe? Mi è sorto un dubbio atroce: i diritti umani
sono un diritto sacrosanto quando vengono toccati i propri interessi o quelli della
propria etnia o sono un inalienabile valore universale? La signora Aung San Suu
Kyi dovrebbe meditare su questo concetto, se non vuole che si pensi e si dica che, forse, nel
1991 il Nobel per la Pace ha preso un indirizzo sbagliato. Concludo dicendo che
anche nel Mediterraneo il diritto di vivere in pace nella propria terra è messo
in dubbio e impedito proprio da chi – è paradossale! - per secoli ha subito ogni sopruso persino dai
papi ( vedi le ultime quattro costituzioni del Concilio lateranense IV).
Ho soltanto evidenziato alcune stranezze tragiche che accadono in questo pazzo mondo governato da uomini che si
ritengono degni di poterlo fare nel nome, per conto e, ovviamente, per il bene
di tutti, esclusi quelli che danno fastidio e sono molti. Per questo motivo,
sempre di più, i diritti umani si svalutano di fatto a valore relativo e non
assoluto. Non vi sembra fortemente
preoccupante?