N° 9 - Ottobre 2016
LE PAROLE SEMPRE GIOVANI DI UN “VECCHIO” PRETE
di Egidio Banti


Nel mese di luglio “Il Sentiero” ha pubblicato il resoconto del convegno tenutosi a Sarzana, nella sala “Barontini”, in occasione della presentazione della ristampa del volume “Commenti ai Vangeli” di padre Vincenzo Damarco.
Damarco, come i lettori ricorderanno, scomparso prematuramente nel 1974, era un religioso vincenziano. A Sarzana, dove viveva nella Casa della Missione, e nei territori circostanti, per esempio anche all’Olmarello e a Carrara, il suo contributo di dialogo e di confronto con tutti, credenti e non credenti, giovani e meno giovani, fu assai importante per costruire un clima pastorale e culturale in grado di dare attuazione al Concilio Vaticano II, riunito a Roma proprio in quegli anni.
Per questo, come è stato osservato da autorevoli relatori nel convegno di Sarzana, i suoi scritti mantengono un carattere di forte attualità in tempi come gli attuali di grandi cambiamenti, e, quindi, di continua messa in discussione di abitudini “consolidate”.
Tra le testimonianze portate in quella occasione, ci fu quella di don Sandro Lagomarsini, giovane sacerdote a Sarzana negli anni di Damarco ed ora, da vari decenni, parroco in alta Val di Vara. Don Sandro descrisse con la vivezza di immagini che gli è propria il suo lavoro a fianco dei profughi non italiani ospitati nella colonia della Croce Rossa di Varese Ligure.
Anche da quella testimonianza, così come dalla sensibilità di molti degli appartenenti al gruppo degli “Amici di Damarco”, è nata una delle iniziative che, a partire dal convegno, si è sviluppata nei mesi seguenti, nonostante il periodo estivo, intersecandosi con il dibattito molto forte che è presente ogni giorno nelle pagine dei giornali e nei talk show televisivi, e che in ogni caso non può non interpellarci da vicino: il tema dell’accoglienza, della integrazione possibile, del dialogo tra culture e spesso tra fedi religiose diverse.
Gli aspetti sono due: quello legato all’emergenza, cioè alla prima accoglienza ed ospitalità di chi arriva via mare dall’Africa e dal Medio oriente (la Siria, in particolare), ed è questo il caso della Croce rossa di Varese Ligure così come della Caritas a Sarzana e alla Spezia; e quello legato invece all’integrazione attiva di quanti tra quei profughi, passato il vaglio dell’apposita commissione, ottengono il permesso di restare in Italia (e qui, almeno in Liguria, siamo quasi all’anno zero).
Un terzo tema si aggiunge, più delicato e difficile da risolvere ma destinato comunque a restare sullo sfondo e a non essere ignorato, visto che si parla pur sempre di persone umane e, in termini cristiani, di “fratelli” e “sorelle”: la sorte dei cosiddetti “irregolari”, i migranti cioè privi di permesso regolare e sottoposti quindi ad ogni possibile ricatto nel loro tentativo di vedersi in qualche modo accolti in quella che ai loro occhi (forse non ai nostri, ma è così) la ricca ed opulenta Europa.
Nel mese di agosto il governo italiano ha emanato un decreto ministeriale, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 27 agosto, che riordina tutta la materia e che dovrebbe segnare, pur ancora tra significative lacune ed incertezze, il passaggio per così dire dalla “fase uno” (l’emergenza) alla “fase due” (l’integrazione), legata al cosiddetto SPRAR, il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.
Le polemiche sui giornali, e tanto più quelle che si fanno nei bar, sono una cosa, la realtà è un’altra. Questi rifugiati, anche se in numero minore rispetto a quelli accolti in fase di emergenza, ci sono, e sono destinati ad essere di più, almeno per un certo numero di anni.
Papa Francesco è stato chiaro, non solo nelle parole e negli appelli, ma anche nei fatti: dall’elevazione alla porpora cardinalizia del vescovo di Agrigento Francesco Montenegro sino al recente accogliere alla tavola della sua mensa, durante l’incontro ecumenico di Assisi, venticinque migranti di vari paesi.
L’impegno in questo campo del gruppo degli amici che cercano di attualizzare l’insegnamento di padre Damarco sembra dunque aver colto il senso di una emergenza non solo materiale, ma anche culturale e spirituale: l’Europa di domani, ma anche dunque l’Italia di domani, la Ortonovo di domani, o saprà fare i conti, certo in modo equilibrato e dignitoso, ma comunque efficace, con questa realtà, oppure non sarà.
La “Gaudium et spes”, il documento del Concilio sulla Chiesa nel mondo contemporaneo al quale spesso Damarco si riferiva anche nelle sue omelie, parla delle sfide, delle attese, delle speranze dei nostri tempi. Oggi quelle sfide si sono moltiplicate in modo tremendo, e ai cristiani compete, in stretta vicinanza con tutti – credenti o non credenti -, di affrontarle in modo sempre propositivo e costruttivo, nel segno di quell’Amore che, secondo la loro fede, ha portato il Figlio di Dio a dare la sua vita per gli altri. La sua vita, mica bruscolini od elemosine …
In questo senso l’accoglienza ai migranti è davvero una sfida centrale per i nostri giorni, nelle nostre parrocchie, nei nostri santuari, nei nostri Comuni, alla Spezia come a Carrara, a Ortonovo come a Castelnuovo …
E’ bello vedere come ad affrontare quella sfida si possa essere guidati ancora, con serenità e con efficacia, dalle parole di un “vecchio” prete (oggi Damarco sarebbe molto vecchio di età) eppure sempre così giovane …

 



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