3 aprile : seconda domenica
di Pasqua (Gv.20. 19-31)
Si celebra oggi in tutta la Chiesa la
"Festa della Divina Misericordia
" istituita da Giovanni Paolo II nel 1992. L'evento è
nato per raccogliere il desiderio che Gesù espresse in una rivelazione a suor
Faustina Kowalska
perché il mondo credesse all'amore misericordioso del Padre. Nel vangelo che viene proclamato in questa
domenica si scopre di quale misericordia gli apostoli sono abbracciati. A loro
il Signore Risorto appare e mostra
"le mani e il costato". Quelli non erano al Calvario mentre il
Maestro moriva, erano fuggiti e le piaghe non le avevano viste. Ora almeno,
potranno guardare a Colui che era stato trafitto. Manca, però, Tommaso. Appena
ritorna nel gruppo, questi lo fanno partecipe della gioia pasquale del Cristo
risorto . Lui non crede, non si fida, è troppo sicuro di sé.
E Cristo riappare soprattutto per lui, con una misericordia che quasi sconcerta
da tanto che è generosa. "Tommaso, metti qua la tua mano...". Lui voleva
toccare, quasi una sfida.
Il Signore la raccoglie non per vincere, se non in amore, ma per aiutare un
apostolo ad aver fede, senza niente pretendere. Tommaso capisce, si pente si fa adoratore: "Mio Signore e mio
Dio". Quel costato, l'ha convertito.
Oggi, anche noi guardiamo al costato del Cristo da cui sono scaturiti acqua e sangue, segni del battesimo e
dell'Eucarestia. E con la Chiesa preghiamo: "Acqua del costato di Cristo,
lavami! Sangue di Cristo, inebriami!". E la misericordia ci abbraccerà.
10 aprile: terza domenica di
Pasqua (Gv.21. 1-19)
Sulla riva, richiamo all'infinito, c'è Gesù
risorto che attende gli amici, i discepoli. Loro non lo riconoscono. Sembra
strano, ma dentro c'è un messaggio: per 'riconoscere' Gesù è richiesta la fede.
Questi tornano stanchi e delusi da una pesca fallimentare. Gesù, davvero
Maestro, li incoraggia a riprovare. Lo fanno e la pesca è sorprendente, anzi:
miracolosa. Si sono fidati, ed ecco il risultato. Il Signore non cessa ancora
di stupire: si fa cuoco, preparando la brace per quelle creature stanche di
lavoro, con dei pesci da abbrustolire. Mangiano insieme e quella spiaggia
diventa cenacolo: "prese il pane e lo diede loro...". Così da quel
gesto ben conosciuto, riscoprono che è
davvero il Signore.
Poi, il dialogo stupendo con Pietro. E' richiesta e conferma di amore, perché
solo così potrà dare a lui il bastone del pastore e le "chiavi" dei
cieli. Proprio a quell'uomo già traditore bugiardo, affiderà la sua Chiesa.
Cristo cancella il passato se cancellato dalle lacrime del pentimento, e non
esita ad affidare il futuro del suo gregge a chi si schiera dalla parte
dell'amore. Un'annotazione: Gesù inizia la sua vita pubblica partecipando a un
banchetto di nozze. La chiude, preparando un banchetto sotto il cielo in riva
al lago, dove si fa riconoscere spezzando il pane. Il banchetto: segno di
festa, condivisione.
Sulle rive dei nostri giorni, affaticati
per nottate di pesca fallite per tanti motivi, anche per noi, Lui prepara una
mensa di vita, mettendoci in cuore un segreto: Beati gli invitati alla mensa
del Signore!
17 aprile: quarta domenica
di Pasqua (Gv
10.27-30)
Di una cosa almeno siamo sicuri, ed è
fondamentale, gaudiosa: l'essere in buone mani, perché sono quelle del Signore.
Lui il pastore buono, bello: dice una più precisa traduzione, di una bellezza
fatta di purissimo amore, non solo conosce le sue pecore, noi suo popolo che
Egli pasce, ma assicura vita, quella eterna, dove verrà donata "l'infinita
immensità" (Claudel). Un gregge protetto, fin d'ora, da qualsiasi
rapimento: c'è "una mano", quella del Padre.
In questi tempi grigi, dove lo
scoraggiamento e la resa sono grandi tentazioni, dovremmo cantare nel
cuore questo versetto del salmo 23,
suggerito dallo Spirito: "Se anche andassi in valle tenebrosa non temo
alcun male: il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza".
"Bastone e vincastro" non sono affatto sinonimi: il vincastro è il
ramo di vimini che serve al pastore per camminare e guidare il gregge. Il
bastone è utile per difendere il gregge da ogni assalto, così da giungere con
sicurezza all'ovile. Viene spontanea una
domanda carica di stupore: "Signore, cos'è l'uomo perché te ne ricordi?
L'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato".
24 aprile: quinta domenica
di Pasqua (Gv, 13,31)
Siamo nel cenacolo, prima della Passione.
Giuda è appena uscito, lasciando Gesù colmo di dolore. Un dolore che dal Cristo
viene "letto" nel segno della glorificazione: "Ora il Figlio
dell'uomo è stato glorificato". Appare
strano che proprio in quel momento di tragedia, quando in filigrana si staglia
una croce, il Maestro osi dire: "Ora il Figlio dell'uomo è stato
glorificato". Sembra tutto incomprensibile. Sembra, però; perché la vita,
ogni vita è glorificata quando è abitata dall'amore. E' l'amore che rende il
Figlio "obbediente fino alla morte e alla morte di croce". Un amore
totale, sublime, che lo inchioda alla croce e lo fa glorioso nella
resurrezione. Il Maestro prima di
avviarsi al Getsemani, lascia il suo testamento. E' per quei discepoli e, in
loro, per la sua Chiesa. "Vi do un comandamento nuovo: Amatevi!" Ma
l'amore era comandato anche nella vecchia Alleanza col popolo eletto. Che
significa, allora, "nuovo"? Nuovo perché non è più legge, ma
"grazia". E' fondato infatti sull'unione con Cristo ed è dono del
Santo Spirito.
Santa Caterina mette sulle labbra del Signore: "Vi chiedo di amarmi e di
amare con lo stesso amore con cui vi amo". Ecco la straordinaria novità
dell'amore, comandato dal Maestro in quella sera del cenacolo.