Coriandoli
e cenere
L’onda lunga del Carnevale è esaurita.
Sotto una coltre colorata di coriandoli e con
negli occhi la visione di bellissime maschere. Momento di distensione,
visto lo stress che quotidianamente ci assedia. Con una speranza: che la
maschera si porti solo a Carnevale, evitando l’amara considerazione di Xavier
Fernere: “Durante il Carnevale gli uomini indossano una maschera in più!”.
Il cristiano è l’uomo del viso aperto, che guarda al Volto del suo Signore
comportandosi con franchezza e coraggio. La cenere, invece, ha sempre un po’
inquietato. Evoca un destino di morte: “...in polvere ritornerai!”, ma anche un
cammino che porti ai piedi degli altri. Dalla cenere al catino d’acqua del
Giovedì Santo: pentimento e servizio, sono segreto stupendo di ogni Quaresima.
Del resto, osserva don Tonino Bello, “la cenere e l’acqua non erano ingredienti
primordiali del bucato di un tempo?”.
Deficit
di gioia
La gioia è tema rifiutato. La
situazione economica è tale da far dire con Benigni e Troisi: “Non ci resta che
piangere!”.
Gli studi degli psicologi sono intasati di depressi; in tante case si sente
l’odore della povertà. Eppure per il cristiano c’è un invito, non legato alle
vicende contingenti: gioire. Un gioire che non chiude gli occhi “alle tristezze
ed angosce degli uomini”, non vincolato alle cose se vanno bene: si tratta di
un gioire profetico. Impressiona un’antifona del Venerdì Santo: “Dal legno
della Croce è venuta la gioia in tutto il mondo”.
Un giornalista, Paolo Giuntella, ha scritto in occasione della morte di un
amico: “La questione è se restare come citrulli repressi ai piedi della Croce
anche dopo la Resurrezione, o invece prendere la via di Emmaus e andare a
festeggiare la rivincita sulla morte e l’apertura della strada verso la
felicità”.
Forse la vera gioia è ancora da scoprire. Ci dà una mano Paolo quando afferma:
“...sovrabbondo di gioia nelle mie afflizioni”. Quest’uomo non vuole farsi del
male da solo: scommette nella fede, sulla speranza e sull’amore.
Nella Veglia pasquale viene cantato l’Exultet, testo stupendo della vittoria
del Crocefisso che rischiara ogni tenebra di sofferenza e di morte. Si dice,
con note bellissime: “E la notte sarà mia luce e mia gioia…”. Una bella spinta
per cancellare un deficit pericoloso.