Il primo treno a Sarzana
Nel
1848, nella pianura del Magra ci fu un grande evento: il primo treno passò
sulla ferrovia appena costruita e, a Sarzana, fu inaugurata la stazione
ferroviaria per collegare Pisa con La Spezia.
La mia bisnonna, Maria Nardi detta ‘Mariettona’, raccontava ai suoi numerosi
nipoti quel fatto storico del quale era stata testimone. Mia madre, Argentina
Tusini, che era l’ultima dei suoi 22 nipoti, si ricordava benissimo. A quel
tempo qualsiasi tipo di veicolo era trainato da cavalli, buoi, asini e anche da
uomini, perciò si può ben immaginare lo stupore che destò un veicolo così
totalmente diverso e incredibilmente nuovo. All’inaugurazione della stazione
ferroviaria di Sarzana lei era presente ed ha visto passare il primo treno con il
classico pennacchio di fumo della locomotiva a vapore che la lasciò stupita,
come le altre numerose persone che erano lì, ad assistere allo straordinario
spettacolo. Ad ognuno dei presenti fu offerta una pagnottina di pane bianco che
equivaleva ad un ‘rinfresco’: a metà ‘800 il pane non era un alimento per
tutti, ma per pochi, i più fortunati, e ancora più prezioso quello bianco. E
quando la mia bisnonna Maria lo raccontava ai nipoti, descriveva minuziosamente
il pane, il treno, e la macchina a vapore con quel rumore così strano che lei
definiva con un ‘ciufù, ciufù, ciufù’.
Tutto questo succedeva pochi anni prima che Maria si sposasse con Michele
Tusini del Comune di Castelnuovo Magra, come lei. Negli anni ancora precedenti
la mia bisnonna aveva lavorato alla costruzione della ferrovia nella valle del
fiume Magra, andando a piedi per alcuni chilometri. Il suo lavoro consisteva
nel portare i sassi (ridotti a piccoli pezzi da altri operai), o ghiaia che
metteva in un contenitore chiamato ‘corbetta’, fatto da vimini intrecciati, che
lei si caricava sul capo portandolo con grande fatica su per la rampa dove
stava nascendo la ferrovia. Questo materiale pietroso veniva prelevato dai
grandi cumuli ai piedi della rampa, alimentati dal via vai dei carri agricoli trainati
dai buoi che si rifornivano alle cave, o al fiume Magra per la ghiaia.
Nell’800, ma anche per buona parte del ‘900, il lavoro non era retribuito a
ore, ma a giornata, che andava dall’alba al tramonto, in più c’era il viaggio
che poteva essere soltanto a piedi. Il pasto di mezzogiorno si consumava ‘sul
campo’, al sacco, e sempre molto frugale, composto da frutti della terra o da
cibi poveri portati da casa. La paga, a quel tempo e per quel tipo di lavoro,
era di 6 ‘palanche’ al giorno e si lavorava anche il sabato. Una ‘palanca’ era
formata da 5 centesimi di lira, e le donne erano pagate meno degli uomini. Era
altrettanto anche per quanto riguardava il lavoro dei campi, faticoso come
quello della manovalanza.
Quanta fatica dietro quel treno che ancora oggi continua ad attraversare la
Valle del Magra! Sono trascorsi 150 anni da allora e la macchina a vapore è
diventata soltanto un ricordo dopo l’avanzare dell’energia elettrica e delle
moderne tecnologie.
Caniparola 1998