N° 1 - Gennaio 2016
Il vangelo di gennaio
di Giuliana Rossini

Venerdì, 1° gennaio: solennità di Maria Santissima, Madre di Dio (Lc 2, 16-21)

  49^ Giornata Mondiale della Pace

Oggi, inizio del nuovo anno, si celebra la solennità di Maria Santissima, Madre di Dio, la Theotokos, come la chiamano i nostri fratelli ortodossi. La nostra mente fa fatica a concepire un concetto così alto, come sia possibile che una creatura possa essere madre del suo creatore; alcuni immaginano Maria come un cielo che contiene il sole: Dio.
Certo ella fu ed è la più grande fra tutte le creature. Il suo sì permise a Gesù di scendere sulla terra e di compiere la sua opera di salvezza. Fattosi uomo come noi, Egli ci ha innalzati alla sua dignità, in grado di chiamare Dio con il nome filiale, pieno di tenerezza, di Abbà, Papà, Padre.
Maria era consapevole che l’Onnipotente aveva fatto in Lei cose grandi, permettendo, attraverso Lei, l’incarnazione di Gesù e conservava e meditava tutte queste cose nel suo cuore. I pastori, dal canto loro, avevano accolto con gioia l’annuncio dell’angelo e si erano “alzati” e messi prontamente in cammino. Giunti dinanzi alla mangiatoia percepirono il grande mistero del Dio fatto bambino, lo adorarono e si fecero i primi evangelizzatori, comunicando a tutti ciò che avevano visto. In alcune pagine del Vangelo di Luca, leggiamo che le folle accorrevano dal Battista, che annunciava la salvezza, chiedendo: “Cosa dobbiamo fare?”.
 E noi, oggi, cosa dobbiamo fare? Ci è richiesto di metterci anche noi in viaggio, verso le periferie e annunciare con gioia al mondo il grande evento della nascita di Gesù, il solo capace di scongiurare l’odio e la violenza e di farci vedere, nell’altro, il fratello da accogliere e da amare.

Domenica, 3 gennaio (Gv 1, 1-18)

La Chiesa, questa domenica, ci propone la lettura di uno dei brani più alti e intensi della Sacra Scrittura: il prologo del Vangelo di Giovanni. L’apostolo vuole rispondere alla domanda: chi è Gesù? Il Cristo è presentato in tutta la sua potenza, presente al fianco del Padre nella creazione: Egli è il Figlio di Dio, il Verbo incarnato che, essendo nel seno del Padre, ce ne rivela il volto. Egli è la luce che illumina il mondo e perciò la vita degli uomini, la luce che vince le tenebre. E “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Ecco l’annuncio, il cuore del Vangelo, il dono incommensurabile che Dio ci ha fatto nel suo grande amore per noi!
Nei tempi antichi la Sapienza, lo Spirito divino, aleggiava sulle acque e aveva posto la sua dimora in Sion. Nella pienezza dei tempi Gesù si è incarnato ed è sceso sulla terra per tutta quanta l’umanità, il suo progetto di salvezza è stato rivolto al mondo intero. Però non tutti lo hanno riconosciuto e accolto. Ma quanti si sono abbandonati al disegno di Dio ed hanno spalancato gli occhi del cuore per vedere la luce e la verità, sono divenuti figli di Dio “per essere santi e immacolati di fronte a Lui nella carità“, come dice San Paolo, e sono stati riempiti di grazia su grazia.
E noi, oggi, cosa dobbiamo fare? Aprire il cuore a questo meraviglioso annuncio e riconoscere e annunciare quale grande speranza ci è stata donata. La nostra vita, pur nelle tribolazioni quotidiane, sia come trasfigurata e gli altri possano conoscere Gesù attraverso la nostra gioia e l’amore reciproco.

Mercoledì, 6 gennaio: Epifania del Signore (Mt 2, 1-12)

L’arrivo dei Magi dall’Oriente dà alla celebrazione del Natale un respiro universale. Questi saggi vengono da molto lontano, affrontano un viaggio pieno di pericoli e incognite per adorare il re dei Giudei che intuiscono essere molto di più: il re dell’universo. Hanno avuto fede nei segni letti nelle stelle e non hanno indugiato. Con la loro presenza, la salvezza, riservata solo al popolo di Sion, in Gesù diventa salvezza per tutte le genti. Leggiamo dal libro di Isaia che uno stuolo di dromedari e cammelli da Madian, Efa e Saba invaderanno Gerusalemme portando oro e incenso. I Magi, entrati nella casa, adorarono il bambino offrendo oro al re, incenso per glorificare Dio e mirra, un unguento usato per profumare le salme dei defunti, all’uomo che avrebbe concluso la sua vita sul Calvario. Infine intrapresero il viaggio di ritorno. Nel Vangelo di Luca, il tema del viaggio assume un ruolo centrale. Gesù, nella sua predicazione, si incammina lentamente verso Gerusalemme, meta e conclusione del suo peregrinare. Maria, saputo che Elisabetta era incinta, “si alzò e andò in fretta” da lei per offrirle il suo aiuto. Anche i pastori, dopo aver ascoltato l’annuncio dell’angelo, decidono mettersi in viaggio alla volta di Betlemme. E così fecero i Magi.
E noi, oggi, cosa possiamo fare? Ritorna insistente quell’uscire nelle periferie esistenziali, suggeritoci da papa Francesco, alzarci e metterci in viaggio verso i più sfortunati e svantaggiati, dopo aver fatto il vuoto dentro di noi (come il chicco di grano che se non muore non porta frutto) per poter accogliere l’altro.

Domenica, 10 gennaio: Battesimo di Gesù (Lc 3, 15-16; 21-22)

Gesù, sul Giordano, volle essere battezzato da Giovanni per dare risalto alla necessità di penitenza e conversione per gli uomini di tutti i tempi, necessità che anch’Egli proclamerà nel Vangelo. Questo battesimo è amministrato con acqua, quello che Gesù è venuto a portare è in Spirito Santo e fuoco (“fuoco sono venuto a portare sulla terra e come vorrei fosse già acceso!”). Dio benedice il gesto del Figlio, solidale con noi peccatori e lo glorifica apertamente: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”.
Il battesimo di Gesù rimanda al nostro battesimo. Il profeta Isaia e l’apostolo Paolo sono unanimi nel manifestare la loro gioia per i doni che Dio ha dato al suo popolo. Per Isaia, Dio è un pastore che raduna il suo gregge con tenerezza e lo perdona di tutte le sue colpe. Paolo canta che “è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini”: Gesù che ha dato se stesso per tutti noi. Egli ci ha salvati con la sua misericordia, con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo.
E noi, oggi, cosa dobbiamo fare? Benedire il Signore per la sua bontà e misericordia. Egli provvede a tutte le nostre necessità, ma soprattutto ci ama e ci perdona, e concede, a chi la voglia accogliere, la salvezza.

Domenica, 17 gennaio (Gv 2, 1-11)

Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato

A Cana di Galilea Gesù trasforma l’acqua in vino. E’ il primo dei segni - che l’apostolo Giovanni ci mostra - che manifestano la gloria di Gesù e fanno scaturire la fede nei suoi discepoli. In questo brano del Vangelo, Maria riveste un ruolo di primo piano: è Lei che quasi spinge Gesù a dare l’avvio al suo ministero pubblico, consapevole di quanto l’umanità lo attendesse e ne fosse assetata. Queste nozze sono il simbolo delle nozze messianiche tra Cristo e la sua Chiesa. Anche il profeta Isaia paragona il popolo eletto ad una vergine e Dio allo sposo che gioisce per la sua sposa. La Chiesa, sposa di Cristo, è ricca di carismi, ciascuno dei quali è dato dallo Spirito per il bene di tutti. Domani inizia la Settimana per l’Unità dei Cristiani. Gesù ha chiesto con insistenza al Padre l’unità, poco prima di morire. Cattolici, protestanti, ortodossi hanno in comune la fede in Gesù, la Parola, il sacramento del battesimo. Occorre rimarginare questa profonda ferita causata dalle divisioni.
E noi, oggi, cosa possiamo fare? Chiediamo al Padre di condividere il suo sogno di unità per la Chiesa: quanto più scopriamo Gesù nei fratelli delle altre Chiese, tanto più diventiamo autentici testimoni di Dio.

Domenica, 24  gennaio (Lc 1, 1-4; 4, 14-21)

Il brano di oggi inizia col prologo del Vangelo di Luca. L’evangelista vuol rassicurare i suoi lettori (raffigurati in un non meglio identificato Teofilo) ai quali rivolge la sua catechesi, che egli non solo ha accolto la tradizione orale di chi aveva vissuto in prima persona i fatti narrati, ma di aver compiuto ricerche e studi molto accurati per dare al suo lavoro un taglio storiografico. Dopo aver superato le tentazioni nel deserto, Gesù ritorna in Galilea dove, con la potenza dello Spirito, inizia il suo ministero insegnando nelle sinagoghe e diffondendo la sua fama ovunque. Egli, dunque, almeno all’inizio, si rivolge prevalentemente al popolo di Israele. Giunto a Nazareth, la città dove era cresciuto, entra nella sinagoga e con autorità apre il rotolo della legge e si trova di fronte il passo di Isaia: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato… e mi ha mandato… a portare il lieto annuncio…”. Poi riavvolge il rotolo e si siede in silenzio. Tutti gli occhi sono puntati su di Lui. Allora Egli annuncia con solennità, tra lo stupore dei presenti, che quel giorno si è compiuta in Lui quella profezia.  Non aggiunge altro per permettere di meditare sulla grandiosità dell’annuncio fatto. Ma noi sappiamo che non tutti accolsero quelle parole, anzi, alcuni lo osteggiarono apertamente.
E noi, oggi, cosa dobbiamo fare? Gesù è veramente il Figlio di Dio. Le sue parole sono spirito e vita e noi dobbiamo accoglierle con gioia e semplicità di cuore. Egli è la nostra roccia e la speranza che non delude e non ci abbandona mai e ci accoglierà, se lo avremo ascoltato, nella sua gloria.

Domenica, 31 gennaio – San Giovanni Bosco (Lc 4, 21-30)

L’ostilità dei compaesani di Gesù non si fece attendere. Dopo le parole pronunciate nella sinagoga di Nazareth, allo stupore e alla meraviglia, seguì il dubbio e il sospetto. La gente si chiedeva se Gesù non fosse un uomo come tutti gli altri e come potesse essere l’eletto del Signore, dato che era il figlio di Giuseppe e i suoi genitori e parenti erano conosciuti da tutti nei dintorni. Gesù, allora, dopo aver sottolineato ai presenti che nessun profeta è mai stato accolto nella sua patria, ricordò che anche nei tempi antichi, in seguito al rifiuto del popolo eletto, Dio manifestò la propria benevolenza, durante carestie e malattie devastanti, ad una vedova e ad un generale stranieri. Ciò suscitò l’ira degli astanti che cercarono di ucciderlo. La durezza di cuore degli ascoltatori e il loro sdegno non tolgono nulla alla grandezza del suo messaggio che appare come il suo “programma” di liberazione e salvezza. Gesù ha dovuto conoscere molto presto l’ostilità e il rifiuto dei suoi contemporanei che lo porteranno sul Calvario. Analoga sorte era toccata ai profeti prima di Lui e toccherà anche ai suoi seguaci. Per essi San Paolo scrive lo stupendo inno alla carità, compendio dell’amore portato nella terra di Gesù. La carità infatti “tutto scusa, tutto spera, tutto sopporta”.
E noi, oggi, cosa dobbiamo fare? Identificare Gesù negli scartati, i rifugiati, gli emarginati, ricordando che, quando saremo dinanzi al Padre, la fede e la speranza non avranno più importanza, ma conteranno solo gli atti d’amore che porteremo nelle nostre mani.

                                                                              



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