N° 10 - Novembre 2015
Il Concilio Ecumenico di Efeso (431)
di Antonio Ratti


Il 3° Concilio si tiene a Efeso, all’epoca fiorente metropoli dell’Asia Minore, non lontana da Nicea e da Costantinopoli, sede di una importante comunità cristiana per merito di san Paolo, prima, e di san Giovanni apostolo quando vi ha posto la sua residenza, si dice, con Maria.
Ancora una volta l’unità della Chiesa è seriamente minacciata a causa di un aspro confronto teologico sulla persona e la divinità di Gesù Cristo. Il tema non è nuovo, basta ricordare i contenuti dei Concili precedenti: purtroppo c’è sempre qualcuno che vuole riaprire nuovi contenziosi. Il dibattito è tra il Patriarcato di Antiochia di Siria, che sostiene le tesi del suo monaco-teologo Nestorio e quello di Alessandria d’Egitto, guidato dall’impetuoso Cirillo (divenuto santo, dottore e padre della Chiesa). Il casus belli è dato dalla contestazione di Nestorio verso l’usanza di chiamare Maria col titolo di theotokòs (madre di Dio) e la proposta di sostituirlo con quello di cristostokòs (madre di Cristo), poiché ella ha generato l’uomo Gesù nel quale Dio “abitava come in un tempio”.
Il monaco-teologo condivide la duplice natura divina e umana in Cristo, in linea con Nicea, ma non accetta l’unità ipostatica (sostanza unica e immutabile) della persona. “Questa è l’esatta definizione del dogma: Colui che è nato ed ebbe bisogno di tempo per la crescita e fu portato nell’utero per i mesi necessari, ha natura umana, congiunta a Dio.
Una cosa è dire che Colui che nacque da Maria era congiunto al Verbo, altra cosa è dire che la divinità ebbe bisogno di una nascita decorrente secondo un numero di mesi….
Colui che è nato da Maria era consustanziale a noi per l’umanità, ma, congiunto a Dio, era ben lontano dalla nostra sostanza…. Diciamo dunque nostro Signore Gesù Cristo duplice per la natura e una sola persona in quanto Figlio di Dio”.

 Come si può notare, Nestorio si propone di affermare l’umanità di Cristo senza confusione con la divinità. Ne consegue che la nascita e la passione devono essere attribuite alla sua umanità, rifiutando la tesi dell’unica natura umano-divina come sostiene Cirillo. La disputa, tutta teologica, si fa più accesa quando Nestorio diventa Patriarca di Costantinopoli nel 428. Ora l’alleanza tra i Patriarcati di Antiochia e di Costantinopoli preoccupa non poco Cirillo che rende partecipe del problema il Patriarca dell’Occidente (papa Celestino I°) e invita l’imperatore Teodosio II° a convocare un Concilio ecumenico per ridare pace e unità all’intera cristianità. Sono invitati tutti i vescovi  metropoliti, tra cui papa Celestino I° che nomina come legati due vescovi, il presbitero Filippo e Agostino di Ippona (sant’Agostino), che non potrà partecipare, perché muore prima (28 agosto 430). Per le difficoltà del viaggio i legati pontifici arrivano a Concilio già iniziato. Anche Giovanni, patriarca di Antiochia e i vescovi siriani, sostenitori di Nestorio, sono in ritardo sulla data d’inizio fissata per il 7 giugno. Contro il parere del rappresentante imperiale, Candidiano, e di 68 vescovi, Cirillo, presidente in pectore dell’Assemblea, il 21 giugno decide di rompere gli indugi e apre ufficialmente il Concilio e, protetto dalla sua guardia del corpo (i parabalani) che si era portato da Alessandria, dà inizio alle sessioni dei lavori conciliari. Il 22 giugno, nella prima sessione, Cirillo, in qualità di presidente, chiede tre volte a Nestorio di comparire davanti al Concilio, riunito nella grande chiesa dedicata a Maria. Nestorio rifiuta di partecipare per il clima di ostilità palese nei suoi confronti, allora Cirillo propone ai padri conciliari di confrontare le due tesi contrapposte e di decidere quale era in linea con le decisioni prese a Nicea e confermate a Costantinopoli. Inoltre, a sostegno del suo pensiero e della correttezza del suo comportamento, Cirillo fa conoscere ai padri conciliari presenti la sua seconda lettera inviata a Nestorio, in cui si afferma che Maria è genitrice di Dio (theotokòs), perché ha dato alla luce non un uomo, ma Dio come uomo. Dopo un breve dibattito, 197 padri conciliari (la totalità  dei presenti) votano a favore della dottrina cristologica di Cirillo, condannano la posizione di Nestorio e stabiliscono che Gesù è una persona sola, non due persone distinte, con due nature, cioè, completamente Dio e completamente uomo con anima e corpo.
Giovanni di Antiochia, quando arriva ad Efeso il 26 giugno, si rende conto che ormai è tardi. Così convoca con i suoi vescovi un contro-sinodo deponendo e scomunicando Cirillo e il vescovo di Efeso, Memnone, ma senza alcun risultato pratico, se non quello di surriscaldare maggiormente l’ambiente già nervoso. A causa delle forti tensioni non solo tra gli ecclesiastici, ma anche tra le comunità di Efeso e di Costantinopoli, il debole imperatore Teodosio II nel mese di ottobre 431 dichiara sciolto, non chiuso, il Concilio.
Cirillo, sebbene teologicamente inappuntabile, mostrando una fretta un po’ furbesca e non proprio evangelica, porta a casa una vittoria a tutto campo: l’unione delle due nature, divina e umana, si è compiuta in modo perfetto nel seno di Maria, specificando come la divinità del Verbo non ha avuto inizio nel corpo di Maria, ma ha acquisito da lei la piena natura umana. Questa, in estrema sintesi, è la decisione teologica presa ad Efeso sotto la regia di Cirillo. Le conseguenze immediate sono la rimozione da patriarca di Costantinopoli di Nestorio, che torna in Siria nel suo monastero di Euprepio e poi a Kharga in Egitto dove muore nel 451. Cirillo, ovviamente, rientra ad Alessandria accolto da trionfatore, quasi avesse vinto una grande battaglia campale.
Sbollite le tensioni personali e mitigati i toni, nel 433, grazie all’opera del vescovo Acacio di Berea e dell’eremita Simeone lo Stilita, Giovanni di Antiochia e Cirillo trovano il modo di comporre la disputa: Giovanni riconosce a Maria l’attributo di Madre di Dio e Cirillo rinuncia agli anatemi contro Nestorio, che, però, non abbandona il suo esilio. La seguente è la Formula di unione che sigla la riconciliazione: “Noi quindi confessiamo che il nostro Signore Gesù, figlio unigenito di Dio, è perfetto uomo (composto) di anima razionale e di corpo; generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, nato, per noi e per la nostra salvezza, alla fine dei tempi dalla vergine Maria secondo l’umanità; che è consustanziale al Padre secondo la divinità e consustanziale a noi secondo l’umanità, essendo avvenuta l’unione delle due nature. Perciò noi confessiamo un solo Cristo, un solo Figlio, un solo Signore”.
 Le conseguenze a lungo termine non si fanno attendere. Cirillo, privilegiando la dimensione divina di Cristo a scapito di quella umana suggerita, invece da Nestorio, pone le basi per un’eresia che tanto seguito avrà in tutte le regioni mediorientali e in Egitto, il monofisismo, cioè, la sola natura divina di Cristo. L’archimandrita di Costantinopoli Eutiche ne sarà l’esponente più importante e risoluto. Questa nuova controversia porterà ad un nuovo Concilio, quello di Calcedonia (451), al quale diverse Chiese orientali, ancora oggi presenti in quei territori (es. la Chiesa Armena e quella Copta d’Egitto) non parteciperanno, né lo riconosceranno. La conclusione amara è che con Calcedonia ha termine l’unità della Chiesa di Cristo che, con alti e bassi, sino allora si era conservata.

 

NOTA.   Simeone Stilita (da stele o pilastro) è un monaco-asceta siriano famoso perché visse per 37 anni in cima ad una colonna di circa 15 metri di altezza dove aveva costruito una piccola piattaforma di non più di 4 metri per potersi isolare e tenere lontani i tanti che volevano ricorrere a lui per la sua santità, ma che lo distraevano dal suo desiderio di preghiera permanente.




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