Il 24 ottobre dello scorso
anno ritornava alla Casa del Padre il caro Doretto che per tanti anni ci ha
deliziato con i suoi racconti di vita e tanta spiritualità. Abbiamo trovato sul
libro ”OTO Melara nel mondo” di Mameli Martinelli (Luna editore-1998), questa
sua testimonianza che pubblichiamo in suo ricordo.
Anno
1956: emigrante in Svizzera. Poi…nostalgia…il ritorno: disoccupato. C’è una
riunione politica, ci vado. “Oggi i posti di lavoro ci sono, manca la
professionalità”, dicono.
“No, io ce l’ho, sono tornitore!”. “Ok, presentati domattina alla OTO Melara
con questo biglietto!”. Era il 1960: assunto, operaio qualificato.
Che fabbrica! Grande, anzi enorme, bella; la prima cosa che ho notato era il
gran da fare per guadagnare il cottimo. E, sì: era l’unico sistema per
aumentare la paga! Ma io, reduce da esperienze traumatizzanti alla Brown
Boveri, vivendo in baracche di legno, per me quello era un paradiso. Avevo 25
anni e la mia esperienza di vita era arrivata a un punto che tutto importava,
tutto era valido, tutto era bello, ma Dio era
sopra ogni Brown Boveri, ogni OTO Melara, ogni cosa. Ero tornitore, ero
attorniato da altri tornitori: ma Dio non c’era! Il mondo del lavoro era come
un mondo dove Dio non esisteva. Ero spaesato, la mia aspirazione era di fare il
missionario francescano. Mi dissi:
“Ecco, questa è la tua terra di missione…”.
All’interno della OTO esisteva già un’organizzazione denominata “San Vincenzo
aziendale”, della quale era presidente un capo operaio, Giulio. Diventammo
subito amici e nel 1965, con il beneplacito della direzione riuscimmo ad organizzare
una gita a La Verna.
Ricordo che fu affisso un biglietto agli orologi della timbratura: “Lassù, tra
le alte giogaie dell’Appennino, andremo a ritemprarci il corpo e lo spirito!”.
Fu un successo! La gioia, l’allegria, il ritrovarsi fra impiegati e operai
aldilà di ogni differenza che, purtroppo, a quei tempi regnava, ci conquistò. E
ricordo quello che il frate ci disse durante la Messa: “Un uomo che lavora con
le mani, col cervello e con il cuore, è un artista. Voi siete degli artisti!”.
In fabbrica fu tutto un raccontare di quella meravigliosa esperienza e fu forte
il desiderio di ripeterla al più presto. E qui lo Spirito Santo ci mise lo
zampino. Venne fuori un giovane ingegnere, Marco Bernardini, che ci propose,
non a La Verna, ma, addirittura a Roma! Dove esattamente? Alla Mariapoli
italiana del 1966!
La direzione dell’OTO, visto l’esito positivo del primo pellegrinaggio, decise
di contribuire a questa “seconda uscita” dei suoi dipendenti per queste
esperienze mai fino ad allora sperimentate, che indubbiamente davano ottimi
frutti sotto l’aspetto delle relazioni umane e di ottima immagine per
l’azienda.
Mariapoli ’66: che colpo! Conoscemmo personalmente Chiara Lubich, ci furono
conversioni e anche battesimi. Sì, battesimi: un operaio, Vladimiro, 56 anni,
fu in seguito battezzato con tutta la rappresentanza della Oto Melara. Operai
atei che fecero la Prima Comunione… un miracolo. E Chiara Lubich che ci lasciò
un messaggio preciso: convertite il mondo del lavoro! E ci dette una sua parola
di vita tratta dal Vangelo: “Confidate, ho vinto il mondo!”.
Ma, purtroppo, il diavolo ci mise la coda, e venne il 1968. Fummo i primi in
Italia, prima degli studenti, a dire basta ad un sistema ancora troppo
dirigistico e autoritario, con manifestazioni e scioperi che scaturirono, poi,
in tutto il Paese. A distanza di anni (ora ne ho 61 a quei tempi 30) posso dire
con consapevolezza che lo Spirito Santo alitò sulla OTO Melara, ma i capi di
allora non lo capirono; erano i tempi di “Mettete dei fiori sui vostri
cannoni…”: non lo capì nessuno. Nessuno capì che l’ing. Marco Bernardini era
uno strumento di questo disegno; cosa che invece capirono operai ed impiegati
che allora aderirono a questo nuovo modo di intendere la qualità della vita
nella visione del Vangelo.
E tutto fu perché, agli inizi del 1968, Marco ed io, in un incontro a Roma,
dove erano presenti le massime autorità del Movimento dei Focolari e del mondo
politico, dicemmo la verità sul mondo del lavoro. Che poi erano queste: “Non si
possono fare dodici ore al giorno di lavoro e poi tornare a casa e voler bene
ai propri figli e alla propria moglie! Siamo troppo stanchi. Se non guadagni il
cottimo, non ce la fai ad arrivare alla fine del mese.
Però noi abbiamo iniziato una nuova vita; abbiamo iniziato a volerci bene fra
di noi e ci aiutiamo. E’ il seme di un mondo nuovo che nasce dal chicco di
grano che muore per dare nuova vita”.
Con l’amico Osvaldo partecipai a un corso, a Loppiano, per la formazione dei
primi volontari del Movimento dei Focolari. Era il 1968, in quei giorni ci fu
l’invasione della Cecoslovacchia da parte dei Russi. Un nostro insegnante era
un sacerdote di quella nazione: alla crudele notizia ci invitò a consacrarci al
cuore di Maria Immacolata.
Aderimmo all’istante, tutti con entusiasmo evangelico. E oggi, guardando a quei
Paesi e alla ritrovata libertà che posso dire: grazie, Maria e grazie a te, don
Stefano!
Ci mandavano a chiamare ovunque! Un giorno partii con Doveri, Grignolio e
Ferrari per Loppiano. Prendemmo un giorno di ferie; raccontammo le nostre
esperienze; erano presenti oltre 500 persone, tutte del mondo del lavoro.
Furono colpiti da ciò che raccontammo loro. Gesù era entrato nella nostra vita
e l’aveva trasformata; e loro capirono subito; e fu un miracolo d’amore! Di un
altro operaio dicevano, in OTO, che aveva visto la Madonna. No, aveva
semplicemente scoperto la fede!