SUL DIRITTO NATURALE
Durante una Conferenza a
Madrid il Presidente del Senato,sen.M.Pera, ha affermato che equiparare il
matrimonio omosessuale ad un matrimonio tra soggetti di sesso diverso non
rappresenta una conquista civile, ma un capriccio laicista. Condivido appieno
questa posizione, ma per ragioni diverse dalle radici cristiane. Trasformare i
capricci in diritti fondamentali tutelati dalla legge è una forzatura contro il
diritto naturale che è precedente e connaturato all’uomo fin dalla sua comparsa
sulla Terra.
Le radici cristiane,
arrivate molto tempo dopo, semmai lo hanno consolidato e nobilitato, ma non
rifatto ex-novo, magari in contrapposizione, come si vuole fare intendere.
L’universo è un permanente
equilibrio dinamico e il diritto naturale, che regola con i suoi automatismi
tutto ciò che, animato e non, è presente sul nostro pianeta (e lui medesimo), è
espressione del principio-base che ne giustifica e ne acconsente l’esistenza:
conservarsi nel tempo. I regni vegetale e animale (cui, volenti o nolenti,
l’uomo appartiene) obbediscono a questo principio di conservazione della specie
attraverso la riproduzione.
Tutto ruota intorno a questo
obiettivo primordiale: il chicco di grano che si macera per formare una spiga
con tanti chicchi pronti, a loro volta, a macerarsi; le piante che hanno fiori
dotati di colori vivaci o di profumi intensi per richiamare l’insetto cui è
dato il compito di tramite per la fecondazione del fiore femminile; il kiwi
che, avendo piante di sesso diverso, vuole addirittura il contatto fisico:
infatti il polline portato dal vento o dagli insetti non basta a fecondare il
suo fiore femminile; gli animali hanno tutti un caratteristico rituale e
specifici momenti per soddisfare all’obbligo naturale della procreazione per
conservarsi nel tempo.
Nel diritto naturale
l’accoppiamento, quindi, ha esclusivamente la funzione di salvaguardia della
specie con quello che ne consegue per la tutela dei nati, che vanno assistiti
finchè non saranno autosufficienti. Il collegato piacere è solo il gradito
accessorio che stimola a non dimenticare questo compito essenziale e non può
diventare l’obiettivo finale, unico ed assoluto. Il porsi fuori da questa
regola è puro arbitrio della libertà umana. Anche la fisica (con la chimica) è
legata all’attrazione e all’accoppiamento tra cariche di segno opposto.
Tutto il resto è eccezione
che conferma la regola. E l’eccezione non può farsi regola.
Forse l’innovatore iberico e
i suoi vocianti epigoni italiani non sanno di biologia, di fisiologia, di
antropologia e di storia, ma non ha importanza, tanto sanno farsi ascoltare da
chi non spiace perdere tempo, anziché preoccuparsi di non esser fatti “per
vivere come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”. La Tomba etrusca dei
tori a Tarquinia (metà del VI secolo a.C.: anche la datazione ha la sua
importanza) ribadisce in modo inequivocabile, chiaro e poetico il concetto
della vita che si giustifica solo se produce altra vita.
Di fronte all’ingresso,
nella parete di fondo della tomba, è disegnata con diverse sfumature di colori
una scena agreste divisa in due parti. Nella prima è rappresentata una figura
taurina in atteggiamento sereno, quasi sorridente e compiaciuto, infatti sta
assistendo ad un bucolico rapporto coniugale. Nella seconda la medesima figura
di toro maremmano dalle lunghe corna ha un aspetto corrucciato, aggressivo e
pronto a caricare: sta osservando lo svolgimento di un incontro innaturale. La
gioia del primo amplesso è condivisa, perché dà prospettive di vita; il piacere
del secondo assolutamente no, perché è fine a se stesso, quindi contrario al diritto
naturale. La brevità della vita media (40-45 anni) e l’elevatissima mortalità
infantile rendevano gli Etruschi sensibilissimi alla natalità. Per le medesime
ragioni gli Ebrei consideravano la sterilità di una coppia una dura punizione
divina. Farebbe bene leggere Il libro dei no che spesso viene regalato alle
neomamme quale aiuto alla corretta educazione dei propri bambini. Il succo è
semplice: bisogna trovare il coraggio di saper dire no per insegnare che nella
vita ci sono delle regole da rispettare anche se spesso sembrano ostacolare
l’erba voglio che è in noi. “ L’erba
voglio non esiste neppure nel giardino del re” ripetevano le nostre nonne. “Tutto ciò che è realizzabile, è buono,
lecito e legale” ripetono i “ sapienti” di oggi, non i “saggi.” In due-tre
generazioni “Come si cambia” per dirla con una canzonetta di successo di
Fiorella Mannoia. In meglio? Che dramma
formulare una risposta onesta. Solo ora
mi sembra opportuno richiamare le radici cristiane per ricordare che il
cattolico non chiede il rispetto del cattolico, ma dell’uomo, della sua
integrità e della sua dignità. Forse, questo è il vero modo di essere
ambientalisti e di fare ambientalismo.
Le ragioni di bottega come il boom elettorale o il campare bene sui
digiuni mediaticamente enfatizzati e sulla lingua disinvolta per intrappolare
chi non sa perché “è”, non appartengono al cattolico vero, né mi appartengono,
sebbene mi senta, per competenza, solo un aspirante cattolico permanente.
P.S. 1) In organismi
estremamente complessi come il corpo umano, formato da miliardi di cellule
ciascuna con compiti specifici, è lecito aspettarsi qualche errore di scrittura
genetica, ma, se consideriamo il gran numero di nascite, la percentuale delle anomalie è veramente bassa. Infatti,
quanti nascono, per esempio, non vedenti o gemelli siamesi, o con gli arti lesi
da deficit funzionali o colpiti dalla sindrome di Down (Trisomia 21) o con
patologie, ancora più rare, fortemente invalidanti ed evolutive o con
alterazioni psico-somatiche e comportamentali tali da indurre
all’omoaffettività? Comprensione, aiuto e rispetto sono d’obbligo: sono finiti
i tempi della Rupe Tarpeia o del monte Taigeto e dell’ostracismo cattivo,
becero e infamante dei secoli passati, anche se in un certo Medioriente ancora
oggi la barbarie assassina non è finita. Ma che un’anomalia o un errore
genetico siano presi a pretesto per cambiare le regole su cui si basa la
conservazione dinamica dell’universo, forse, è troppo.
2) Lo scritto, preparato
probabilmente per Il Sentiero del settembre di quell’anno, porta la data del 5-
luglio - 2005. Repetita iuvant: ripetere le cose, a distanza di anni, vuol
significare che il problema non è risolto e che, il muro contro muro, non è il
metodo idoneo a trovare un’equilibrata soluzione che rispetti il primordiale
diritto naturale e le esigenze di una società civile, che sa accogliere e non
respingere nessuno, ma senza pasticciare.