Cosa
succede prima di Nicea, primo Concilio ecumenico ufficialmente riconosciuto? Le
generazioni cristiane sono silenti? Immobili? Subiscono gli eventi che le
riguardano? Tutt’altro: è un lievito che non smette un attimo di lievitare la
farina costituita da popoli diversi per cultura e religione, ma tutti animati
dalla volontà di conoscere e partecipare alla novità proposta da Gesù, morto,
risorto e asceso al Cielo. Certo, di fronte a questi eventi tragici e
sorprendenti, la piccola comunità formata da Maria, dagli Apostoli e dai
semplici discepoli, è disorientata, nonostante le reiterate assicurazioni che
non li avrebbe mai lasciati soli e che avrebbe mandato loro lo Spirito in grado
di guidarli e dare sicurezza.
E’ bene sapere che Gerusalemme e la Palestina non erano luoghi soporiferi, ma
la presenza di molte sette (esseni, zeloti, sadducei, nazirei, farisei)
particolarmente attive e, spesso, violente nel sostenere le proprie
interpretazioni e applicazione degli insegnamenti biblici, costringeva le
autorità religiose, legate al Tempio, e quelle politico-amministrative alla
massima attenzione.
Inizialmente dalle autorità militari romane ed ebraiche (Sinedrio e Gran Sacerdote)
il gruppetto di cristiani era ritenuto innocuo e pacifico, meritevole solo di
disprezzo per le strampalate idee sulla
vita terrena e, soprattutto, ultraterrena come gliele aveva prospettate un
soggetto da quattro soldi, finito in
croce solo perché si credeva re dei
Giudei: il Messia è un re trionfatore, non un vinto, morto di croce come un
comune delinquentello. I primi cristiani, oltre al Cenacolo, frequentano il
Tempio e mantengono tutto il rituale biblico come la circoncisione, il riposo
del sabato, le abitudini alimentari e di purificazione. Ciò che li distingue
sono gli incontri per riflettere e commentare le parole di Gesù e la cena
comunitaria per fare memoria dell’ultima cena del Maestro.
La struttura della comunità è fragile e duttile come cera, ancora alla ricerca
degli strumenti che possono dare solidità alla sua rapida e sorprendente
crescita anche fuori da Gerusalemme e dalla Palestina. Gli uomini del Cenacolo
sentono l’insopprimibile bisogno, come del resto aveva chiesto con insistenza
Gesù, di uscire dalla ristretta cerchia cittadina. Sono una settantina i primi
missionari che in coppia si portano presso le comunità ebraiche delle più
importanti città del Medio Oriente (in Fenicia, Siria, Egitto, Cipro, Grecia,
ecc.). Barnaba, Paolo e gli altri, cercano le sinagoghe per parlare, finché non
vengono cacciati e perseguitati, quando appare chiaro che il cristianesimo che
propongono non è, né può sentirsi, una semplice costola dell’ebraismo.
La storia dei primi tre secoli è una vicenda a ostacoli crescenti, è una
battaglia rischiosa con alterne vicende per il fatto che ad essa concorrono
centinaia di situazioni locali che si mescolano e si contraddicono (es. lo
spontaneismo dell’azione missionaria, il carente controllo per un operare
omogeneo nei contenuti e nei comportamenti, il sostenuto o discusso legame con
il mondo giudaico, le condizioni da porre per accettare la conversione dei
pagani). Solo dopo la metà del III sec. si incomincia ad avere un’effettiva
sincronizzazione con la istituzione di organismi certi (il primo abbozzo di
gerarchia) per la gestione delle comunità sparse nell’intero Impero romano.
Sulla base dell’organizzazione amministrativa romana, formata da provincie
governate da un proconsole, nascono le diocesi metropolitane che controllano
quelle sussidiarie. Il periodo che va dal 30 d.C. al 125 d.C. costituisce una
fase molto delicata per il cristianesimo, causa la rapida espansione fuori
dall’ambito palestinese-giudaico, per la conversione dei tanti pagani e per la
progressiva emancipazione dal giudaismo dal cui seno si era originato. Questa
fase è caratterizzata da alcuni problemi la cui soluzione non è più rinviabile,
perché causa di forti divergenze, come i rapporti con gli Ebrei e a chi
indirizzare l’azione missionaria, che sfociano in aperti dissidi.
Gli Atti degli Apostoli e alcune lettere di Paolo (es. ai Galati) fanno chiari riferimenti alla gravità della
situazione. Anche la conversione del centurione Cornelio attribuita a Pietro e
altri episodi analoghi sono serviti fino a quel momento come eccezione che
conferma la regola secondo la quale il Vangelo si rivolge agli Ebrei. Gli
uomini che dal Cenacolo di Gerusalemme cercano di guidare il popolo cristiano
sono decisamente orientati in questo senso a causa dei molti farisei convertiti
(Giacomo, il fratello-cugino di Gesù, custode della comunità, ne è un convinto
sostenitore), mentre coloro che sono a contatto con altre realtà (es. Paolo,
Barnaba, Giovanni) hanno già compreso che Dio non può essere esclusivo di un
popolo o di un gruppo e che il messaggio del figlio Gesù è universale e rivolto
a tutti in egual misura. Pietro tentenna per non scontentare nessuno e Paolo lo
rimbrotta a viso aperto.
Un ruolo non trascurabile nelle dispute lo hanno i così detti ellenisti, cioè gli ebrei della
diaspora, legati al mondo greco: in Palestina, ormai, viveva solo una minoranza
di ebrei, a causa della pulizia etnica - diremmo oggi - operata dai romani che
disperdendo un popolo sul vasto territorio dell’Impero era reso innocuo; così nelle
grandi città imperiali (es. Antiochia, Alessandria, Corinto, Smirne, Atene, Roma) le comunità ebraiche occupavano
interi quartieri. La Bibbia dei 70, tradotta in lingua greca ad Alessandria
d’Egitto, nasce proprio per soddisfare questi israeliti che non conoscono più
l’aramaico. Succedeva già allora come per i figli dei nostri emigrati che non
sanno più esprimersi nella lingua dei padri né la comprendono. Anche le loro
abitudini si sono ibridate e il legame con la tradizione biblica si è
allentato. Il mondo ellenico offre sicuramente molto di più e di diverso, dalla
cultura all’economia e al tipo di vita, dell’arcaico e pastorale mondo
giudaico. E’ in questi israeliti aperti alla novità e nei pagani del tutto
insoddisfatti delle loro divinità piene di difetti umani che la Parola e il
messaggio di salvezza di Gesù trovano terreno fertilissimo. Eppure la
convivenza nelle comunità tra i cristiani di origine giudaica e pagana, anche a
causa di inadeguate guide, spesso è tutt’altro che serena. E’ per fare il punto
della situazione e decidere sul da farsi, ponendo fine a ogni forma di
dicotomia e disarmonie, contrastanti la volontà del Maestro, che nel 49 tutti
coloro che hanno a cuore la sorte della Chiesa, voluta e istituita da Gesù e
posta nelle mani dell’uomo, si riuniscono a Gerusalemme.
E’ la prima volta in assoluto che la Chiesa s’incontra collegialmente per
tracciare un tratto del suo cammino terreno. Lo scontro tra le posizioni dei
giudaizzanti e quelle di Paolo che sostiene il primato della Fede e della
Grazia, doni esclusivi di Dio, sulla Legge mosaica è serrato. Ma di questo
parleremo nella prossima puntata.