“Uomo
mite, riservato, schivo, cristiano coraggioso e instancabile apostolo”. Così
papa Francesco ha definito nella sua omelia di beatificazione Paolo VI,
domenica 19 ottobre in Piazza S. Pietro. E ancora: -In questo giorno della
beatificazione mi ritornano in mente le sue parole con le quali istituiva il
Sinodo dei vescovi: “Scrutando attentamente i segni dei tempi, cerchiamo di
adattare le vie e i metodi alle accresciute necessità dei nostri giorni e alle
mutate condizioni della società”-.
All’indomani del voto finale al Sinodo papa Francesco porta agli onori degli
altari il suo predecessore, che con lungimirante premura ha dotato la Chiesa di
uno strumento di dialogo permanente qual’è il Sinodo e manifesta tutta la sua
intenzione, nonostante le resistenze al cambiamento espresse all’interno
dell’assemblea sinodale, di voler seguire il suggerimento di Paolo VI andando
avanti nel capire le necessità dei nostri giorni senza venir meno ai principi e
ai valori immutabili e in nessun modo negoziabili della fede. Difatti nella
citata espressione, Paolo VI parla di “adattare le vie e i metodi”, così come
Giovanni XXIII nell’indire il Concilio segnalava l’esigenza di aggiornare i
modi di “porre”, non di cambiare la fede. “Dio non ha paura delle novità. Un
cristiano che vive il Vangelo è la novità di Dio nella Chiesa e nel mondo. E
Dio ama tanto questa novità”, esclama papa Francesco.
Da più parti Paolo VI è stato definito il Papa dimenticato, ma trovarsi tra due
cicloni mediatici come Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, è difficile avere
tutta la visibilità che merita una persona discreta che rifugge il clamore,
eppure, basta ricordare che è stato il Papa che ha guidato il Concilio della
svolta, colui che ha istituito nel 1968 la Giornata mondiale della pace, il
primo Pontefice a viaggiare in aereo, a uscire dai confini dell’Italia, andando
a Gerusalemme per incontrare il Patriarca ortodosso di Costantinopoli,
Atenagora, rompendo il muro della millenaria diffidenza e della divisione, in Colombia, nelle Filippine, dove ha subito
un vile attentato, all’Assemblea dell’ONU di New York, in India, in Turchia a
Istanbul per dialogare ancora con la Chiesa ortodossa. E’ stato detto anche
l’uomo del dubbio, in realtà era “un Papa giusto che meditava e decideva senza
tornare indietro”. Secondo papa Francesco è “nell’umiltà che risplende la
grandezza del beato Paolo VI che, mentre si profilava una società secolarizzata
e ostile, ha saputo condurre con saggezza lungimirante e talvolta in
solitudine, il timone della barca di Pietro”.
In sintesi: un timoniere solitario nella società ostile (era l’epoca dello
stragismo) che scrutò con coraggio il segno dei tempi e che sapeva riflettere
prima di decidere con determinazione.