Tra gli infiniti argomenti
di riflessione, che nel suo pellegrinaggio in Terrasanta il Papa ha posto con
forza e chiarezza all’attenzione dei “grandi” e dei “normali” della terra, ne
proponiamo due: primo, l’accorato appello per l’infanzia indifesa, sfruttata e
tradita; secondo, la speranza della pace tra i due popoli che si contendono la
Palestina invitando i loro presidenti a casa sua per pregare insieme. Come il
Bambino Gesù è il segno dato da Dio a chi attendeva la salvezza, così “ Anche oggi i bambini sono un segno. Segno di
speranza, segno di vita, ma anche segno diagnostico
per capire lo stato di salute di una famiglia, di una società, del mondo
intero. Quando i bambini sono accolti, amati, custoditi, tutelati, la famiglia
è sana, la società migliora, il mondo è più umano.” E acquisterebbe
importanza massima il reciproco rispetto dialogante. “In questo luogo, dove è nato il Principe della pace, desidero rivolgere
un invito a lei, signor presidente Mahmoud Abbas e al signor presidente Shimon
Peres ad elevare insieme con me un’intensa preghiera invocando da Dio il dono
della pace. Offro la mia casa in Vaticano per ospitare questo incontro di
preghiera. Tutti desideriamo la pace; tante persone la costruiscono giorno per
giorno con piccoli gesti; molti soffrono e sopportano pazientemente la fatica
di tanti tentativi per costruirla. Tutti – specialmente coloro che sono posti
al servizio dei propri popoli – abbiamo il dovere di farci strumenti e
costruttori di pace, prima di tutto nella preghiera. Costruire la pace è
difficile, ma vivere senza pace è un tormento. Tutti gli uomini e le donne di
questa Terra e del mondo intero ci
chiedono di portare davanti a Dio la loro ardente aspirazione alla pace.” Mentre
stiamo stampando, è giunta la notizia che l’invito del Papa è stato accolto e
che l’otto giugno si pregherà in Vaticano per la pace. Con papa Francesco non è
concesso perdere tempo.