Due papi elevati all’onore degli altari
nello stesso giorno e con la medesima cerimonia rappresenta un evento solitario
nella storia della Chiesa di Roma. Ma ha un suo filo logico: i due grandi
personaggi sono accumunati da un ministero tutto al servizio della pace, della
dignità dell’uomo contro ogni discriminazione economica, sociale, culturale,
religiosa e caratterizzato dal grande impegno ecumenico.
Basta ricordare il
Concilio Vaticano II, indetto per individuare il modo di “porre” la fede
immutabile al mondo che cambia velocemente, l’enciclica Pacem in terris,
l’istituzione della Giornata mondiale della gioventù (GMG), i 104 viaggi
apostolici di papa Wojtyla, l’apertura, dopo secoli di dure incomprensioni, di
un proficuo dialogo con gli Ebrei (definiti “i nostri fratelli maggiori ) e con
le religioni monoteiste.
Altro grande segno di novità è il doppio
nome (Giovanni-Paolo) a sottolineare con forza la dichiarata volontà di voler
essere e di sentirsi sintesi e continuità dell’operato dei due papi
protagonisti indiscussi del grande Concilio di apertura al mondo e di ascolto
delle nuove istanze e delle tante fragilità che provengono da un mondo
globalizzato, fortemente squilibrato e
diseguale nella distribuzione e nello sfruttamento delle risorse in mano ad una
ristretta oligarchia politico-finanziaria, priva di ogni forma di eticità e
incapace di riconoscere gli inalienabili diritti di ogni uomo, perché vocata al
puro profitto.
Temi che si sono aggravati ancor più in questi ultimi anni: il
dramma dei migranti, i tanti endemici conflitti etnici e ideologico-religiosi
che insanguinano tutti i continenti, le cui atroci conseguenze ricadono
esclusivamente sui più deboli e indifesi.
E’ cronaca quotidiana la disperazione
dei troppi (anche nel nostro “ricco” Paese, dove qualcuno che conta si diletta
con gli acquisti di mutande verdi o di un dispositivo di sesso che evidenziano
il degrado morale raggiunto e l’indifferenza verso coloro che dovrebbero
rappresentare, tutelare e amministrare con la responsabilità necessaria)
rimasti senza presente e, quel che è peggio, senza futuro, tanto da costringere
papa Francesco a denunciare con continuità e insistenza la globalizzazione
dell’indifferenza e dello scarto, perché i poveri, che sembrano crescere in
modo esponenziale, non possono più aspettare.
Non credo di essermi concesso
un’impropria digressione, perché, se lor signori, locali, regionali, nazionali
e mondiali, si rendessero disponibili ad accogliere un qual si voglia suggerimento
dei citati Vescovi di Roma, molti dei guasti che fanno tremare e soffrire i
popoli dell’intero universo si avvierebbero ad una rapida soluzione.
Finchè il
bieco egocentrismo sarà il deus ex machina dell’agire umano, la svolta verso un
mondo migliore rimarrà una chimera. Elevare agli onori degli altari papa
Giovanni e papa Giovanni-Paolo II, oltre a significare la santità della loro vita
e del loro ministero, sta a indicare, con forza per l’ennesima volta, che,
senza la piena accoglienza, per i suoi risvolti etici e sociali, della legge
dell’amore, ogni sforzo resterà tale nella più totale illusorietà e vacuità.
I
due nuovi Santi sono lì a testimoniare la concretezza della fede che opera
nella quotidianità additando il giusto percorso terreno di preparazione
all’ultraterreno: infatti, senza un giusto percorso terreno, com’è possibile
ipotizzare l’eternità? (principio di causa-effetto).
L’uomo moderno sembra incapace di andare oltre
una visione minimalista della vita che si esaurisce nel breve periodo: la santificazione
di protagonisti che hanno fatto della fede un corposo strumento atto a indicare
i corretti comportamenti al fine di dare un senso compiuto all’esistenza, si
spera, possa raffigurare un tangibile esempio per invertire l’attuale tendenza
negativa.
Dopo l’abbraccio tanto affettuoso e
sorridente avvenuto nella basilica di S. Pietro il 22 febbraio, prima della
celebrazione di ordinazione dei nuovi 19 cardinali, tra papa Francesco e papa
Benedetto, sta trapelando, tra una speranza e una certezza, che i due Papi si
possano ritrovare in piazza San Pietro a concelebrare la canonizzazione di due
Papi. “E’ roba da fiato sospeso”, suggerisce don A. Mazzi: inimmaginabile fino
a ieri, ma il 27 aprile auspicabile e possibile, conoscendo la capacità di
entrambi di stupirci per i loro gesti arditi, poichè fuori dalla normalità cui
eravamo abituati.
La vitalità della Chiesa di Roma ha ripreso a correre:
impariamo a interiorizzare questi eventi, per ora, così unici e straordinari
che spiegano come la Chiesa di Roma, da duemila e più anni, sappia rinnovarsi e
farsi trovare sempre pronta con il suo magistero a indicare all’uomo le giuste
soluzioni per le inderogabili esigenze dell’anima e del corpo.