Quando
io, molti anni or sono, frequentavo le scuole medie di Sarzana, il professor
Giuseppe Franciosi non era ancora preside di quelle di Ortonovo. Per la buona
ragione che esse ancora non esistevano e, in tutta la bassa Val di Magra, le
uniche scuole medie erano quelle di Sarzana: per le medie non c’era infatti
ancora l’obbligo scolastico, introdotto dal governo Fanfani del 1962, e questo
dà la misura di quanto tempo sia passato. Anche Franciosi, allora insegnante di
ruolo, faceva scuola alle medie di Sarzana, ed in quegli anni io lo conobbi.
Non era mio insegnante, essendo assegnato ad un’altra sezione, ma a noi ragazzi
era impossibile non notarlo: alto, austero ma nello stesso tempo dotato di uno
sguardo comprensivo, direi sorridente, che ti faceva capire ad un tempo la sua
intelligenza e la sua umanità. Non solo: benché non fosse l’insegnante della
mia sezione, ogni tanto avevamo a che fare con lui per quelle che oggi si
chiamerebbero attività “extra scolastiche”, anche se si svolgevano durante la
mattina e coinvolgevano più classi. Ricordo, ad esempio, alcuni incontri,
coordinati proprio da lui, sul tema dell’Europa unita, quell’Europa che in
quegli anni moveva i primi passi e che suscitava tanto entusiasmo. Franciosi
era tra quelli che ce la spiegavano, e questo me lo rendeva simpatico ed
interessante. Del resto, pur non essendo preside, era una sorta di istituzione,
alle Medie di Sarzana.
Molti
anni dopo – grazie al comune impegno politico nella DC – ebbi modo di
conoscerlo a fondo e di diventare suo amico. E di capire come quelle doti che,
da semplice studente di scuola media, avevo appena intuito erano in realtà
davvero connaturate in lui. Unite ad altre, quali la versatilità degli
interessi (ricordo diversi suoi interventi nei dibattiti dei cineforum che io
andavo a condurre nell’allora cinema di Dogana), l’arguzia, l’equilibrio, la
forza delle idee. Alla radice – anche questo lo capii dopo – c’era la fede
cristiana, una fede profonda, autentica ma insieme semplice, fondata su capisaldi
irremovibili. Quei capisaldi, per lui, il Concilio non li aveva travolti (come
altri pensavano e pensano) ma solo aggiornati, nella lettura intelligente dei
“segni dei tempi”, e in questo cammino per lui c’era la grande forza del
cristianesimo.
Poi
conobbi anche Giulia, e compresi che la loro unione era una cosa straordinaria,
ed aveva rafforzato entrambi in fede e in umanità. Per questo so che – oggi –
il dolore del distacco da noi, per chi crede nella vita oltre la morte, è molto
attenuato dal pensiero che si è realizzato il desiderio più grande dei suoi
ultimi anni: quello di ritrovarsi insieme a lei, per sempre.