C’era
una volta una donna che decise di restare seduta. C’era una volta un uomo che
chiese a tutti di alzarsi in piedi. Lei si chiamava Rosa Park, aveva la pelle
nera, e aveva un sogno: essere trattata come ogni altra persona su quel bus
giallo, laggiù in Alabama (invece fu multata e imprigionata: non aveva ceduto
il posto a un bianco). Lui si chiamava Martin Luther King, aveva la pelle nera,
e aveva un sogno: che tutte le persone venissero trattate allo stesso modo, sul
bus come in cima al mondo, senza distinzione di razza o credo o colore. Martin
Luther King, premio Nobel della pace, era un pastore Battista, che lottava per
l’uguaglianza fra bianchi e neri, ed era profondamente religioso.
L’anno scorso in occasione del 50°
anniversario del famoso discorso di Martin Luther King - “Io ho un sogno…” celebrato da un commosso Obama, avevo iniziato a scrivere un articolo
per “Il Sentiero”; poi mi è sembrato di
ricordare che avevo già scritto qualcosa e, sfogliando nell’archivio del
computer, ho ritrovato due articoletti, seppur incompiuti, su di lui. Il primo,
nel lontano 1997, su un’omelia di Natale; il secondo sull’analogia con la morte
di Kennedy; il terzo, appunto, sull’anniversario del suo più celebre discorso.
Oggi, dopo i vergognosi attacchi al ministro Kyenge da razzisti della Lega, ve
li propongo (sintesi di tutti e tre).
1°) “Gesù ha detto: amate i vostri nemici. Ho
visto troppo odio per non desiderare a volte di odiare: ho visto odio in troppi
sceriffi, in troppe autorità bianche, in troppi membri del Klu-Klux-Klan, per
non avere la tentazione di odiare. Ogni volta che vedo odio, io dico che esso è
un peso troppo grande da sopportare. Non so come faremo ma dovremo dir loro:
noi contrasteremo la vostra capacità di infliggere sofferenze con la nostra
capacità di sopportare la sofferenza. La vostra forza fisica con la nostra
forza morale. Fateci ciò che volete, noi continueremo ad amarvi dal profondo
della nostra coscienza. Noi sappiamo che non possiamo obbedire alle vostre
leggi ingiuste e accettare il vostro sistema ingiusto perché il non cooperare
con il male è un obbligo morale dettato dalla nostra coscienza, così come è il
cooperare con il bene. Perciò gettateci in prigione e noi continueremo ad
amarvi. Gettate bombe nelle nostre case, minacciate i nostri figli, noi
continueremo ad amarvi. Mandate i vostri incappucciati e noi vi ameremo ancora.
Ma siate certi che noi supereremo le vostre capacità di male con la nostra
capacità di soffrire e verrà il giorno in cui conquisteremo la nostra libertà.
Ma non soltanto per noi raggiungeremo la vittoria, vinceremo anche per voi,
conquisteremo il vostro cuore e la vostra coscienza, e la nostra vittoria sarà
doppia. Dobbiamo credere nel primato
della nostra coscienza ed esportarla nel mondo, credere che ogni realtà è
radicata su fondamenti morali universali. Pensando al Natale dobbiamo pensare
anche alla Pasqua, perché le due feste sono intimamente connesse. Cristo è
venuto a mostrarci la via. Gli uomini amano l’oscurità piuttosto che la luce, e
l’hanno crocifisso, e sopra la croce nel venerdì santo c’era il buio, ma poi
venne la Pasqua e un eterno ricordo del fatto che la terra calpestata
risorgerà. La Pasqua giustifica il detto: “Nessuna menzogna può vivere più per
sempre”. Questa è la nostra fede, mentre continuiamo a sperare la pace per il mondo
e la buona volontà per tutti gli uomini. E vorremo sapere che con noi c’è tutta
l’umanità”.
2°)
- Il 1968 sarà ricordato per due fatti di sangue. L’assassinio di Martin Luther
King, il 4 aprile, e quello di Kennedy, il 5 giugno. Ben consapevoli di calpestare
un campo minato, tutti e due propugnavano una società più eguale, e questo a
qualcuno non andava bene. Diverso il loro carattere personale, diversa la
razza, la confessione, l’estrazione sociale ma accumunati entrambi ad un comune
tragico destino: ha entrambi spararono da una finestra con una carabina di
precisione, uno mentre sfilava fra la folla, l’altro mentre predicava alla
folla. I due assassini furono catturati, ed entrambi furono a loro volta
assassinati in carcere, così che la verità sul più che probabile complotto, non
si è saputa mai.
3°)
- E’ il 28 agosto del 1963: la marcia dei 250mila arriva ai piedi del palazzo
di giustizia a Washington, e lì, Martin Luther King pronuncia il suo famoso
discorso, ricordato poi con la frase “Io ho un sogno”. Da allora l’espressione
“Io ho un sogno” è diventata un’icona, celebrata in film, canzoni e ricorrenze.
Ma tutto il suo discorso è stato uno dei più studiati e copiati della storia
dell’umanità. “Hanno cercato nel ritmo, nella circolarità, nelle ripetizioni da
sermone, nella scelta delle parole ricorrenti, nel tono e nell’impianto
retorico, gli ingredienti segreti di quel discorso immortale”, scrive M.
Ferrarese nel suo libro, e tutto a braccio. La marcia e il discorso furono
trasmesse in diretta TV e Kennedy ne fu talmente entusiasta che poche ore dopo
accolse l’oratore alla Casa Bianca col grido “I have a dream” (una sintesi, nella
parte finale, là, dove dice: “Io ho un sogno”).
“E
perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperità di
oggi e di domani, io ho sempre davanti a me un sogno. E’ un sogno profondamente
radicato nel sogno americano; che un giorno questa nazione si leverà in piedi e
vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni. Noi riteniamo ovvia questa
verità: che tutti gli uomini sono creati uguali.
Io
ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i
figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo
possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.
Io
ho davanti a me un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississipi, uno
stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza
dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e di giustizia.
Io
ho davanti a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno
in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro
pelle, ma per le qualità del loro carattere.
Io
ho davanti a me un sogno, che un giorno, ogni valle sarà esaltata, ogni collina
e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i
luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà a tutti gli
esseri viventi, insieme, la vedranno. E’ questa la nostra speranza. Questa è la
fede con la quale mi avvio verso il Sud.
Con
questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una
pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti
discordie della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fratellanza.
Con
questa fede saremo in grado di lavorare insieme, di lottare insieme, di andare
insieme in carcere, di difendere insieme la libertà, sapendo che un giorno
saremo liberi. Quello sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio sapranno
cantare con significati nuovi: paese mio, di te, dolce terra di libertà, di te
io canto; terra dove morirono i miei padri, terra orgoglio del pellegrino, da
ogni pendice di montagna risuoni la libertà; e se l’America vuole essere una
grande nazione possa questo accadere.
Risuoni
quindi la libertà dalle poderose montagne dello stato di New York. Risuoni la
libertà negli alti Allegheny della Pensilvania. Risuoni la libertà dalle
Montagne Rocciose del Colorado imbiancate di neve. Risuoni la libertà dai dolci
pendii della California. Risuoni la libertà dalla Stone Mountain della Georgia.
Risuoni la libertà dalla Lookout Mountain del Tennessee. Risuoni la libertà da
ogni monte e monticello del Mississipi. Da ogni pendice risuoni la libertà. E
quando lasciamo risuonare la libertà, quando le permettiamo di risuonare da
ogni villaggio e da ogni borgo, da ogni stato e da ogni città, acceleriamo
anche quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili,
cattolici e protestanti, sapranno unire le mani e cantare con le parole del
vecchio spiritual: “Liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo liberi
finalmente”.
Le
frasi più citate di Martin Luther King: “Con la Violenza puoi uccidere colui
che odia, ma non uccidi l’odio”. “La violenza aumenta l’odio e
nient’altro”. “Restituire violenza alla
violenza moltiplica la violenza, aggiungendo una più profonda oscurità a una
notte ch’è già priva di stelle”. “L’oscurità non può allontanare l’odio: solo
l’amore può farlo.