PAPA FRANCESCO E LA TEOLOGIA DELLA GIOIA di Egidio Banti
L’esortazione
apostolica “Evangelii Gaudium” (“La gioia
del Vangelo”), pubblicata il 24 novembre scorso, è il primo documento
ufficiale di Papa Francesco come pastore della Chiesa universale dopo
l’enciclica “Lumen Fidei”, che
peraltro viene attribuita in egual misura al Papa emerito Benedetto XVI, che
già l’aveva impostata. Il nuovo documento, pertanto - che il Papa stesso
inserisce nella successione storica delle esortazioni apostoliche
post-sinodali, ovvero documenti che tengono conto, in un quadro di collegialità
episcopale,delle indicazioni provenienti dal Sinodo dei vescovi - rappresenta
in certo modo, come è stato osservato, “il manifesto autentico del pontificato, vale a dire
l’enunciazione del programma magisteriale di Jorge Mario Bergoglio”.
La prima cosa che
colpisce il lettore è il richiamo forte a quella che possiamo chiamare “la
teologia della gioia”. A cinquant’anni dal Concilio Vaticano II, infatti, il
termine latino “gaudium”, ovvero “gioia”, torna a comparire nelle prime
parole, quindi nel titolo, di un documento pontificio. Sotto quel segno si era
aperto e poi concluso il Concilio. “Gaudet
Mater Ecclesia” (“Oggi gioisce la Madre Chiesa”) sono le prime parole del
celebre discorso con cui il beato Giovanni XXIII aveva aperto l’assemblea di
tutti i vescovi del mondo, il 12 ottobre 1962. “Gaudium et spes” (“La gioia e la speranza”) era invece l’inizio
dell’ultima costituzione conciliare, quella sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo, approvata dai vescovi all’inizio del dicembre 1965. Documento
difficile, quello che all’inizio era stato chiamato “Schema 13”, per la novità assoluta di un Concilio che si misurava
non solo sui dogmi di fede e sull’organizzazione ecclesiale, ma sui grandi temi
della vita sociale. La “Gaudium et spes”
ebbe 2307 voti a favore e 75 contrari, ed il risultato indica la volontà
risoluta del Concilio di procedere su questa strada di rinnovamento pastorale,
ma anche la presenza di non pochi contrasti. A quel documento conciliare Papa
Francesco fa dunque oggi esplicito riferimento, non solo con il richiamo alla “gioia” nel titolo della sua esortazione,
ma anche con il sottotitolo diciamo così programmatico: “Esortazione apostolica sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale”. Ecco
dunque una prima riflessione sulla “teologia della gioia”: il Concilio e Papa
Francesco convengono nell’indicare proprio il tema della “gioia”, contrapposto
a quello del pessimismo e dell’arroccamento interiore, quale caratteristica
fondamentale dell’annuncio cristiano: “Il
grande rischio del mondo attuale … è una tristezza individualista che
scaturisce dal cuore comodo” (EG, n. 2). La Chiesa, i cristiani non devono
soggiacere a quel rischio, perché il loro annuncio è un annuncio di gioia. Per
questo si deve sempre dire che il cristiano non può essere pessimista, se crede
davvero nella forza spirituale della resurrezione di Cristo. Il richiamo di
Papa Francesco rimanda ad un’altra esortazione apostolica, quella pubblicata da
Paolo VI per l’Anno Santo 1975 con il titolo “Gaudete in Domino” (“Gioite
nel Signore”). Paolo VI già allora, riprendendo i testi conciliari,
indicava in maniera molto precisa la strada della “diversità” cristiana
rappresentata, prima che da altri aspetti, dall’atteggiamento gioioso ed aperto
verso gli altri, verso il mondo. E’
la “teologia della gioia”, che è poi contenuta, dal punto di vista scritturale,
nella lettera di Paolo ai Filippesi, la lettera che si conclude con l’esortazione
“Gaudete in
Domino semper. Iterum dico: Gaudete! “
(“Figlioli, gioite sempre nel Signore, ve lo ripeto ancora: Gioite!”) (Fil., 4,4). Ma c’è un altro passo della Scrittura in cui compare il verbo “gaudere”, ed è il dialogo drammatico del
vangelo di Luca tra il padre del “figliol prodigo” e l’altro figlio, che si lamenta.
Il padre dice che per il ritorno di chi se ne era andato “gaudere oportebat”, “bisognava
far festa !” (Lc, 15, 31). Dunque, la gioia non è solo
annuncio, ma anche misericordia, perdono, accoglienza. Lo “scandalo” del
cristianesimo nei tempi di oggi, per tanti aspetti così cupi, depressi,
“urlati”, sta proprio in questo atteggiamento di gioia, intesa come forza interiore
che deriva da un annuncio di salvezza fatto proprio e comunicato agli altri, ed
insieme dalla capacità di capire il mondo, capacità che proprio da
quell’annuncio deriva e che ci spinge ad aprire le braccia in nome della
misericordia e dell’accoglienza. Dobbiamo
ringraziare Papa Francesco per averci ricordato questi temi così importanti
all’inizio di un pontificato che per tanti versi si annuncia decisivo per la
Chiesa. E pazienza, se il movimento dei cosiddetti Lefebvriani, sul loro sito, ha
definito l’esortazione del Papa “un altro passo funesto per il declino della Chiesa e per la decomposizione
della sua dottrina”. Un giorno capiranno il loro errore,
dobbiamo esserne convinti, ed anche per loro, quel giorno, chi ci sarà dovrà
essere pronto a fare festa … Nel frattempo, se possibile, la “Evangelii gaudium”, se possibile,
teniamola sul comodino e non manchiamo di leggerla tutta, per bene.
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