Dopo
alcuni Padri occidentali, torniamo a Oriente per parlare di un grande combattente,
testimone della fede e organizzatore del monachesimo. Basilio nasce a Cesarea
di Cappadocia (regione centrale della Turchia) nel 329 da una ricca famiglia.
Il padre è un rètore e avvocato, quindi persona dell’èlite cittadina. Fin dalla
più tenera età respira il pensare, l’agire e i valori della religione
cristiana. I nonni paterni hanno subito il martirio sotto la persecuzione (303-307)
dei tetrarchi imperatori Diocleziano e Massimino, mentre la nonna materna Macrina,
la madre Emmelia, i fratelli Gregorio, vescovo di Nissa, e Pietro, vescovo di
Sebaste, e la sorella primogenita Macrina sono tutti venerati come santi dalla
Chiesa cattolica. In una famiglia con queste caratteristiche non sentirsi
contagiato dalla fede a tempo pieno, è oltre modo difficile. Della nonna
Macrina, dalla quale riceve la prima educazione cristiana, dice: “Io non dimenticherò mai in vita mia, i forti
stimoli che davano al mio cuore, ancora tenero, i discorsi e gli esempi di
questa piissima donna”. Il padre Basilio è il suo primo maestro, poi
continua gli studi a Cesarea, a Costantinopoli e ad Atene, allora tra i
principali centri culturali del mondo ellenico e pagano. Qui conosce Gregorio
Nazianzeno (di cui parleremo) anche lui nella capitale greca per ragioni di
studio. La loro profonda amicizia durerà tutta la vita. Conosce anche un
giovane di belle speranze di nome Giuliano, educato al cristianesimo dal
vescovo Eusebio di Cesarea, che la storia ci fa conoscere, a seguito di
fortunose e spericolate azioni e matrimoni, come l’imperatore Giuliano
l’apostata.
Tornato
in patria nel 356, si dedica all’insegnamento della retorica. Attirato
dall’ideale monastico, anche su sollecitazione della sorella Macrina, che ha
fondato e dirige un monastero, si ritira a vita ascetica e riceve il battesimo.
Per meglio comprendere lo spirito e lo stile di vita degli anacoreti, viaggia
molto dalla Mesopotamia alla Siria, dalla Palestina all’Egitto, dove frequenta
in particolare i cenobi fondati da san Pacomio nei territori del patriarcato di
Alessandria. Torna in patria e si ritira sulle rive del fiume Iris, presso
Annosi, città del nord della Turchia, a riflettere sulle esperienze fatte
durante i suoi viaggi e a pensare come realizzare il suo modello di vita
ascetica. Intorno al 360 il vescovo Eusebio di Cesarea lo chiama al suo fianco
conferendogli il presbiterato. Nel 370, alla morte di Eusebio, Basilio gli
subentra come arcivescovo di Cesarea di Cappadocia ed esarca (metropolita)
dell’intera regione del Ponto ( Cappadocia e nord Turchia fino al mar Nero).
Forte è il suo impegno in difesa del cristianesimo contro Giuliano (imperatore
dal 360 al 363), sua vecchia conoscenza, che tenta di ripristinare una nuova
forma di paganesimo. Combatte l’eresia ariana che, sostenuta da Valente
(imperatore dal 364 al 378), sta diffondendosi pericolosamente. Lo stesso
imperatore tenta inutilmente di piegare Basilio a questa eresia e per
ritorsione divide la diocesi di Basilio in due eleggendo anche un vescovo
ariano. I Goti nel 378 uccidono in battaglia Valente, il successore Teodosio I,
con l’Editto di Tessalonica del 380, dichiara il cristianesimo unica religione
di Stato e allontana da Costantinopoli il vescovo ariano Demofilo, incardinando
come patriarca Giovanni di Nazianzo, vescovo della piccola comunità che era
rimasta fedele al credo di Nicea.
Ma
di tutto questo Basilio non riesce esserne testimone, perché a soli cinquant’anni,
il suo fisico, che non era mai stato possente, provato dall’austerità, dalle
malattie e da una vita vissuta senza risparmio, cede; infatti, il vescovo
Basilio muore il 1° gennaio del 379. Durante il suo viaggio presso diversi
centri cenobitici, Basilio, persona intelligente e concreta, pur ammirando la
scelta radicale di dono totale a Dio compiuto dagli anacoreti, la ritiene
incompleta e carente nel rifiuto di rapportarsi con il mondo. Basilio ritiene
che per amare Dio in modo totalizzante non bastino i digiuni, le privazioni e
la preghiera contemplativa, sebbene il tutto sia ineccepibile ed encomiabile.
Com’ è possibile realizzare lo spirito della Parola, che è imperniata sull’amore
verso il prossimo (“amatevi l’un l’altro come io ho amato voi”), se si vive
nella solitudine e nell’ isolamento? Sembra domandarsi Basilio. Pertanto
presenta il suo modello di vita monastica inteso come il percorso ideale per
raggiungere la perfezione cristiana, anzi, invita tutti, anche i laici, a
condurre, indipendentemente dalla propria collocazione nella società, uno
specifico stile di vita. All’eremo, tipico rifugio del primo e spontaneo
anacoretismo, preferisce il cenobio, che prevede celle o romitori autonomi, ma
con luoghi preposti alla preghiera e al lavoro comunitari. Secondo Basilio, il
cenobio è un’organizzazione in grado di favorire l’aiuto scambievole tra i
monaci e la correzione dei difetti. Fa propria l’esperienza cenobitica di san
Pacomio in Egitto, ma mira a rafforzare la dimensione familiare e la socialità
delle piccole comunità di monaci. Scrive la Grande Regola (Regulae Fusius
Tractatae ) di 55 articoli che indicano i doveri del monaco, chiamato “fratello”.
Basilio
è senza ombra di dubbio la figura più influente per lo sviluppo del monachesimo
nell’intera cristianità, perché anche san Benedetto si ispira al modello del
vescovo di Cesarea. Con i suoi insegnamenti modera i comportamenti estremi e
autolesionistici di austerità, suggerisce come coordinare le attività di lavoro
e di preghiera per garantire un ritmo di vita equilibrato e rispettoso della
dignità personale del monaco. Nella Regola riveste un ruolo fondamentale
l’integrazione nella vita della Chiesa e della comunità civile da parte del
monaco, che deve dedicarsi, sotto l’autorità del vescovo, al ministero
pastorale. Si spiega così che i monaci basiliani siano normalmente anche
sacerdoti a differenza di altri Ordini, i cui membri non sono necessariamente
consacrati. Da quanto sopra è comprensibile come i suoi monasteri non si trovino
in luoghi impervi e isolati, ma siano nelle città o nelle immediate vicinanze, in
modo che la scelta del silenzio, del raccoglimento e della preghiera si sposi
all’azione caritativa verso i poveri e i bisognosi di aiuto materiale e
spirituale. Concretamente organizza vere cittadelle della carità (Basiliadi),
dove i monaci danno occupazione, assistono i malati, i poveri e gli orfani. In
conclusione, la regola basiliana propone una sintesi armonica tra il lavoro
manuale, che rafforza il corpo, la preghiera, che rinfranca lo spirito e lo
studio delle Scritture, che illumina la mente. In oriente l’Ordine basiliano ha
un rapidissimo e grande sviluppo.
In
occidente arriva nell’VIII secolo, soprattutto in Calabria, quando l’imperatore
Leone III l’Isaurico scatena le persecuzioni iconoclastiche (730) contro il
culto delle icone di cui i monaci sono i maggiori artisti. Le condizioni
favorevoli trovate in Calabria permettono la costruzione di diversi monasteri come
il Patìrion di Rossano C. e quello di san Giovanni Therestis a Stilo con una fioritura di santi:
sant’Elia lo Speleota, san Giovanni Therestis, san Fantino il vecchio e san
Fantino il giovane. San Benedetto conosce l’impostazione della vita monastica
di Basilio dall’Abate Servando, che, dopo un lungo soggiorno in Palestina in
cenobi basiliani, torna in Italia e fonda ad Alatri, in Ciociaria, nel VI
secolo, il Protocenobio di san Sebastiano. Benedetto, che con Servando è in
grande amicizia, sul suo esempio nel 529 fonda l’Abbazia di Montecassino,
dettando la Regola benedettina che raccomanda di leggere la Bibbia, i Padri
della Chiesa e la vita e la “Regola del nostro santo Padre Basilio”. Ora è
chiaro da dove trae origine il sintetico “Ora et labora”.
Il
contributo di Basilio non si ferma al monachesimo. Grande è il suo impegno
verso la liturgia essendo vissuto alla fine delle grandi persecuzioni con il
cristianesimo che si prepara a diventare la religione unica dell’Impero; quindi
i riti della Chiesa, fino allora affidati alla memoria e alla estemporaneità,
cominciano ad essere codificati e strutturati. Scrive molte opere, lettere e
omelie; di rilievo è il trattato sullo Spirito Santo, dove afferma la
consustanzialità delle tre Persone. Per far contenti i vegetariani e coloro che
amano gli animali, termino con la celebre preghiera a loro dedicata:”O Signore, accresci in noi la fratellanza
con i nostri piccoli fratelli; concedi che essi possano vivere non per noi, ma
per se stessi e per Te; facci capire che essi amano, come noi, la dolcezza
della vita e ti servono nel loro posto meglio di quanto facciamo noi nel nostro”.
L’espressione “Ti servono nel loro posto, ecc.ecc.” dovrebbe essere oggetto di profonde
riflessioni per capire quanto l’atteggiamento dell’uomo moderno viaggi
nell’anarchia. La Chiesa cattolica ne fa la memoria liturgica il 2 gennaio
insieme all’amico san Gregorio nazianzeno.