In questo mio primo
Messaggio per la Giornata mondiale della pace, desidero rivolgere a tutti, singoli
e popoli, l’augurio di un’esistenza colma di gioia e di speranza.
Nel cuore di
ogni uomo e di ogni donna, alberga, infatti, il desiderio di una vita piena,
alla quale appartiene un insopprimibile anelito alla fraternità, che sospinge
verso la comunione con gli altri nei quali troviamo non nemici o concorrenti,
ma fratelli da accogliere ed abbracciare. La fraternità è una dimensione essenziale
dell’uomo, il quale è un essere relazionale.
La viva consapevolezza di questa
relazionalità ci porta a vedere e trattare ogni persona come una vera sorella e
un vero fratello; senza di essa diventa impossibile la costruzione di una
società giusta, di una pace solida e duratura.
Occorre subito ricordare che la
fraternità si comincia ad imparare solitamente in seno alla famiglia,
soprattutto grazie ai ruoli responsabili e complementari di tutti i suoi
membri, in particolare, del padre e della madre. La famiglia è la sorgente di
ogni fraternità e, perciò, è anche il fondamento e la via primaria della pace,
poiché, per vocazione, dovrebbe contagiare il mondo con il suo amore.
Tale vocazione (condivisione
e solidarietà) è però ancor oggi contrastata e smentita nei fatti, in un mondo caratterizzato
da quella “globalizzazione dell’indifferenza” che ci fa lentamente “abituare”
alla sofferenza dell’altro, chiudendoci in noi stessi. In tante parti del
mondo, sembra non conoscere sosta la grave lesione dei diritti umani
fondamentali, soprattutto del diritto alla vita e di quello alla libertà di
religione.
Il tragico traffico degli esseri umani, sulla cui vita e
disperazione speculano persone senza scrupoli, ne rappresenta un inquietante
esempio. Alle guerre fatte di scontri armati si aggiungono guerre meno
visibili, ma non meno crudeli, che si combattono in campo economico e finanziario
con mezzi altrettanto distruttivi di vite, di famiglie, di imprese.
Le nuove ideologie,
caratterizzate da diffuso individualismo, egocentrismo e consumismo
materialistico, indeboliscono i legami sociali, alimentando quella mentalità
dello “scarto”, che induce al
disprezzo e all’abbandono dei più deboli, di coloro che vengono considerati
“inutili”. Così la convivenza umana diventa sempre più simile a un mero do ut des pragmatico ed egoista. In pari
tempo appare chiaro che anche le etiche contemporanee risultano incapaci di
produrre vincoli autentici di fraternità, poiché una fraternità priva del
riferimento ad un Padre comune, quale suo fondamento ultimo, non riesce a
sussistere. Una vera fraternità tra gli uomini suppone ed esige una paternità trascendente.
A partire da questa paternità, si consolida la fraternità tra gli uomini,
ovvero quel farsi “prossimo” che si prende cura dell’altro.
La radice della fraternità è
contenuta nella paternità di Dio. Non si tratta di una paternità generica,
indistinta e storicamente inefficace, bensì dell’amore personale, puntuale e
straordinariamente concreto di Dio per ciascun uomo. Una paternità, dunque,
efficacemente generatrice di fraternità, perché l’amore di Dio, quando è
accolto, diventa il più formidabile agente di trasformazione dell’esistenza e
dei rapporti con l’altro, aprendo gli uomini alla solidarietà e alla
condivisione.
Paolo VI afferma che non
soltanto le persone, ma anche le Nazioni debbono incontrasi in uno spirito di
fraternità e spiega :” In questa comprensione e amicizia vicendevoli dobbiamo
lavorare assieme per edificare l’avvenire comune dell’umanità. Questo dovere
riguarda in primo luogo i più favoriti.”Così, se si considera la pace come opus solidaritatis (azione di
solidarietà), allo stesso modo, non si può pensare che la fraternità non ne sia
il fondamento precipuo. La pace, afferma Paolo VI, è un bene indivisibile.
Servono politiche efficaci
che promuovano il principio della fraternità, asssicurando alle persone –eguali
nella loro dignità e nei loro diritti fondamentali – di accedere ai “capitali”,
ai servizi, alle risorse educative, sanitarie, tecnologiche, affinchè ciascuno
abbia l’opportunità di esprimere e realizzare il suo progetto di vita e possa
svilupparsi in pienezza come persona. Si ravvisa anche la necessità di
politiche che servano ad attenuare una eccessiva sperequazione del reddito.
Le gravi crisi finanziarie
ed economiche contemporanee – che trovano la loro origine nel progressivo
allontanamento dell’uomo da Dio e dal prossimo, nella ricerca avida di beni
materiali, da un lato, e nel depauperamento delle relazioni interpersonali e
comunitarie, dall’altro – hanno spinto molti a ricercare la soddisfazione, la
felicità e la sicurezza nel consumo e nel guadagno oltre ogni logica di una
sana economia. Il succedersi delle crisi economiche deve portare agli opportuni
ripensamenti dei modelli di sviluppo economico e a un cambiamento negli stili
di vita.
La crisi odierna, pur con il
suo grave retaggio per la vita delle persone, può essere anche un’occasione
propizia per recuperare le virtù della prudenza, della temperanza, della
giustizia e della fortezza. Tali virtù sono necessarie per costruire e
mantenere una società a misura della dignità umana.
Tuttavia, finchè ci sarà una
così grande quantità di armamenti in circolazione, si potranno sempre trovare
nuovi pretesti per avviare le ostilità. Per questo faccio mio l’appello dei
miei Predecessori in favore della non proliferazione delle armi.
L’orizzonte della fraternità
rimanda alla crescita di ogni uomo e donna. Le giuste ambizioni di una persona,
soprattutto se giovane, non vanno frustrate e offese, non va rubata la speranza
di poterle realizzare.
La fraternità genera pace
sociale, perché crea un equilibrio fra libertà e giustizia, fra responsabilità
personale e solidarietà, fra bene dei singoli e bene comune. I cittadini devono
sentirsi rappresentati dai poteri pubblici nel rispetto della loro libertà. Invece,
spesso, tra cittadino e istituzioni, si incuneano interessi di parte che deformano
una tale relazione, propiziando la creazione di un clima di perenne conflitto.
Un autentico spirito di fraternità vince l’egoismo individuale che si sviluppa
socialmente sia nelle molte forme di corruzione, oggi così capillarmente
diffuse, sia nella formazione di organizzazioni criminali. Penso al dramma
lacerante della droga, sulla quale si lucra in spregio a leggi morali e civili;
alla devastazione delle risorse naturali e all’inquinamento in atto; alla
tragedia dello sfruttamento del lavoro; penso ai traffici illeciti di denaro
come alla speculazione finanziaria, che spesso assume caratteri predatori e
nocivi per interi sistemi economici e sociali, esponendo alla povertà milioni
di persone; penso alla prostituzione che ogni giorno miete vittime innocenti,
soprattutto tra i più giovani rubando loro il futuro; penso all’abominio del
traffico di esseri umani, agli abusi contro i minori, alla schiavitù che
diffonde ancora il suo orrore in tante parti del mondo; penso alla tragedia,
spesso inascoltata, dei migranti sui quali si specula indegnamente
nell’illegalità. “Una convivenza fondata soltanto su rapporti di forza non è
umana.” (Giovanni XXIII)
Il necessario realismo della
politica e dell’economia non può ridursi ad un tecnicismo privo di idealità, che
ignora la dimensione trascendente dell’uomo. Quando manca questa apertura a
Dio, ogni attività umana diventa più povera e le persone vengono ridotte a
oggetti da sfruttare. Solo se accettano di muoversi nell’ampio spazio
assicurato da questa apertura a Colui che ama ogni uomo e ogni donna, la
politica e l’economia riusciranno a strutturarsi sulla base di un autentico
spirito di carità fraterna e potranno essere strumento efficace di sviluppo
umano integrale e di pace.
Desidererei che questo fosse
un messaggio di fiducia per tutti, anche per coloro che hanno commesso crimini
efferati, poiché Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e
viva.
Sintesi operata con fatica,
perché ancora tanti sono gli spunti di riflessione. LA REDAZIONE