Ignoro quanti sono coloro
che sanno che il primo gennaio di ogni
anno è la Giornata mondiale della pace, voluta e istituita da papa Paolo VI.
Secondo me, la scelta del giorno da dedicare al problema dei problemi non ha
tenuto conto dell’elevata capacità di distrazione da parte dell’uomo. Infatti,
la digestione extra-large e
complicata del cenone di San Silvestro e la sequenziale notte brava a brindare
a ciò che di buono non accadrà nell’anno nuovo, rendono assai problematico che
la mattina di Capodanno ci si ricordi e si dia la visibilità che merita a questa
importante giornata. Da sempre due sono le attività che non conoscono né crisi,
né declino, anzi sono ogni volta in anticipo sugli eventi caratterizzanti la
storia umana: il mestiere più antico del mondo e la produzione di armi. E’ la
dura e amara realtà di fronte alla quale l’impotenza dei benpensanti dura da
millenni. Anche il buon Dio, prima con la Legge imposta del Vecchio Testamento
e poi con la più matura e responsabile del Nuovo Testamento, basata sull’amore
che tutto vince e convince, sembra, per il rispetto all’umana libertà di scelta,
in difficoltà a farsi capire dalla sua creatura che avrebbe voluto a sua
immagine e somiglianza. Del problema pace, annoso quanto l’uomo, temo che
l’umanità se ne dovrà accollare il peso per la mancata soluzione sino alla fine
dei tempi, quando Gesù, con giusta severità, ne chiederà conto. E l’uomo,
allora, cercherà di giustificarsi con il medesimo scarico di responsabilità di
Adamo ed Eva. Disse il Signore:“..hai
forse mangiato del frutto che ti avevo proibito di mangiare?” Adamo
rispose.”E’ stata la donna che mi hai dato per compagna,
che mi ha presentato del frutto dell’albero ed io ne ho mangiato.” Il
Signore chiese alla donna: “Perché hai
fatto questo?” E la donna rispose: “Il
serpente mi ha ingannata ed io ho mangiato il frutto.” (Genesi 2,19- 11.13)
Basta ripensare un attimo ai nostri normali atteggiamenti e comportamenti per
comprendere che da questa coppia, niente male, oltre al peccato originale,
abbiamo ereditato anche la nobile arte dello “scarica barile”: addirittura
Adamo rinfaccia al Creatore la compagna che gli ha dato. Nell’VIII secolo
avanti Cristo il profeta Isaia lanciava il suo chiaro, accorato e semplice, da
mettere in atto, messaggio di pace, che, dopo 2800anni, è ancora il grande
sogno inappagato: “Egli ( il Signore
) sarà giudice fra le genti e arbitro fra
molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance
faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non
impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella
luce del Signore.” (Is. 2,4-5) Se in Siria, Palestina, Afghanistan,
ecc.ecc.- la lista è lunghissima - si
potesse dare applicazione pratica ai suggerimenti accessibilissimi e,
purtroppo, ingenui quanto sciocchi agli occhi dei potenti maneggioni mondiali,
oltre al problema guerra e morte, si darebbe soluzione anche alla povertà, alla
miseria, all’arretratezza culturale e alla fame che attanaglia quelle povere e
innocenti popolazioni. Ma le lobby
delle armi, con il silente veto all’autorità di intervenire, ne suggeriscono
l’acquisto persino ai ragazzini americani per difendersi dal“sopruso” di un
compagno di scuola o di un professore che fa il suo dovere. Il discorso
potrebbe continuare all’infinito, cioè, fino a quando il proprio tornaconto
sarà il motore dell’agire dell’uomo. La domanda feroce quanto cruda è: “Il
genere umano, con quel vuoto che manifesta di frullargli in testa, è responsabilmente
maturo per capire che, per uscire dal pantano morale e materiale in cui si è
ficcato con le sue mani e cervello, deve tornare a quelle dieci regolette,
pesanti, solo perché incise sulla pietra del monte Sinai? I milioni di pagine
teologiche scritte nel tempo sono un di più non indispensabile per il minimo
garantito alla promozione terrena ed eterna; anche perché non siamo tenuti a
diventare tutti dottori e padri della Chiesa, ma semplicemente umili membra
della famiglia umana che sa guardare verso l’Alto.