Commento ai Vangeli
del Mese
(Dicembre 2013 - Anno A)
01/12/2013
- 1°Dom. di Avvento – Mt 24,37-44
Ricomincia
oggi un nuovo anno liturgico, ci prepariamo ad accogliere Gesù che nasce con il
Tempo di Avvento.
Intanto
oggi ci viene presentata l’ultima parte del discorso escatologico (= discorso
sulle “ultime cose”, sugli “ultimi tempi”) del Cristo che ci insegna
l’atteggiamento che dovremo avere quando
Egli tornerà per la seconda volta sulla Terra (giorno della Parusìa).La
liturgia della Parola nel Tempo di Avvento ci aiuta a consolidare le verità di
fede, ad osservare con oggettività come ci comportiamo, consapevoli che Dio ha
già mantenuto la promessa fatta ai Profeti, si è già incarnato e ci ha dato gli strumenti per
avere la salvezza.Gesù
ci chiede una vigilanza attenta ed operosa: dovremo imparare ad evitare di
distrarci con le cose del mondo e a non vivere come gi uomini al tempo di Noè,
che nell’imminenza del diluvio, “non si accorsero di nulla”.Dovremo
vegliare ogni giorno della nostra vita che è un “avvento personale” per l’incontro con il Risorto, un tempo di
attesa del quale soltanto Dio conosce la durata.Il
comportamento più saggio è attenderlo sempre poiché, per la maggior parte delle persone, la fine del mondo sarà il
giorno della morte.Molti
oggi tentano di rimuovere il pensiero della morte e spesso riempiono la loro
testa di centomila futilità e il loro tempo di divertimenti e distrazioni:
tutto lecito ma poco cristiano!Con
l’imperativo “Vegliate!” Gesù ci ordina di non assopirci, di tenere
vigili tutti i nostri sensi, di agire nel mondo.L’azione
del cristiano deve essere caratterizzata dall’Amore poiché, come ci dice
S.Giovanni della Croce, “alla sera saremo giudicati sull’amore”.
San
Paolo, nella 2° lettura di oggi, scrive che il cristiano deve “rivestirsi
del Signore Gesù Cristo”: è necessario che la Persona di Gesù diventi il
nostro abito (= ciò che si porta tutti i giorni), così che chi ci guarda veda
la manifestazione dell’insegnamento di Gesù.
08/12/2013
– 2°Dom. di Avvento – Mt 3, 1-12
Giovanni
il Battista è colui che ha preparato gli Ebrei alla venuta del Messia, è da
considerarsi l’ultimo profeta dell’Antica Alleanza.
Egli
annuncia, con la forza che gli è data dalla fede e con l’autorità che gli è
data dal fatto che vive quello che predica, l’avvento del Messia.
Giovanni
predica nel deserto, il luogo dove non c’è nulla che ci possa distrarre, e si
veste e si nutre con essenzialità, poiché
altre cose sono più importanti e da curare.
E’
necessario “raddrizzare i sentieri” sui quali camminerà il Cristo,
togliere tutti gli ostacoli, che sono i nostri peccati.
Occorre
un cambiamento di mentalità, occorre modificare il modo di pensare e di vivere:
la conversione ci permette di andare incontro al Messia sapendo che è Lui la
nostra meta e la nostra felicità.
Non
è sufficiente appartenere alla Chiesa per sentirsi a posto con la coscienza o
per essere sicuri di salvarci: dobbiamo fare “un frutto degno della
conversione”.
Si
tratta di mettere la Parola come norma di tutti i nostri pensieri e di tutte le
nostre azioni.
Abbiamo
la soluzione per cancellare tutte le
nostre tristezze e continuiamo a piangere.
15/12/2013 - 3°Dom. di
Avvento – Mt 11,2-11
Questa
domenica è dominata dal tema della gioia: “Rinfrancate i vostri cuori
(Gaudete) perché la venuta del Signore è
vicina” (Giac. 5,7-10)
Il
brano del Vangelo di oggi ci presenta Giovanni Battista in carcere e non tanto
sereno.
Ha
un dubbio atroce che lo tormenta riguardo alla messianicità di Gesù che aveva
predicato con tanta forza e convinzione.
Le notizie che riceve in carcere sulla predicazione e sulle opere che compie
Gesù lo lasciano alquanto deluso e amareggiato : non sono comportamenti da
Messia!
Il
Messia degli Ebrei doveva esercitare il terribile giudizio di Dio, doveva fare
fuori tutti quelli che operavano il male, avendo in mano la “scure “ e
il “ventilabro”…..
Invece
Gesù passa il suo tempo ad accogliere i peccatori e a soccorrere i poveri e i
malati.
Così
decide di fare a Gesù, per il tramite dei suoi discepoli, la domanda : “Sei
tu quello che deve venire … o dobbiamo attenderne un altro?”
E
qui Giovanni si prende un larvato rimprovero per non aver letto bene la
profezia di Isaia che abbiamo nell’odierna 1° lettura (Is 35,1-10).
Infatti
Gesù invita i latori della domanda del Battista a constatare i segni
profetizzati da Isaia della presenza, nel mondo, del Messia: i malati nel corpo
( i ciechi, i sordi, gli zoppi ) vengono sanati e i poveri ricevono la buona
novella.
Dunque
il Messia è nel mondo, anche se è
diverso da come Giovanni e molti altri Giudei
si aspettavano.
Ciò
che caratterizza il Messia è l’amore misericordioso, che Lui vuole sia
esercitato dalla Sua Chiesa.
Chi
è nel dubbio, come Giovanni, deve poter vedere nella vita della Chiesa le opere realizzate con
l’amore misericordioso che deve unire e far agire i cristiani che la
costituiscono.
Soltanto
se esercitiamo la misericordia si può dire che il Regno di Dio è cominciato.
22/12/2013 - 4° Dom. di Avvento - Mt 1, 18-24
In
questo brano Matteo non si limita a narrare un avvenimento, ma ci dice alcuni
aspetti del bambino che è nato.
Egli
appartiene all’umanità, è discendente del re Davide ed è la manifestazione delle
promesse messianiche di Dio fatte ai profeti. Il sottolineare la sorprendente
verginità di Maria ce lo fa ritenere un puro dono di Dio, lo identifica come
Figlio di Dio, come hanno sempre fortemente ribadito la Chiesa antica e i Padri
dei primi secoli.
Egli
è chiamato con due nomi: Gesù (in ebraico Joshwa= “Dio salva”) ed Emmanuele (“Dio
con noi”). E i suoi due nomi ci dicono che cosa farà nella sua vita: salverà
gli uomini dai loro peccati e sarà
accanto a loro tutti i giorni.
Nella
realizzazione del progetto di Dio svolge un ruolo fondamentale Giuseppe, il
giusto, che, per secondo, dopo Maria, accoglie con fede il mistero
dell’Incarnazione.
Come
Maria e Giuseppe accogliamo Gesù che sta per venire.
25/12/2013
– Natale del Signore - Messa del giorno – Gv 1, 1-18
L’
inno che leggiamo nel Vangelo di oggi ci parla dell’Incarnazione usando un
linguaggio carico di armonia e di
densità.
Il
Cristo è presentato come “il Verbo”(in latino=” la Parola”) e ci rimanda
all’A.T. che attribuisce alla Parola di Dio l’azione creatrice , manifestazione
della sapienza di Dio, che tutto ordina nell’armonia dell’essere.
Gesù
è dunque all’origine del creato e della vita ed è nella pienezza della
divinità.
Egli,
la “luce” (cioè la vita e la salvezza), viene a sconfiggere “le tenebre” ( il
rifiuto di Dio e la contrapposizione alla salvezza offerta da Gesù).
Il
suo precursore, Giovanni, ha il compito di
annunciarlo e di portare gli uomini
alla Fede, anche se alcuni Ebrei gli avevano attribuito il ruolo di
Messia.
La
venuta di Gesù nella storia suscita comportamenti contrastanti di rifiuto e di
accoglienza.
Il
tempio di Gerusalemme, dimora di Dio, viene sostituito dalla “carne” di
Gesù.Dio viene ad abitare con gli uomini, condivide tutto ciò che fa parte
dell’umana condizione: lo spazio, il tempo, la vita, la morte.
L’evangelista Giovanni ha molto a cuore
il tema dell’incarnazione, probabilmente per contrastare il sorgere delle
dottrine gnostiche che, volendo conservare la purezza della trascendenza
divina, negavano la reale incarnazione di Dio.
Gesù
porta all’uomo “grazia su grazia”
, ovvero l’effusione costante e piena della salvezza, e “la verità”,
ovvero la rivelazione di Dio e del suo mistero.
29/12/2013
– Santa Famiglia – Mt 2,13-15.19-23
La
vita del bambino Gesù non è serena fin dai primi mesi di vita.
La
sua famiglia deve fuggire in un paese straniero per garantirgli una speranza di
vita, visto l’accanimento con cui Erode cercava di eliminare quel bambino che
riteneva pericoloso per il suo trono.
La
sua vita da profugo si protrae per alcuni anni in un paese straniero, finché
muore Erode e quindi può ritornare a
vivere in Israele, nel piccolo villaggio di Nazareth.
E’
commovente come Maria e Giuseppe trasformano la quiete della loro vita in un
peregrinare pieno di preoccupazioni per la salvezza di Gesù.
La
famiglia di Nazareth può essere
corsiderata la riproduzione, in piccolo, della Trinità, la ”famiglia divina” i
cui membri sono legati dal reciproco dono di sé.
Le
nostre famiglie dovrebbero riconoscersi nella famiglia di Nazareth ……. ma
quante ci riescono?
Oggi
il matrimonio e la famiglia che ne deriva vengono considerati delle “trappole”
per l’amore, quando ovviamente si ha dell’amore un’idea molto materiale.
Ma
l’essere umano è fatto per amare ed essere amato, di quell’amore che dimentica
il sé per amore dell’altro, di quell’amore che è dono gratuito e non si aspetta
nulla in cambio.
Sto
parlando di concetti “fuori moda”, di bei concetti teorici ?… dovrei forse
tenere i piedi per terra?..... Purtroppo i piedi per terra li ho ben saldi … e quello che vedo intorno mi fa star male.
Quando
potremo vedere i nostri ragazzi “ crescere in sapienza, età e grazia”?